Speciale

La lotta necessaria contro carovita e aumenti delle bollette

Sullo sfondo di una pandemia che ha prodotto una drammatica crescita delle diseguaglianze economiche e sociali, i rincari spropositati delle utenze non sono qualcosa di obbligato e necessario. Con un approfondimento sulla favola bella di Hera riguardo al mercato libero e un focus su un’utile esperienza del passato: l’autoriduzione.

14 Febbraio 2022 - 13:01

Gli aumenti delle bollette non sono qualcosa di obbligato e necessario

In queste settimane ne abbiamo sentite veramente tante di “versioni accreditate” tese a spiegare ai “profani” le cause dello spropositato costo dell’energia.

Per le cosiddette “fonti autorevoli” alle origini dei rincari ci sarebbe l’aumento del costo del gas naturale, causato da diversi fattori tra i quali la maggiore domanda per la ripresa economica, l’inverno particolarmente freddo nel Nord Europa e la forte domanda di gas da parte della Cina. Poi ci sarebbe il costo dei permessi di emissione della Co2 nell’ambito dell’Emissions Trading System dell’Unione Europea (Ets), salito da circa 30 euro a tonnellata di Co2 a 60 euro. Secondo queste tesi, i rincari si collocherebbero in un contesto mondiale di tensione sui mercati delle materie prime, in particolare di quelle energetiche, e sarebbero funzionali alla lotta al cambiamento climatico. Chiaramente, i “gradualisti” auspicano aumenti applicati con una dose ragionevole di gradualità, ma la loro attuazione è “per forza di cose” necessaria per indurre gli operatori a risparmiare energia e a ridurre la domanda di energia prodotta da fonti fossili.

In più, lo Stato, attraverso le accise sulle bollette, in questi anni ha cercato di risolvere i suoi problemi di cassa. Per ultimo, mettiamoci poi i sempre più consistenti profitti delle imprese energetiche, così il mix di costi per i consumatori finali si è fatto veramente insostenibile.

Nel nostro paese questi rialzi si sono trasferiti automaticamente sui prezzi dell’energia elettrica e del gas da riscaldamento. Pur con i “tamponi” decisi dal Governo, con lo stanziamento di fondi per contenere i rincari delle bollette, l’aumento del prezzo per l’elettricità si aggira sul 55%, mentre per il gas è del 41,8%. Viene stimato che, per una famiglia italiana tipo, questi aumenti equivarrebbero a 247 euro in più da sborsare su base annua. A cascata, gli aumenti delle tariffe di luce produrrebbero sui listini al dettaglio quasi più 1.300 euro annui a famiglia.

Nei prossimi tre mesi, soprattutto per il consumo di gas da riscaldamento per il periodo invernale, le bollette saranno molto più pesanti del solito. Se a gennaio 2021, per un’utenza con consumo medio di 1.400 metri cubi e riscaldamento autonomo, la stima della bolletta era stata di circa 980 euro all’anno, oggi la stessa utenza si ritrova con un importo più che raddoppiato.

Una situazione analoga si ha pure per l’energia elettrica: la stima della spesa annua per una famiglia di tre o quattro persone, con un consumo elettrico di circa 3.200 kWh con la tariffa regolata, è stata nel 2021 pari a 611 euro, mentre a gennaio 2022 si stima una spesa di ben 1.125 euro. Anche in questo caso siamo circa al doppio dello scorso anno.

Si tratta di una vera e propria stangata che trasforma l’energia in un bene di lusso e che avrà come conseguenza il prodursi di un’ulteriore frattura sociale. In più, sempre a causa del rincaro dei beni energetici, a gennaio 2022 l’inflazione in Italia è aumentata del 4,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (una crescita così consistente non si verificava dalla primavera del 1996). A fronte dell’immutabilità dei salari e degli stipendi, il carrello della spesa ha visto un aumento di tutti i prodotti: beni alimentari, prodotti per la cura della casa e della persona (+3,2%), prodotti ad alta frequenza d’acquisto +4,3%).

Tra le altre cose, tutto questo sta avvenendo in una situazione di disuguaglianza sociale che, per l’anno passato, ha visto l’aumento del 30% del patrimonio delle 50 persone più ricche al mondo. Nel frattempo, nello stesso periodo, sono diminuiti in modo considerevole i redditi da lavoro e si è amplificato vorticosamente il numero delle persone in povertà assoluta. Per capirci, quello che guadagnano gli amministratori delegati delle prime 100 aziende italiane in un giorno è superiore al reddito di dodici mesi di un lavoratore dipendente.

Sullo sfondo c’è pure il fatto che la pandemia ha prodotto una crescita inarrestabile delle diseguaglianze economiche e sociali. Oggi l’aumento del costo dell’energia mette a rischio i conti di milioni di persone a reddito medio-basso, l’unica risposta che i governi d’Italia e d’Europa propongono è il rilancio della prospettiva nucleare.

La favola bella di Hera sul mercato libero

Molto particolare è la descrizione degli aumenti di luce e gas che viene fatta sul sito della multiutility Hera, la holding di servizi ambientali che vede la presenza di azionisti pubblici e privati (la partecipazione più rilevante è quella del Comune di Bologna) e che è controllata da un patto di sindacato al quale aderiscono 118 Comuni dei territori di riferimento dell’azienda.

Secondo Hera, l’aumento dei prezzi è principalmente legato a due fattori: l’aumento dei costi delle materie prime e il contestuale aumento dei costi delle aziende che producono energia.

Per la multiutility con sede a Bologna, l’aumento del prezzo di un bene (come sempre) si verifica quando la domanda supera l’offerta. Il bene in questione è il gas. Stando alla holding, la sua domanda in Europa è cresciuta per diverse ragioni, tra cui l’erosione delle scorte dovute al lungo inverno, la richiesta elevata, avvenuta in tempi molto rapidi, per la ripresa delle attività produttive dopo il blocco e il rallentamento dovuti alla pandemia, il crescente ricorso al gas per la produzione di energia elettrica al fine ridurre l’impiego delle fonti fossili, la riduzione delle esportazioni da parte della Russia verso l’Europa a favore della domanda asiatica, la riduzione sensibile dei venti nell’area del Nord e del Baltico ha penalizzato i paesi come l’Inghilterra che hanno investito molto sull’eolico e il solare. Si legge sempre sul sito di Hera: “In Italia il gas naturale è impiegato per produrre circa il 40% dell’energia elettrica. Di conseguenza l’aumento significativo del suo prezzo si riflette sul costo dell’elettricità”.

Alla voce “Come difendersi dall’aumento dei prezzi di luce e gas”, Hera tranquillizza i “consumatori finali” elencando le misure adottate dal Governo per alleggerire l’importo dei costi. La multiutility indica che verranno stanziati 3,4 miliardi che andranno a ridurre le componenti di trasporto, dispacciamento, oneri di sistema e informa che sarà incrementato il bonus a sostegno delle famiglie a più basso reddito.

Ma l’opportunità che i consumatori devono assolutamente cogliere per mettersi al riparo dal caro prezzi è la scelta di una delle offerte del cosiddetto “mercato libero”, che “fissa il prezzo per un periodo lungo” proteggendo “dalla variabilità dei prezzi del mercato”.

E’ abbastanza bizzarro che sul principale strumento di comunicazione di una grande azienda di servizi ambientali come Hera che ha come “azionisti di riferimento” 198 investitori pubblici leggere: “Tra i vantaggi del mercato libero rispetto al servizio di maggior tutela c’è l’ampia scelta fra le numerose offerte dei diversi operatori. Il mercato tutelato prevede una sola tariffa stabilita dall’Autorità per l’energia ed il gas. Atra peculiarità del mercato libero è la libera concorrenza fra operatori che favorisce la competitività sulla qualità del servizio e sui prezzi della materia prima (energia elettrica) per estendere le quote di mercato e fidelizzare i propri clienti. Le offerte a mercato libero di energia elettrica possono prevedere un prezzo fisso o variabile in base alla fluttuazione del costo della materia prima sui mercati all’ingrosso. I consumatori possono così scegliere quello più adatto ai propri consumi in termini di quantità e modalità”.

Vorremmo ricordare che il “patto di sindacato” tra i Comuni che regola la loro presenza dentro Hera dovrebbe essere guidato da linee di indirizzo approvate periodicamente dai Consigli comunali delle varie amministrazioni locali. Chissà se le linee di indirizzo del Comune di Bologna prevedano lodi sperticate al libero mercato come quelle sparse dai comunicatori di Hera ai quattro venti?

Quello che il sito della multiutility si è scordato di dire è che, per quanto riguarda la componente energia, anche sul mercato libero (“alternativa al mercato tutelato” e in cui “solitamente era possibile trovare possibilità di risparmio”) i prezzi sono triplicati. Se guardiamo alle offerte a prezzo bloccato (che dovrebbero proteggere la componente energia dalle fluttuazioni del mercato), l’incremento è notevole: attualmente la media è di 0,18 euro per kWh, contro 0,06 euro per kWh che era il prezzo del mese di gennaio dello scorso anno.

Un’altra notizia che andrebbe diffusa è che 19 società fornitrici di elettricità sono andate, dall’oggi al domani, in default. Secondo alcuni quotidiani, sarebbero passate da un portafoglio clienti molto vasto a zero clienti. Come conseguenza circa 500.000 utenti sarebbero rimasti senza il fornitore che avevano scelto e sarebbero stati costretti a passare, attraverso il cosiddetto mercato di ultima istanza, a un altro gestore ancora attivo.

Per quanto riguarda le iniziative che Hera ha deciso di mettere in campo rispetto a questa situazione, esse si limitano alle azioni previste dalla Legge di Bilancio 2022 (l. 234/2022) e alla deliberazione dell’Autorità Garante dell’Energia (Arera n. 636/2021/R/Com del 30/12/2021).

Queste disposizioni prevedono per tutti i clienti finali domestici il diritto alla rateizzazione senza interessi delle fatture insolute emesse tra gennaio e aprile 2022. In questo modo, forse si potrà evitare che migliaia di famiglie si ritrovino con gas o luce staccati per morosità durante il periodo invernale. Ma la soluzione non può essere quella di indebitarsi pagando a rate. Il Comune di Bologna e gli altri Comuni, in qualità di soci di maggioranza di Hera, dovrebbero imporre alla holding la copertura di una parte dei costi con i propri profitti che sono in crescita (come quelli di tante altre aziende energetiche). Poi, certo, le amministrazioni comunali e le Regioni e il Governo centrale possono mettere a bilancio un fondo per coprire le spese, per aumentare le fasce calmierare e i bonus. Ma intanto anche Hera faccia la sua parte.

Lotte e proteste, finora molto poche

Le voci allarmate che hanno avuto spazio fino ad oggi sugli organi di informazione sono state quelle degli industriali, delle categorie del commercio e dei sindaci. Le preoccupazioni su quello che gli aumenti di luce e gas possono provocare sono tante, soprattutto le hanno le lavoratrici e i lavoratori, i precari e disoccupati. Chi ha una salario da lavoro dipendente, vedendo le bollette arrivate nelle scorse settimane si è reso immediatamente conto che per il 2022 avrà una mensilità in meno, gliela porteranno via i rincari. Per chi è precario o per chi il lavoro non ce l’ha resta soltanto lo sconforto e l’angoscia di non potercela fare.

Solo una mobilitazione generale e la messa in campo di forme di lotta efficaci sono le uniche possibilità per cambiare la situazione drammatica che si sta prospettando.

Fino ad ora le iniziative di protesta sono state abbastanza timide. Si è iniziato con striscioni e qualche flash mob davanti alle Prefetture. Negli ultimi giorni sono state organizzate assemblee contro il carovita e per dare vita a piattaforme sociali, i presidi sono stati spostati davanti alle aziende energetiche come Hera.

Sono primi passaggi che tengono conto del clima di debolezza e della bassissima intensità di conflittualità sociale presente in città e nel paese. Tutti e tutte sono convinti/e che è necessario molto di più. Non è pensabile che gli unici volantini che stanno circolando siano quelli che si trovano nelle buchette. La concorrenza delle diverse offerte che fanno i fornitori di energia non può essere la soluzione.

Non si può più abboccare come allocchi a foglietti di questo tenore: “Non sei soddisfatto delle tue utenze attuali? Le bollette secondo te sono troppo alte? Confronta le tariffe energia più convenienti, in pochi secondi, e risparmia sulle tue bollette luce e gas. Confronta i fornitori di luce e gas in soli 20 secondi e risparmia fino a 250 euro in bolletta. Basta inserire il proprio Cap di residenza e scoprire le offerte più vantaggiose che ti faranno risparmiare. Prova subito!”.

Un’utile esperienza del passato: l’autoriduzione

Dagli archivi del Centro di documentazione dei movimenti “F.Lorusso – C. Giuliani” abbiamo recuperato dei documenti che raccontano l’esperienza delle autoriduzioni. Non si tratta di riproporre tout court quelle forme di lotta, ma è utile conoscere quello che in passato fu messo in campo per vincere la battaglia contro il carovita e la difesa del reddito.

Il 1974 fu l’anno degli aumenti generalizzati delle tariffe dell’Enel e della Sip (il servizio telefonico) e dei trasporti pubblici urbani. In molte città italiane, la protesta assunse il carattere di massa e si concretizzò con l’autoriduzione delle bollette e dei biglietti dei bus.

La prima forma di autoriduzione si tenne nell’agosto del 1974 su iniziativa di alcuni operai della Fiat Rivalta che, rifiutandosi di pagare le nuove tariffe degli autobus, spedirono alla società dei trasporti pubblici l’equivalente dei vecchi abbonamenti e continuarono a usare i mezzi pubblici senza fare il biglietto. Poi la protesta si allargò alle tariffe dei servizi.

Si formarono comitati per l’autoriduzione che organizzavano presidi davanti agli uffici postali, dove le persone andavano a pagare i bollettini. Predisponendo lettere prestampate, si invitavano i cittadini a ricalcolare l’importo secondo il canone precedente. In tal modo, l’autoriduttore dichiarava di attenersi alle tariffe in vigore prima degli aumenti. Le aziende risposero inviando lettere che minacciavano il distacco del servizio di elettricità o procedendo ai distacchi di linee telefoniche. Gli autoriduttori replicarono con una seconda lettera in cui venivano ribadite le loro posizioni. In alcune città le procure dichiararono illegittima la ritorsione, in altre diedero torto agli autoriduttori.

In un manifesto dell’epoca della Flm (Federazione Lavoratori Metalmeccanici) di Torino si affermava: “L’Autoriduzione è la lotta che paga e vince! Respingere i ricatti dell’Enel estendendo la lotta, pagando il 50% della nuova bolletta dell’energia elettrica. L’Enel non può erigersi a tutore degli interessi della collettività, quando per anni sulla linea dei vecchi ‘monopoli elettrici’ ha continuato a rapinare gli utenti con contratti di potenza capestro che riflettono i reali consumi delle masse popolari. Bisogna impegnarsi ad estendere la lotta con il 50% del pagamento delle bollette Enel in tutti i posti di lavoro e in tutti i quartieri al fine di raggiungere nei confronti del governo una sostanziale riduzione delle attuali tariffe e la modifica del regime tariffario adeguandolo alle tariffe dell’utenza industriale”.

Ancora più esplicita, l’Assemblea degli Autoriduttori di Torino e Milano, in un manifesto dell’autunno 1974 sosteneva: “Organizziamo l’autoriduzione delle bollette e dell’affitto, la spesa politica contro gli speculatori, gli imboscamenti, i proprietari di case. Attendismo ed esitazioni non pagano garantiamoci il salario con queste forme di lotta”.

Nel mese di ottobre del 1974, a Bologna partì la campagna per le autoriduzioni. I gruppi della sinistra rivoluzionaria, durante lo sciopero generale per la vertenza sulla Contingenza, diffusero un volantino molto esplicito: “Abbiamo capito che c’è solo un modo per garantirsi il salario: autoridursi le bollette della luce, gli affitti, i trasporti e prendersi quello che ci serve”.

Contemporaneamente il Comitato Autonomo Proletario per l’Autoriduzione ristampò per Bologna il manifesto della Flm (Federazione Lavoratori Metalmeccanici) di Torino: “L’Autoriduzione è la lotta che paga e vince!”.

L’autoriduzione fu una mobilitazione di massa, fuori dal controllo sindacale, ed ebbe un suo percorso autonomo rispetto alle trattative sulle tariffe che le confederazioni avevano imbastito col governo. La prima volta, era stata superata quella remora convenzionale del “se lo faccio cosa mi succede?” che molto spesso era stata un ostacolo all’espandersi di comportamenti conflittuali e, al tempo stesso, si era sfondato quel muro costruito da chi voleva relegare questa lotta ad alcuni episodi simbolici o come forma di pressione verso un accordo tra governo e sindacati. Nelle intenzioni dei gruppi promotori c’era la volontà di usare queste pratiche, oltre che per ottenere dei risultati concreti nella lotta contro il carovita, anche per promuovere nuove forme di partecipazione attiva e di azione politica dal basso.

Il giornale bolognese “Né servi né padroni”, foglio del Comitato Operaio delle fabbriche di Santa Viola, scrisse: “Alcuni l’hanno chiamata disobbedienza civile, per noi è una lotta che, nell’esprimere la volontà proletaria di imporre i prezzi politici, consolida ed accresce il potere operaio dentro e fuori la fabbrica. L’autoriduzione esprime l’esigenza operaia di reddito garantito, occorre quindi allargarla anche alla luce, al gas, all’acqua, all’affitto. Noi la riteniamo una forma di lotta efficace e che paga immediatamente, per questo, a partire dalle prossime bollette, è necessario organizzare l’autoriduzione dentro le fabbriche collegandosi alle strutture proletarie che già esistono nel quartiere”.