L’esito del processo di primo grado per la resistenza all’intervento delle forze dell’ordine contro lo spazio che era stato occupato da Hobo nel campus di via Filippo Re: pene tra uno e 11 mesi. Intanto, Saperi Naviganti sulla chiusura di piazza Verdi: “La protezione dalla diffusione dei contagi è solo una maschera”.
Arrivano 12 condanne per la resistenza allo sgombero, nel 2014, del Community Center occupato da Hobo nel campus di via Filippo Re: dopo l’intervento delle forze dell’ordine ci furono diverse cariche e tafferugli sia in via Irnerio che davanti al rettorato in via Zamboni. Le condanne, in primo grado, sono comprese tra uno e 11 mesi. Gli imputati erano una ventina, con diverse accuse (in alcuni casi già prescritte): resistenza aggravata, furto, danneggiamento, interruzione di pubblico servizio e getto pericoloso di cose. La Procura aveva chiesto condanne a pene comprese tra i sei e i 18 mesi. La posizione di un imputato è stata stralciata per omessa indicazione della contestazione. Le motivazioni saranno depositate nel giro di 90 giorni.
Intanto, anche Saperi Naviganti prende posizione sul coprifuoco deciso dal Comune per piazza Verdi che, al pari di piazza Aldrovandi, è off limits dalle 18 alle 6 di mattina. “Tra transenne e tavolini dei bar”, scrive il collettivo: “È risaputo che il governo cittadino non vedesse l’ora, da tempo, di liberarsi dei ‘problemi’ della zona universitaria, ma il fatto che adesso ciò avvenga sotto la maschera della protezione dalla diffusione dei contagi è una vera e propria presa in giro. La storia ci porta a ricordare piazza Verdi come uno dei principali luoghi di discussione e costruzione politica all’interno del mondo universitario e non solo: vederla transennata non è sicuramente ciò di cui la città e chi la vive ha bisogno. Stiamo vivendo un autunno nuovo rispetto a quelli che già abbiamo conosciuto, tra l’improvvisa impennata dei contagi dopo l’estate e un’Università vissuta principalmente a distanza. Il fatto che l’amministrazione comunale stia attuando politiche che allontanano sempre più le/gli studentx dai loro luoghi di vita, universitaria e non, testimonia che l’importanza della nostra presenza all’interno del tessuto socio-politico di Bologna non viene riconosciuta, se non nell’ottica capitalistica del profitto. In questa fase di crisi, come del resto da molto tempo ormai, il Comune di Bologna sceglie di tutelare solo una fascia della popolazione cittadina: quella privilegiata che dispone di risorse sufficienti per aumentare gli introiti dei locali privati, sedendosi al bar in centro e contribuendo a migliorare la narrazione della città nell’ottica borghese del decoro e del perbenismo. Noi studentx siamo il corpo collettivo che maggiormente trae e dà vita a questa città, calpestando le sue strade e partecipando con consapevolezza alle sue lotte. Abbiamo bisogno dei nostri spazi, abbiamo bisogno delle nostre piazze, per poter crescere come individux e comunità. La repressione della socialità pubblica e meticcia non è la soluzione! Rivendichiamo il diritto ad autogestire le nostre vite nel rispetto della salute e del benessere psicofisico di tuttx!”.