Opinioni

Un’altra vittima!

Laboratorio Salute Popolare sulla morte di un senza dimora, di cui si è avuta notizia la scorsa settimana: “Pensiamo che questa sia l’ennesima vittima di un sistema carente di risposte all’altezza delle aspettative. Perché a noi la narrazione degli ‘irriducibili’ non ci convince affatto e vogliamo dirlo chiaramente”.

15 Marzo 2023 - 13:05

di Laboratorio Salute Popolare

Senza dimora, homeless (foto Andréa Farias)E’ di settimana scorsa la notizia della morte di un’altra persona in condizione di senza dimora. Questa morte si aggiunge, in rapida successione, a quella di fine dicembre scorso dove già un’altra persona era venuta a mancare. Come sempre ci siamo prese un po’ di tempo per riflettere su cosa dire a riguardo. Pensiamo che questa sia l’ennesima vittima di un sistema carente di risposte all’altezza delle aspettative. Perché a noi la narrazione degli “irriducibili” non ci convince affatto e vogliamo dirlo chiaramente. Non crediamo che queste persone abbiano rifiutato il riparo offerto in struttura per capriccio. Piuttosto siamo convinte che i servizi che vengono offerti siano manchevoli di risposte adatte ai bisogni, ma soprattutto ai desideri di persone in condizione di senza dimora. Sappiamo per certo, per esperienza diretta quotidiana, che per andare oltre la visione della cosiddetta “irriducibilità” bisogna instaurare una relazione di fiducia, forte e duratura. Questa è la parte più difficile, ma noi ci proviamo, lavorando con tenacia su questo aspetto ogni giorno ed è a fronte di questo che ci permettiamo di dire che con un approccio paternalistico e assistenziale, tipico di chi si rivolge alle persone senza dimora, difficilmente sarà possibile interpretare e rispondere adeguatamente a bisogni e desideri di chi vive una condizione così diversa dalla nostra. Lo diciamo da anni ormai, anzi, ce lo dicono meglio le persone che vivono la strada e che quotidianamente frequentano lo spazio diurno di Làbas, perchè non sta a noi stabilire quali sono i bisogni e i desideri che meritano di essere soddisfatti: il piano freddo, i dormitori e le unità di strada sono una risposta parziale e spesso anche carente nella sua parzialità, e forse è proprio per questo che c’è chi comunque preferisce rimanere per strada.

Quando una persona arriva ad avere più paura di stare in dormitorio (furti, violenze, ecc) che vivere in strada, chi siamo noi per etichettarlo come “irriducibile”? Quando una persona lavora di notte, magari all’interporto,e proprio per questo non può accedere al dormitorio, com’è che ci permettiamo di giudicarla definendola “capricciosa”? La colpevolizzazione della povertà è un brutto vizio ed invitiamo tuttə a riflettere su questo prima di saltare a conclusioni e narrazioni affrettate.

Quindi interroghiamoci: è sufficiente proporre un posto letto o un pasto caldo per pensare di aver risposto ai bisogni e ai desideri di queste persone? È possibile che proprio l’assenza di una relazione di fiducia e di un canale di comunicazione efficace, renda la risposta istituzionale rivolta alla persona senza dimora insufficiente e inadeguata? È verosimile, quindi, immaginare che sia proprio da questi elementi che scaturisca il rifiuto del dormitorio?

Siamo consapevoli che dei piccoli passi in avanti siano stati fatti e che essi siano anche frutto di alcune nostre rivendicazioni (come l’aumento del numero di posti letto nel piano freddo della struttura Fantoni), ma crediamo che si possa e si debba fare di più. Crediamo che insistere con la narrazione degli irriducibili o continuare a ripetersi che “Bologna è la città che più si dà da fare per la questione abitativa” rappresentino soltanto degli espedienti, degli alibi, per non assumersi la responsabilità ed il dolore per queste morti, ancora una volta del tutto evitabili.

Noi continueremo, consci della parzialità che interpretiamo, a fare il nostro piccolo grande lavoro quotidiano e saremo sempre aperti al dialogo con chiunque voglia e pensi che Bologna possa ancora essere una città migliore di quello che è.