Ubertini afferma che la biblioteca dovrebbe riaprire “prima dell’estate”. Il Cua: “La lotta ha pagato”. Oggi intanto il Senato accademico discute dei provvedimenti disciplinari a carico di sette studenti per le proteste contro il caro-mensa.
Marcia indietro dell’Ateneo sulle modalità di accesso alla biblioteca di via Zamboni 36, dopo la lunga mobilitazione degli studenti contro i tornelli. Da due mesi la struttura è chiusa e ora il rettore Francesco Ubertini ha dichiarato: “Abbiamo valutato alcune soluzioni tecniche, per cui conto a breve di comunicare la data in cui riapriremo. Spererei comunque prima dell’estate”. I tornelli (o più precisamente le cosiddette “bussole”) installati nei mesi scorsi dovrebbero sparire, anche se resterà in ogni caso un sistema di controllo degli accessi. “Abbiamo studiato un paio di soluzioni e ne abbiamo verificato la fattibilità. Permetteranno alla biblioteca che sia fruita come tale e che si eviti il ripetersi della situazione che si era creata prima dello scontro”, ha detto il rettore: “Troveremo una soluzione adeguata agli spazi. Sarà comunque previsto il riconoscimento all’accesso, non per una questione di principio ma perchè è una risposta pragmatica alla situazione”. Di certo verrà adottata “una soluzione diversa da quella di prima per evitare di rimetterci in condizioni difficili da gestire”, anche perchè se si ripeterà lo stesso copione dei mesi scorsi “dovremo adottare soluzioni completamente diverse”, ha dichiarato ancora il rettore.
Le dichiarazioni del rettore sono accolte così dal Cua: “Dunque non ci saranno i tornelli. La lotta paga! Le parole del rettore in merito alla vicenda 36 arrivano dopo settimane e settimane di mobilitazioni e iniziative studentesche. La cronistoria di quanto avvenuto a partire dal 23 gennaio scorso è nota. Dall’imposizione di un muro di vetro all’ingresso della biblioteca pubblica di discipline umanistiche e strumenti invasivi di riconoscimento, e poi le assemblee, le tante giornate di lotta fino alla riapertura della biblioteca ottusamente chiusa dalle autorità, e la gravissima irruzione della celere picchiando studenti e rompendo e mettendo a soqquadro le aule e ancora la resistenza in strada. Mesi di coraggio e dignità studentesca contro un sopruso subito. Il 36 è sempre stato un luogo di confronto e libera aggregazione, accessibile a tutti. Snaturare quello spazio è stato da subito ritenuto inaccettabile, una provocazione ai danni di chi quotidianamente ci studia. Non sono servite raccolte firme e tentativi di dialogo, ci siamo trovati il 36 prima chiuso da un muro poi distrutto dalla polizia e tuttora inaccessibile. Queste dichiarazioni del rettore sono la prova che la rigidità degli studenti – che non si sono mai fermati e tuttora studiano e si incontrano in un aula studio autogestita in zamboni 22 – ha pagato. Ha pagato resistere in strada, organizzarsi collettivamente per non desistere un attimo dal prendersi cura di uno spazio pubblico e comune alla vita di tante persone. Con soddisfazione leggiamo perciò le dichiarazioni di oggi che nei fatti riconoscono le istanze rese pubbliche ‘dall’autogestione di garanzia’ dell’aula a giurisprudenza dove oggi si incontra per studiare una parte della comunità studentesca dell’alma mater e che quanto prima è giusto torni a vivere la biblioteca del 36 sottratta all’uso comune da troppe settimane. Non sappiamo quali siano i progetti del rettore sulle caratteristiche del 36 post-irruzione della celere, certamente conosciamo le nostre che come da tempo ripetiamo vanno nella direzione del prendersi cura di uno spazio pubblico vissuto da studenti in armonia con i lavoratori e il resto della comunità universitaria. Perciò vogliamo che gli studenti siano protagonisti delle decisioni assieme ai lavoratori a partire dalle esigenze non mediabili espresse dalla mobilitazione in questi mesi. 36 libero!”.
Oggi, intanto, il Senato accademico discuterà i provvedimenti disciplinari a carico di sette studenti accusati di danneggiamenti alla porta del Rettorato in occasione delle proteste contro il caro-mensa, nell’autunno scorso. Una volta ricevuti dalla Procura i nominativi dei sette studenti, il rettore ha dato mandato a un gruppo di senatori di istruire la pratica. In base al regolamento d’Ateneo, le possibili sanzioni variano da un’ammonizione a un anno di sospensione.