Di fronte alle richieste economiche del Comune “è in gioco la nostra stessa esistenza”, scrive l’associazione che dal 1998 gestisce gli spazi di via Sacco 14 lanciando una petizione e una raccolta fondi: “All’amministrazione e al quartiere San Donato chiediamo di considerare tutte le attività promosse sul territorio negli anni”.
“In questi mesi stiamo portando avanti una trattativa che potrebbe determinare la nostra stessa esistenza. Fai sentire la tua voce lasciando un messaggio alle istituzioni competenti firmando la petizione!”. Comincia con queste parole l’appello lanciato dall‘Associazione Musicale Culturale Vecchio Son, che .- come già accaduto in passato – vede di nuovo a rischio la sopravvivenza degli spazi gestiti da anni in via Sacco di fronte alle richieste economiche avanzate dal Comune. L’associazione, che insieme alla petizione (nel giro di pochi giorni sono già oltre 750 le firme raccolte) lancia anche una raccolta fondi, ricostruisce così tutta la vicenda: “La storia del Vecchio Son inizia nel 1998, quando l’Associazione culturale prende spazio in via Sacco 14. Il suo fondatore è la storica voce dei Nabat, Steno, a cui va certamente riconosciuto il merito di essere un primo passo importante nella diffusione delle controculture degli anni ottanta. Queste radici non sono tuttavia sufficienti a descrivere la fantastica contaminazione con ogni genere di cultura e suoni, che in questo luogo hanno preso vita. Sono tanti i musicisti che hanno iniziato qui, e tanti quelli che hanno trovato il loro percorso all’interno di questo spazio. Il mondo della musica e l’industria discografica appaiono spesso inaccessibili perché escludono sulla base della commerciabilità del prodotto o delle possibilità finanziarie. Al Vecchio Son, al contrario, sono state ascoltate le voci di chi non aveva un soldo in tasca o un posto dove andare, ma aveva una canzone da suonare e la sua storia da raccontare. Dentro queste mura si sono formati centinaia di gruppi e musicisti, qui molti ragazzi hanno trovato un’alternativa alla vita di un quartiere spesso difficile, e moltissimi artisti del panorama internazionale si sono esibiti o sono stati a loro volta insegnanti in un percorso di reciproco scambio. E non solo i musicisti di domani sono stati aiutati nel loro cammino, ma in un’attenta progettualità di salvaguardia del nostro patrimonio musicale e culturale, sono state anche registrate, conservate e tutelate alcune delle radici storico musicali che altrimenti sarebbero andate perdute, come le voci delle donne della resistenza, i canti delle mondine, testimonianze autentiche della storia del nostro novecento. La forte componente politica e sociale ha caratterizzato l’energia di questo luogo. I corsi e le sale sono a prezzi calmierati, tra i più bassi della città, affinché tutti si possano permettere il lusso di suonare, di danzare e di esprimersi. Sono tantissime, inoltre, le iniziative sociali a cui l’associazione si è dedicata negli anni, senza mai ricevere o chiedere alcun aiuto monetario, ma spesso finanziando per proprio conto attività culturali, politiche e sociali. Siamo quindi certi che il Vecchio Son abbia dato il proprio contributo a questa Bologna, nominata dall’Unesco con il titolo di ‘Città creativa della musica’. E siamo sicuri che molti possano riconoscere in queste righe l’unicità della propria voce che si è intrecciata alla storia di questo luogo: ‘Shout for an answer trying to survive / Two million voices, can you hear? Two million voices’ (Angelic Upstarts)”.
Si legge ancora nell’appello: “Nell’anno in cui l’associazione Vecchio Son ha preso in gestione lo spazio di via Sacco, si è anche fatta carico dei problemi strutturali, terminando la sistemazione e la messa a norma dello stabile a proprie spese. La prima convenzione è stata firmata nel 2005 ma, venendo meno ai precedenti accordi, sono stati imposti canoni di affitto e tassazioni in maniera retroattiva. Il peggioramento delle condizioni finanziarie sarà destinato a persistere durante le seguenti assegnazioni, ottenute con grande difficoltà e sforzo monetario da parte di un’associazione no profit. Il debito contratto ha influito gravemente sulle spese per la cura della strumentazione necessaria e per la normale gestione dello spazio, soprattutto a fronte degli infiniti problemi strutturali presenti; così da creare una crepa incolmabile. Negli ultimi mesi le normative necessarie a contenere la diffusione del virus Covid-19 hanno colpito profondamente ogni attività del Vecchio Son, tanto da doverle limitare e addirittura cessare per lunghi periodi. L’associazione titolare di una morosità non può nemmeno partecipare agli assegni di sostegno ideati per questo momento critico ma, nonostante l’ingente danno economico, viene richiesto proprio oggi un ulteriore sforzo finanziario per confermare l’assegnazione dello spazio. Alla giunta del Quartiere San Donato e del Comune di Bologna chiediamo di considerare tutte le attività promosse sul territorio negli anni dal Vecchio Son, senza dimenticare che alcune richieste monetarie sono decisamente troppo ingenti per un’associazione no profit; queste non solo danneggiano, ma minacciano l’esistenza stessa dello spazio. Crediamo invece che il riconoscimento politico debba determinare l’impegno da parte delle istituzioni di garantire all’associazione di proseguire le proprie attività concedendole la dignità che umanamente gli spetta. Difendiamo la musica, difendiamo il Vecchio Son”.