Hobo rende nota la vicenda di una studentessa colpita perché che avrebbe partecipato, a febbraio, all’occupazione della biblioteca. Cua: “Arrivano nuovi procedimenti, cresca la solidarietà dei docenti” (che, intanto, si preparano allo sciopero nazionale).
Due giorni fa “ad una studentessa è arrivato un avviso di avvio di sanzioni disciplinari da parte dell’Unibo per i fatti relativi alla riapertura e all’occupazione della biblioteca del 36 il giorno 9 febbraio”. Ne dà notizia Hobo su Facebook.
Continua il collettivo: “Neanche l’afa estiva ferma la penna del questorettore. I fatti che vengono contestati si riferiscono all’aver preso parte alla riapertura della biblioteca, l’essere stata ‘vista entrare e uscire dallo stabile’ e identificata tra coloro che hanno subito le cariche della polizia all’interno. Come già constatato a seguito delle misure disciplinari date a Loris per le contestazioni a Panebianco, l’Alma Mater non solo scavalca i basilari principi del diritto penale minacciando e comminando pene ancor prima che qualsiasi processo abbia avuto inizio, ma appellandosi ad un fantomatico codice etico privo di qualunque valenza giuridica, criminalizza qualsiasi manifestazione di dissenso, attua misure lesive del diritto allo studio e depoliticizza la protesta facendola passare per un testa a testa tra ‘facinorosi violenti’ e Università. Dentro la biblioteca eravamo tante e tanti, e le ragioni per cui si decise di riaprire il 36 sono a noi ben chiare e ne rivendichiamo le pratiche. Quello che Ubertini e la sua amministrazione vogliono far passare per un attacco a singoli compagni e compagne altro non è che un attacco a tutta la lotta del 36 e alle lotte future, a chiunque si opponga ogni giorno, in forme e modi differenti, alla gestione mafiosa di un rettore che avrebbe forse preferito intraprendere una carriera in polizia”.
Si legge in conclusione: “L’Università, l’abbiamo sempre detto e lo ribadiamo, è – o dovrebbe essere – un luogo di condivisione di saperi ed esperienze e non quel tribunale inquisitorio che sta lentamente diventando. Caro Ubertini, cari vassalli e viscidi lacché, non contate sul nostro silenzio né sulla nostra accettazione, vi sia chiaro che ad ogni vostro attacco troverete una risposta adeguata a distruggere ogni pezzo del vostro castello accusatorio. Come abbiamo già fatto una volta saremo noi a sospendere i vostri senati accademici e i senatori complici delle sanzioni. Solidarietà a tutti gli studenti e studentesse colpite dalle misure e a tutti coloro che verrano sanzionati per aver lottato e creduto in un’università libera!”.
Il Collettivo Universitario Autonomo, intanto, interviene sostenendo una mobilitazione in corso a livello nazionale: “Buongiorno sciopero dei docenti! Più di 5000 docenti degli atenei italiani si stanno organizzando per mettere in piedi uno sciopero che si pone come obbiettivo quello di bloccare (in parte) la sessione di esami autunnale dal 28 agosto al 31 ottobre. Tra questi docenti più di 200 fanno parte dell’Alma Mater Bologna. Il problema è il blocco agli scatti stipendiali dal 2011 al 2015”. Prosegue la nota giunta in redazione: “Ora qualcuno potrebbe dire che, tutto sommato, viste le condizioni di tantissimi altri soggetti che vivono l’università, si parla qui di ‘privilegi’. Ma chi ci conosce lo sa, su certe dinamiche preferiamo sempre rifuggire dalle semplificazioni, dai giudizi tranchant. Ci nutriamo delle contraddizioni e nelle contraddizioni ci facciamo largo. Dal nostro punto di vista potremmo dire anche ‘eppure ve lo avevamo detto’. Lo andiamo dicendo da tempo che sono tante, troppe, le cose che non vanno. E scusateci se lo sottolineiamo, ma siamo rimasti tra i pochi a batterci con tenacia dentro questa macchina distruttiva, sempre più produttrice di ansie ed angosce e non di saperi, che è l’università italiana. E lo abbiamo fatto senza mai soffrire di sindrome da reducismo. Certo qualcuno lo abbiamo incontrato, con tanti non sono mancate reciprocità. Senza dubbio però mai abbiamo visto emergere una vera volontà di uscire dalla cappa asfissiante che si vive nelle aule universitarie, dall’assenza di dibattito critico. Abbiamo visto lasciar correre, sempre più spesso, sugli attacchi mossi contro gli spazi di dissenso degli studenti e delle studentesse. Grazie al silenzio (non il nostro) sull’applicazione del Codice Etico siamo arrivati alla situazione in cui, in un anno, sono caduti a pioggia sanzioni e sospensioni per chi ha protestato contro l’università. Proprio in questi giorni, infatti, stanno arrivando diversi, nuovi, procedimenti nei confronti di chi l’8 e il 9 febbraio ha manifestato contro l’installazione dei tornelli nella biblioteca del 36 di via Zamboni. Ma anche su questo vogliamo guardare avanti: ripartiamo dalla solidarietà che comunque si è data. E poiché, probabilmente, anche nei prossimi mesi ce ne sarà bisogno, ci auguriamo che sempre di più si allarghi il fronte dei docenti solidali che permettono agli studenti sospesi di sostenere ugualmente l’esame. Lo si potrebbe leggere anche come monito: si sa che certi meccanismi vengono sperimentati sui piani più bassi ma sono pronti a colpire anche altri. E’ buono tenerlo a mente, soprattutto quando ci si appresta a far emergere il dissenso, come in questo caso”.
“E tornando allo sciopero – continua il Cua – lo ha scritto bene il Cua di Pisa: che questa iniziativa non nasce per noi lo sappiamo. E non nasce, probabilmente, nemmeno per amore dell’università. Ma non possiamo che essere contenti che anche altri vogliano, almeno per un momento, bloccare un sistema pensato e costruito contro di noi, contro le nostre vite. Su un livello più alto della governance si aprono delle contraddizioni. A dimostrazione che per chi governa le università italiane il terreno non è affatto liscio. A noi il compito di esasperarle. E a contraddizione aggiungere contraddizione. Il piatto piange: c’è il blocco agli scatti stipendiali dei docenti e c’è tanto altro ancora. Che nell’Ateneo bolognese ci siano tutta una serie di problematiche legate alla mancanza di fondi per il diritto allo studio e il welfare lo diciamo da tanto tempo. E allora noi ci siamo e ci saremo. Pronti a mettere il ‘carico da 11′: sulla mensa più cara d’Italia, sugli spazi e sulle biblioteche, su servizi e welfare, sui ritmi di studio e sui saperi. E ci sembra che la forza non ci manchi affatto. Questa volta non possiamo non convenire: bloccare questa macchina per metterne in discussione il funzionamento, per trasformarla. E’ questa la necessità”.
Conclude il collettivo: “L’ultimo pensiero lo dedichiamo ai nostri colleghi, ai tanti studenti e alle tante studentesse che abbiamo incrociato in queste ore, molti di quali ci hanno espresso la loro preoccupazione: non viviamo questo evento come l’ennesima occasione di ansie ed angosce, ma come spazio di possibilità. Qui non può risolversi tutto nella speranza che non salti un appello. Oggi c’è l’ansia per l’esame posticipato, domani ci sarà l’angoscia per lo stage non retribuito e poi di nuovo l’ansia per il contratto rinnovato di 3 mesi in 3 mesi per un lavoro di merda e poi ancora l’angoscia per non avere i soldi per il concerto a cui tenevo tanto o per l’aperitivo con gli amici. Insomma, non è un esame in più o meno che ci sottrarrà a questo ciclo opprimente in cui siamo attanagliati, alle condizioni di vita imposte che prima ancora del futuro già ci negano il presente. Allora qui c’è bisogno di una cesura, di un taglio netto. Come dicevamo prima, di bloccare per trasformare radicalmente. E ogni contraddizione che si apre può essere occasione. Cogliamola! Noi ci siamo, ci siamo sempre stati. Ci vediamo in strada, nelle aule, nelle biblioteche, e perchè no, a ricevimento…”.