Azione comunicativa di Hobo: “Enorme cattedrale del consumo, inaccessibile nei prezzi per qualsiasi studentessa o lavoratore dello stesso Fico”. Dal collettivo, inoltre, solidarietà a Sara e Orlando.
“Vivere a Bologna non è Fico! Dopo la contestazione dell’altro giorno alla Coop Ambasciatori, oggi siamo entrati a Fico, l’altro pezzo bolognese dell’impero Farinetti&co”. Lo riferisce Hobo, aggiungendo: “Appena arrivati, ci siamo trovati davanti un panorama desolante: nessuna traccia del chiacchierato ‘gioiello’ pubblicizzato dal Pd e dagli amici di Farinetti, solo un enorme e grigio parcheggio vuoto e neanche terminato. Alla faccia dei milioni di euro pubblici utilizzati! All’interno, salta all’occhio l’inutile grandiosità del progetto architettato per favorire la cultura agricola e gastronomica italiana: nient’altro che un grosso supermercato a cielo aperto, un enorme cattedrale del consumo, non-luogo simile ad un aeroporto, inaccessibile nei prezzi per qualsiasi studentessa o lavoratore dello stesso Fico”. L’azione di oggi è così servita “a disvelare proprio questo inganno, a mostrare cosa è realmente Fico: l’esempio della città invivibile che provano a costruirci intorno, fatta dai Farinetti di turno che ci sfruttano per ingrassare le loro pance e i loro portafogli, mentre chi non è disponibile ad accettare lavoretti di merda pagati male viene etichettato come sdraiato, bamboccione. Tanti lavoratori e lavoratrici presenti hanno espresso solidarietà e mostrato interesse per le nostre parole, accettando i nostri volantini e chiacchierando con noi, segno che queste condizioni di lavoro e di vita che ci impongono non vengono più sopportate. Gli stessi clienti hanno espresso il disappunto per questa grande opera. Allora sfruttatori del Pd, Farinetti e imprenditori del nulla, state sereni: la terra inizia a tremare sotto i vostri piedi!”.
Sempre Hobo, intanto, esprime solidarietà a Sara e Orlando per le condanne arrivate ieri: “Quel 10 febbraio tutte le studentesse e tutti gli studenti che attraversavano la biblioteca del 36, sono scese/i in piazza con determinazione, mostrando al rettore Ubertini che le sue imposizioni e la sua politica universitaria fatta di carte bollate e di chiusura di biblioteche e di spazi, di sospensioni e di polizia in università, non potevano passare indisturbate. Quei giorni hanno mostrato la forza di un possibile movimento a venire, che riaprendo la biblioteca e scendendo in piazza giorno dopo giorno, aveva creato uno spazio di possibilità generalizzabile a tutto il corpo studentesco, minando le sicurezze dell’amministrazione universitaria. Ora arrivano le condanne per Sara e Orlando, già sottoposti precedentemente a domiciliari. Rispettivamente un anno e un mese, e un anno. In quei giorni a difesa del 36 c’eravamo tutt*, attaccando colpo su colpo! Sara e Orlando liberi subito!”.