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Nelle scuole ritorna la protesta contro i quiz Invalsi

Dopo le elementari, per domani è prevista la somministrazione dei test alle superiori. Le riflessioni e le proposte di mobilitazione lanciate da Cas, Cobas, Usb, Sgb e Quando suona la campanella.

11 Maggio 2016 - 14:19

No Invalsi (foto Zic)Anche quest’anno nelle scuole di Bologna torna a farsi sentire la protesta di studenti e insegnati contro le prove Invalsi. Il Collettivo autonomo studentesco, alle superiori, lancia una due giorni a partire da oggi, con appuntamento dalle 16,30 in via Avesella 5a: “Il pomeriggio sarà caratterizzato da un banchetto informativo sulle invalsi in cui tutte e tutti avranno la possibilità di ricevere le ultime informazioni prima del giorno dei test. Ci sarà una mostra fotografica di tutti i boicottaggi fatti negli anni passati dagli studenti di varie scuole e un live painting”. Invece domani, nella giornata di somministrazione, “boicottiamo i test della scuola azienda che non fanno altro che schedarci classificando le scuole in serie A e B! L’anno scorso fra l’assenteismo di massa ed i boicottaggi si è arrivati all’80% di prove non svolte in tutta Italia. Questa è una percentuale che cresce di anno in anno, perché passo dopo passo gli studenti, i genitori ed i professori si rendono contro dell’inutilità di queste prove e della perdita di denaro che portano. Per questo è importante rilanciare il boicottaggio sempre, non solo durante ‘il periodo’ delle invalsi, ma durante tutto l’anno con percorsi informativi e di socialità su queste prove”.

Sempre per domani, i Cobas hanno convocato uno sciopero generale della scuola contro i quiz Invalsi e contro la legge 107, con manifestazioni territoriali: a Bologna l’appuntamento è per le 9 di fronte all’Usr, in via de’ Castagnoli 1: “Basta con lo strapotere dei presidi che demolisce il lavoro collegiale e produce mostruosità giuridiche e didattiche. Che il 12 non si ripetano le centinaia di abusi e illegalità contro gli scioperanti verificatisi il 4 e il 5 alle elementari! Se fosse stata necessaria un’altra verifica su quanto sia distruttivo per una buona didattica ed un efficace lavoro collegiale nelle scuole lo strapotere che ai presidi è stato consegnato da Renzi e dalla legge 107, quello che è successo durante questa nuova tornata di quiz Invalsi dovrebbe bastare e avanzare. Dalla punta estrema rappresentata dalla preside di Nuoro che ha sospeso per sei giorni tre insegnanti, attiviste e Rsu Cobas, perché hanno proseguito la propria regolare attività didattica e non si sono prestate all’assurda e inaccettabile richiesta della preside di ‘allenare’ ai quiz gli alunni – ‘allenamento’ condannato dallo stesso Invalsi che lo ha più volte dichiarato ‘inutile e dannoso’ – fino alle centinaia di sostituzioni degli scioperanti il 4 e il 5 maggio alle elementari, si sta svolgendo nelle scuole uno scontro durissimo tra la gerarchia di comando renziana – purtroppo sovente supportata da docenti genuflessi ai presidi-padroni – e docenti e genitori che difendono i valori di una scuola pubblica di qualità. Centinaia di docenti sono stati minacciati e sostituiti illegalmente da insegnanti ‘collaborazionisti’, molti genitori sono stati intimoriti con pesanti pressioni affinché non tenessero a casa i figli, sono state accorpate classi e svolti quiz con un numero irrisorio di studenti. Ci auguriamo che queste inqualificabili pressioni e gli abusi e illegalità non si ripetano il 12 maggio in occasione dello svolgimento dei quiz nelle Superiori: ma ricordiamo che, così come per le elementari, saremo obbligati a perseguire legalmente coloro che dovessero ripetere la catena di abusi dei giorni scorsi”.

Dall’Usb scuola arriva la proposta di uno “sciopero di mansione”, tanto per le giornate di somministrazione già effettuate alle elementari che per domani alle superiori: “Gli Invalsi pretenderebbero di presentarsi come prove del tutto oggettive, alla faccia delle mille parole spese su personalizzazione e individualizzazione. La somministrazione delle prove peraltro interrompe le ore di lezione, violando il diritto allo studio di tutti gli studenti, anche di quelli in difficoltà e con disabilità, i cui risultati vengono elaborati dall’Invalsi a parte e non conteggiati per non incidere sul risultato statistico medio di ogni classe. È ormai chiaro che il vero fine delle prove Invalsi è la valutazione e la messa in scala gerarchica del corpo docente, ledendo il principio costituzionale della libertà di insegnamento, con lo scopo di differenziare gli stipendi, burocratizzando il lavoro dei docenti e diffondendo la cultura della competizione. Il dirigente scolastico potrà così ricoprire il vertice di una piramide-corte di sodali: un nucleo di valutatori per individuare gli insegnanti ‘migliori’, un gruppo di mentor per la formazione permanente, una serie di quadri intermedi utili a realizzare la ‘vision’ della scuola, con conseguente diversificazione stipendiale, così come da anni va sponsorizzando l’associazione Treelle, braccio ‘pedagogico e didattico’ di Confindustria, che contribuisce così alla spinta verso lo smantellamento del welfare inerente all’istruzione, mercificandone gli obiettivi e costruendo una scuola buona per produrre braccia e non menti”.

Ha scioperato una settimana fa alle elementari e farà il bis alle superiori, domani, anche Sgb scuola: “Il nostro modo di fare scuola, invece di innovarsi e uscire dalle mura dell’aula, si chiude e regredisce, piegandosi ad una logica che ci vorrebbe costringere a riprogettare la didattica in funzione della preparazione al superamento dei test. Lo stesso cambiamento peggiorativo si nota nell’editoria scolastica che si sta adattando a questo sistema, impoverendosi nei contenuti e riempiendosi di fac-simile di quiz. Operazione portata avanti, senza coinvolgere i docenti, senza reali distinzioni tra le diverse realtà scolastiche e, soprattutto, senza nessuna ricaduta sulla qualità della scuola, che viene, invece mortificata e umiliata (basti pensare all’accorpamento delle classi di concorso, alla creazione di un organico potenziato di cui non si comprendono le finalità, all’aumento sconsiderato del potere dei dirigenti scolastici e alla progressiva perdita della libertà d’insegnamento). Ma quello che è stato messo in campo con l’entrata in vigore della legge 107 ci fa capire che non possiamo stare a guardare, abbiamo concesso troppo e ne stiamo pagando le conseguenze. Lo vediamo tutti i giorni con il blocco delle supplenze, l’umiliazione del bonus ed il blocco dello stipendio. Gli insegnanti italiani non se lo possono permettere e non ci cascano! Abbiamo la possibilità di dimostrare che gli insegnanti vogliono fare la scuola che vale!”.

Infine, segnaliamo che la rivista “Quando suona la campanella” ha deciso si approfondire la tematica Invalsi con quattro articoli di approfondimento a cura di Gianluca Gabrelli, Enrico Roversi, Ferdinando Alliata ed Enrico Paselli. Dal contributo di Gabrielli: “Nomina sunt substantia rerum, oppure più modestamente, dimmi come ti chiami e ti dirò chi sei. La massima senza dubbio vale anche per i testi scolastici. Nel 1928 il sussidiario Il fascio della Bemporad non doveva lasciare dubbi ai docenti che l’adottavano, mentre l’egemonia cattolica degli anni cinquanta ben si intuisce nei vari Luce, Incontro alla luce, Fervore di vita, ecc. Negli anni settanta le istanze di trasformazione passano attraverso titoli come Progetto uomo e Quale realtà, e la nuova infantilizzazione e banalizzazione dell’epoca attuale viene ben esemplificata dagli impalpabili Compagni di volo, E’ tempo di volare, Sulle ali del vento, Paperlibro,… Ma la vera cifra che dà conto dell’ideologia imperante nel presente è il continuo e sempre più pervasivo riferimento ai test invalsi. Era prevedibile: quello dei test è il più grande intervento centralizzato sulla didattica dai tempi del libro di Stato del fascismo. All’idea classica che impone i contenuti del curricolo attraverso il Programma (bassa efficacia, tempi di interiorizzazione dilatati, ampio spazio alla discrezionalità e alla resistenza dei docenti) si sostituisce l’imposizione dei soli test annuali, ma si lega il loro esito a prospettive di valutazione e all’erogazione di premi o sanzioni, ottenendo in maniera più efficace una retroazione sulla didattica. Che questo sia in netto contrasto con l’idea radicata di libertà di pensiero e di insegnamento dei docenti poco importa ai nuovi ingegneri dell’apprendimento, che sommano in sé il massimo di liberismo economico (privatizzerebbero tutto) e il massimo di dirigismo didattico (ormai i test dell’anno precedente sono la bibbia dell’insegnante conformista)”.