L’associazione sulla sentenza di condanna dell’ex militante dei Nuclei armati rivoluzionari GIlberto Cavallini: “Non riporta in vita le vittime, rende giustizia a noi familiari, che abbiamo sempre avuto la costanza di insistere su questo processo”.
“La chiave di volta è stata la digitalizzazione degli atti, che ci ha permesso, anche se dopo 40 anni, di chiedere l’apertura” del processo. Lo spiega l’Associazione dei familiari delle vittime dell’attentato alla stazione cdel 2 agosto 1980, commentando la sentenza di primo grado che ha riconosciuto colpevole l’ex militante dei neofascisti Nuclei armati rivolizionari (Nar) Gilberto Cavallini di avere agito in concorso con Francesca Mambro, Giuseppe Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini, anch’essi componenti dei Nar, già condannati in via definitiva.
La digitalizzazione, spiegano, “ha consentito di fare grossi passi avanti, e chi ha seguito questo processo ha visto che Cavallini poteva essere non solo condannato per l’esecuzione della strage, ma anche inserito all’interno di un sistema che vedeva i servizi segreti italiani coinvolti a pieno titolo in questa strage”.
“Questa sentenza non riporta in vita le vittime, rende giustizia a noi familiari, che abbiamo sempre avuto la costanza di insistere su questo processo”, aggiungono.