Iniziati i trasferimenti dal Cas, segnala il Coordinamento Migranti: decine di persone “ricollocate a Vergato, lontane dagli occhi dei turisti del centro ma soprattutto isolate dalle/gli altre/i migranti, impossibilitate ad accedere in autonomia agli uffici dove le loro pratiche restano a prendere polvere” e a “distanze chilometriche” da opportunità lavorative e corsi di lingua.
“Mentre sulle coste greche il Mediterraneo continua a restituire all’Europa la conseguenza inevitabile delle sue mortifere politiche sull’immigrazione, anche in Italia la guerra contro donne e uomini migranti non accenna a fermarsi. È una guerra che già da mesi ha varcato i cancelli del Cas di via Enrico Mattei, dove i migranti sono costretti a condizioni di vita sempre più precarie, tra sistemazioni di fortuna, pasti negati e attese bibliche per il pocket money. Ora sono arrivati anche i trasferimenti: finalmente una buona notizia, si potrebbe pensare, visto l’insostenibile sovraffollamento del centro che i migranti stipati in tenda e in camerate strapiene denunciano da tempo. Se non fosse che le decine di persone a cui è stato ordinato di fare le valigie (e lo stesso destino attende le ulteriori decine in attesa di trasferimento) sono state ricollocate a Vergato, nel bel mezzo dell’Appennino bolognese. Lontane dagli occhi dei turisti che affollano le vie del centro città, ma anche e soprattutto isolate dalle altre e dagli altri migranti già presenti sul territorio, impossibilitate ad accedere in autonomia agli uffici dove le loro pratiche restano a prendere polvere, costrette a percorrere distanze chilometriche per cercare quei lavori sfruttati o per frequentare quei costosi corsi di lingua che, in sede di commissione territoriale, ne misureranno il grado di integrazione”. E’ l’aggiornamento diffuso dal Coordinamento Migranti, che sulla propria pagina Facebook pubblica anche una videointervista ad uno degli abitanti del Mattei.
Nell’intervista viene raccontato che “i migranti del Mattei devono fare i conti anche con il razzismo istituzionale della Questura e della Prefettura di Bologna. Diversi di loro- riporta il Coordinamento- non hanno ancora in mano nient’altro che un tesserino sanitario provvisorio (Stp) che viene dato normalmente agli irregolari. Ma all’irregolarità vengono costretti dalla Questura, che sa dire solo di aspettare a chi da mesi sta cercando di fissare un appuntamento soltanto per poter avviare le pratiche per la richiesta di protezione internazionale. Figuriamoci quanto sarà il tempo di attesa della commissione territoriale! Senza documenti, non possono sottoscrivere un contratto di lavoro e sono costretti a lavorare in nero con salari praticamente inesistenti, condannati all’assenza di tutele che tanti lavoratori migranti, all’Interporto e non solo, conoscono già fin troppo bene. Come se non bastasse, la cooperativa che gestisce il Mattei si mostra sorda ad ogni loro richiesta e gli operatori non offrono né informazioni né supporto riguardo le procedure per l’ottenimento del permesso di soggiorno. L’accoglienza democratica rivendicata dagli amministratori di Comune e Regione è ormai una formula talmente vuota che Questura e Prefettura scelgono deliberatamente di condannare i migranti del Mattei alla irregolarità nel completo silenzio delle istituzioni”.
I migranti, però, “non hanno alcuna intenzione di smettere di organizzarsi e di protestare contro tutto questo. Anche se le politiche dell’accoglienza e dello sfruttamento fanno di tutto per ridurli al silenzio, per renderli invisibili e per costringerli all’isolamento, noi continueremo a lottare contro queste condizioni e contro il razzismo istituzionale che le produce”, conclude il Coordinamento.