Attualità

Stefano Cucchi, un detenuto avrebbe assistito al pestaggio

Lo riferisce il suo avvocato. Intanto Giovanardi fa marcia indietro sulle due gravi dichiarazioni di lunedì scorso. Disposta la riesumazione della salma.

11 Novembre 2009 - 20:25

(CC – BY – NC – ND) radiondadurto.org

Giovanardi costretto a fare marcia indietro. Il sottosegretario alle Politiche giovanili ha dovuto correggere il tiro sulla vicenda di Stefano Cucchi, il geometra romano 31enne arrestato il 15 ottobre per possesso di stupefacenti e morto una settimana dopo nel reparto penitenziario dell’ospedale Pertini di Roma, probabilmente a causa dell’indifferenza dei medici e delle percosse ricevute durante la detenzione. Mentre la magistratura continua ad indagare sui motivi del decesso e sui responsabili delle violenze subite da Stefano, Giovanardi deve chiedere scusa alla famiglia, dopo aver insultato il ragazzo, definito spacciatore abituale, drogato e sieropositivo. Secondo Giovanardi, Cucchi era morto proprio per il suo stile di vita, non per colpa degli abusi su cui la Procura di Roma sta indagando per omicidio preterintenzionale e omicidio colposo. Ma dopo il vespaio sollevato dalle sue dichiarazioni, il sottosegretario deve ora ricredersi. “Quando ci sono dei fraintendimenti, soprattutto se offendono la sensibilità di una famiglia, è giusto chiedere scusa -ha detto Giovanardi, che ha poi aggiunto-: come Dipartimento e come Presidenza del Consiglio, siamo disposti a costituirci parte civile nel processo, se dovessero emergere responsabilità di qualche pubblico ufficiale”.

Responsabilità che, secondo un testimone, sarebbero della polizia penitenziaria. Come già anticipato ieri da alcune testate, un giovane migrante avrebbe visto almeno due agenti malmenare Stefano in un corridoio del tribunale di Roma, dopo che il 31enne era stato accompagnato in bagno, e prima che fosse trasferito in aula per il processo per direttissima. I fatti risalgono al 16 ottobre, il giorno dopo l’arresto. Il testimone, secondo quanto riferito dal suo avvocato, avrebbe visto il pestaggio dallo spioncino della sua cella, posta davanti a quella di Cucchi.

Una versione questa smentita da Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, il sindacato dei secondini. Non una difesa d’ufficio, ma, per una volta, una critica circostanziata. Due i punti su cui si basa la tesi di Beneduci. Il primo: stando alle regole, i secondini prendono in custodia chiunque solo dopo la condanna effettiva, mentre quel giorno Stefano era ancora in attesa del processo. Il secondo punto riguarda invece la possibilità che il testimone abbia visto il pestaggio dalla cella davanti a quella di Stefano: cosa impossibile, secondo Beneduci, dato che, a Roma, “le 16 celle nel sotterraneo del Palazzo di Giustizia sono situate tutte sulla stessa parete”. Implicitamente dunque, Beneduci scarica tutte le responsabilità sui carabinieri. Loro hanno arrestato Stefano, loro lo hanno tenuto in custodia fino al processo. E sempre loro hanno ricevuto fin dall’inizio, quando ancora sul decesso di Cucchi non si sapeva praticamente nulla, la solidarietà del ministro della Difesa La Russa e di altri suoi colleghi di governo e di partito, tutti pronti a mettere la mano sul fuoco sulla perfetta condotta dell’Arma. Intanto oggi la Procura di Roma ha disposto la riesumazione della salma di Stefano per ulteriori accertamenti