Lo scetticismo dei familiari delle vittime della strage alla stazione sulla nuova declassificazione di documenti decisa ieri dal Governo, che ricordano come a un simile annuncio, durante il governo Renzi, era seguito il rilascio di documenti dove venivano “omessi nomi e località”.
Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha firmato ieri una direttiva che dispone la declassifica ed il versamento anticipato all’Archivio centrale dello Stato della documentazione a riguardo dell’organizzazione Gladio e della Loggia massonica Propaganda 2.
I familiari delle vittime della strage del 2 agosto 1980, però, pur accogliendo favorevolmente la notizia, non nascondono i dubbi. Con la precedente desecretazione, ai tempi del governo Renzi, “abbiamo ricevuto lettere e documenti con date, luoghi, nomi e parti intere cancellate”, ha ricordato ieri il presidente dell’associazione Paolo Bolognesi: e stavolta “ci danno i nomi o fanno come le altre volte? Arriviamo al dunque. Perché se poi lasciano la desecretazione in mano ai soliti elementi imbarcati con la P2 o con i servizi segreti ‘strani’. Insomma, se non ci guardano bene, rischia che sia solo un’operazione di facciata”. E “se chi desecreta è lo stesso che ha secretato è una presa in giro”, rincara oggi. E poi, “come mai desecretano atti, quelli su Gladio e P2, che ci avevano detto essere già desecretati?”.
I familiari chiedono dunque dunque che la desecretazione venga eseguita da terzi, ad esempio da archivisti “dell’archivio generale dello Stato”. E che l’operazione venga condotta “per serie archivistica, non singolarmente”. Perché “se intervieni a spot rischi di spaccare gli archivi e rendere la cosa ancora più complicata”. Non deve insomma ripetersi per Bolognesi la situazione che si è verificata con la direttiva Renzi, dove un comitato speciale “ha deciso cosa dare e cosa non dare”, e spesso nei documenti forniti erano omessi nomi e località. Invece “desecretati vuol dire visibili”.