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All’hub di via Mattei arrivano i migranti di Cona

Ad accoglierli un presidio solidale: “Trasferimento serve a potenziare il controllo nei centri”. Sulla vicenda del cpa veneto intervengono anche Tpo e Làbas: “Luoghi così non devono esistere”. Forza Italia cavalca l’allarme sociale e annuncia manifestazione.

04 Gennaio 2017 - 20:28

Pullman in partenza da Cona (foto twitter @MeltingPotEu)E’ finito al tramonto il viaggio di un bus proveniente da Cona, nel veneziano, con a bordo alcune decine delle persone che vivevano al Cpa di Cona. Il trasferimento in Emilia è stato deciso dal Viminale, dopo la lunga nottata di tensione che ha vissuto il centro nel veneziano a seguito della morte di una venticinquenne originaria della Costa d’Avorio, ritenuta conseguenza del ritardo nei soccorsi.

Ad accoglierli in presidio all’esterno dell’ex caserma Chiarini alcuni manifestanti che reggevano lo striscione “Non siete soli, solidali con chi si ribella”. Raccontano nel comunicato a firma “alcune/i solidali” inviato a Zeroincondotta: “Prima dell’arrivo dei pullman provenienti da Cona l’hub ha provveduto a svuotare parte della struttura”, infatti “sono arrivati mezzi da ogni provincia della regione” per smistare in altre strutture parte delle persone ospitate all’ex Cie.

“È evidente – prosegue la nota – che il trasferimento disposto dal Ministro Minniti non è la soluzione, bensì uno strumento per potenziare il controllo all’interno dei centri. Ancora una volta, infatti, è a partire da un episodio tragico come la morte di Sandrine che i media puntano i riflettori sull’accoglienza e le istituzioni sbandierano soluzioni di facciata. Trasferimenti, deportazioni, abusi e violenze sono all’ordine del giorno anche quando le telecamere sono spente. Perché nessuna soluzione è possibile nel sistema di accoglienza. Un sistema che giorno dopo giorno da un lato genera lucrosi business per cooperative ed imprese private, dietro la facciata umanitaria, e dall’altro produce controllo sociale e limita la libertà di chi ha scelto di migrare. Alle loro soluzioni possiamo rispondere solo con la nostra solidarietà a chi si ribella. Anche se in poche/i oggi l’abbiamo fatto e continueremo a farlo. Che la solidarietà si diffonda!”.

Sulla vicenda, in mattinata, erano intervenuti anche Tpo e Làbas: “Il centro d’accoglienza di Cona è un uno spazio ricavato all’interno della ex base missilistica del paese. E’ un’isola di confinamento in mezzo ad un mare di odio che da mesi si abbatte sui migranti che sono stati ricollocati nei pochi comuni del Veneto che hanno scelto di collaborare con il piano nazionale di accoglienza, in attesa del riconoscimento dell’asilo politico. La struttura di Cona dovrebbe essere finalizzata all’accoglienza di quelle donne e quegli uomini liberi che, sulla base delle convenzioni internazionali, dopo mesi di viaggio hanno diritto a cure mediche, a percorsi di inserimento sociale e lavorativo, a un luogo confortevole dove riprogettare la propria vita”.

“Nella realtà dei fatti però – scrivono i centri sociali – Cona non è altro che la rappresentazione di come è intesa l’accoglienza in gran parte dei comuni italiani: non come l’occasione per sperimentare efficaci meccanismi di integrazione, ma come contesa di appalti milionari (a discapito della qualità della vita degli ospiti) e fabbrica di marginalità e degradazione umana. In altre parole un prolungamento delle frontiere respingenti che hanno dovuto attraversare nel viaggio verso l’Europa. Luoghi tramite i quali il soggetto migrante viene fatto percepire come un problema in modo tale da far calare un velo di silenzio e legittimazione sulla discrezionalità e l’indecenza della gestione dei centri d’accoglienza. In questo contesto è morta Sandrine Bakayoko, una ragazza di 25 anni ‘colpevole’ del reato di essere nata in Costa d’Avorio. Una ragazza da giorni sofferente e che, trovata priva di sensi, ha dovuto aspettare un’ambulanza per troppo tempo prima di essere soccorsa. E’ morta nel bagno fatiscente di quel centro che non ha neanche uno statuto giuridico (non è un cas, né un hub, ma una struttura temporanea come i diritti di chi vi è ospitato), un luogo senza diritti che diversi osservatori avevano già denunciato per la poca igiene, per la mancanza di assistenza sanitaria e l’assenza di tutela alla dignità personale. Non possiamo stupirci se qualche ora dopo la rabbia di chi vive nelle stesse condizioni di Sandrine e l’ha vista morire da sola è esplosa. Luoghi del genere non devono esistere. La gestione approssimativa, lo sfruttamento affaristico delle risorse, la costante etichetta apposta sui corpi dei migranti tale da identificarli come un pericolo ed un problema non può che generare luoghi di esclusione e tensione dove questi episodi diventano la doloroso testimonianza del razzismo istituzionale che li produce e alimenta”.

Si legge in conclusione: “Davanti a fatti e dinamiche così allarmanti l’indirizzo politico su scala nazionale ufficializzato pochi giorni fa dal ministro Minniti è quello di istituire nuovamente i centri di identificazione ed espulsione in ogni regione italiana, anche in quelle città dove erano stati chiusi sotto la spinta dei movimenti e delle rivolte dei detenuti, esasperati dalla barbarie della detenzione amministrativa. Bisogna ribellarsi contro questo razzismo ammantato di legalità e sicurezza. E’ sempre più necessario dar voce a quel pezzo significativo di società che non intende accettare il ritorno dei Cie e che non rinuncia a costruire percorsi di cittadinanza e di accoglienza degna nelle città, molto più sostenibili della paura, della guerra tra poveri, del razzismo istituzionale”.

Intanto, cerca di cavalcare la situazione il centrodestra cittadino, con Forza Italia che definisce “scellerata” la decisione di trasferire i migranti all’hub bolognese e annunciando un presidio in via Mattei per sabato mattina.