Attualità

Ungheria / Tre attivisti di Làbas a Röszke per raccontare la caccia al migrante [video]

Arrivati ai confini est d’Europa con una carovana internazionale, sono testimoni di una notte di alta tensione in un campo profughi pieno all’inverosimile: cariche, lacrimogeni, camion e auto perquisite una a una.

08 Settembre 2015 - 10:26

Campo profughi di Röszke, 7 settembre 2015 (foto fb Làbas)Lacrimogeni, cariche per frenare ogni tentativo di fuga, una caccia al migrante macchina per macchina, tir per tir. E’ quanto è avvenuto ieri sera al campo profughi di Röszke, in Ungheria, a ridosso del confine serbo. A testimoniare gli eventi, tre ragazzi partiti da Bologna: Dejton, Francesca e Stefano.

Sono attivisti del centro sociale Làbas, e da domenica sono in viaggio ai confini est dell’Europa: “Un’Europa che non sarà più la stessa, la storia si è messa in cammino con una straordinaria marcia di dignità, e noi vogliamo camminare insieme a essa”. Questa la premessa, messa nero su bianco nel primo degli aggiornamenti diffusi dai tre sul profilo facebook dello spazio di via Orfeo.

Prendono parte alla carovana #RefugeeConvoy “nata da una campagna virale sui social network austriaci e non solo”, scrivono. “Assieme a circa 200 auto siamo andati verso il confine ungherese – è il racconto di domenica – per disobbedire all’ordine del governo ultranazionalista di non portare solidarietà ai migranti che in centinaia giungono ora dopo ora nei pressi della frontiera. Siamo riusciti a passare dopo un tentativo di blocco e nonostante circolasse la voce, ancora non smentita, di alcuni arresti eseguiti verso Budapest. Seppur testimoniamo che in Ungheria i siriani, a cui è stata promessa protezione dalla Germania, vengono messi nei treni diretti a Vienna e successivamente a Monaco (entrambe città in cui troverebbero un’ assistenza completa), a molti altri sembra che sia riservato un trattamento diverso. Ci riferiamo alle reclusioni in campi profughi e a tratti di frontiera preclusi al passaggio, uno dei quali da noi fotografato a distanza. Al momento questa imponente carovana sta cercando di intercettare un gruppo di qualche centinaia di migranti in cammino lungo una strada nei pressi di Gyor. Le frontiere interne ed esterne, comprese quelle normative, di questo pezzo di Europa si stanno sgretolando sotto i colpi di un movimento che ne sta cambiando irreversibilmente la costituzione materiale”.

La giornata di domenica “si conclude alla stazione di Budapest, ripulita e organizzata (soprattutto dai volontari) dopo che per giorni migliaia di migranti sono stati abbandonati a loro stessi, senza alcuna assistenza. La notizia del convoglio di quasi 200 auto con cui siamo partiti da Vienna sino a Budapest ha fatto il giro del mondo, facendo emergere la straordinaria determinazione politica e solidaristica di un pezzo di Europa in cui ci riconosciamo. Molte di queste auto sono riuscite a trasportare i migranti dall’Ungheria all’Austria, praticando un obiettivo concreto nonostante il rischio di essere arrestati. Eppure la contraddizione fondamentale del dibattito in corso nel continente rimane in campo: i paesi che stanno decidendo di accogliere, Germania in testa, lo fanno accettando che i migranti in fuga attraversino ogni rischio per la propria vita, in mano agli schiavisti e trafficanti, o ai governi ultranazionalisti, a campi profughi disumani. Una sorta di sfida su cui si gioca la ricompensa dello status di essere umano”.

Lunedì mattina “alla stazione di Budapest abbiamo trovato la situazone ancor più ‘normalizzata’. Solo poche decine di migranti, in prevalenza afgani, sono ancora accampati e aiutati dai volontari locali. Ora siamo già a due passi da Röszke‬, località al confine serbo, notoriamente teatro di duri scontri tra polizia e migranti nelle scorse settimane. Qui c’è un campo profughi, una delle nostre mete. Da qualche giorno la Serbia fa passare tutti, come ci racconta Aarman e un pezzo della sua famiglia (degli altri non si hanno notizie, scomparsi alla frontiera turca). Li abbiamo incontrati in un distributore di benzina e abbiamo atteso che i passeur, al prezzo di 100 euro a persona, li caricassero in macchina verso Budapest.Vengono dalla Siria, sono partiti due mesi fa passando a piedi, con un figlio in stampelle e un altro di appena tre mesi di vita, per l’Iraq, la Turchia, la Grecia, la Macedonia e la Serbia. Il punto è questo: l’apertura della Germania e dell’Austria ha creato una psicosi e una fretta di muoversi, e il cambio di rotta dichiarato dalla Merkel e da Orban in queste ore (la prima per fare pressioni in vista del vertice europeo, il secondo per mantenere il consenso interno) può alimentare la corsa alla frontiera prima che si chiuda di nuovo.”

Il tempo di arrivare a Röszke, tuttavia, ed ecco palesarsi lo scenario peggiore: “Improvvisamente la situazione al campo profughi‬ degenera – scrivevano gli attivisti intorno alle 19.30 di ieri sera – in mezz’ora arrivano migliaia di profughi con i bus. La polizia ha cercato di bloccare la fuga sull’Autostrada con i lacrimogeni e cariche. Il campo è saturo ed afgani, bengalesi e siriani montano le tende fuori sotto l’occhio della polizia. ‘Questa è Guantanamo – dice Milat – io non ci voglio entrare'”.

Poco più di un’ora dopo “migliaia di persone, soprattutto bambini, sono stati attaccati da polizia con lacrimogeni e ora stanno avvenendo perquisizioni di macchine e tir in cerca di migranti”.

A mezzanotte c’è il tempo di una cronaca più dettagliata: “Non è facile raccontare le ultime ore che abbiamo vissuto qui a ‪#Roszke‬, alle porte della Serbia – spiegano Detjon, Francesca, Stefano – mentre scriviamo queste righe, molti migranti provano a scappare disperatamente dal campo profughi, inseguiti a piedi dalla polizia persino lungo l’autostrada. Arrivando nel primo pomeriggio qui al campo ne abbiamo notato immediatamente le pessime condizioni, i migranti ammassati sotto il sole, le tende non adeguate al freddo, i lavori di chiusura delle buche fatte dai migranti per scappare oltre il filo spinato. Eppure una situazione apparentemente controllata. Dirigendoci alla frontiera siamo andati lungo il noto muro di filo spinato voluto da Orban, macabramente arredato dai vestiti impigliati dei migranti nel tentativo di passarci attraverso. La polizia dà costantemente fuoco a questi resti per non lasciarne traccia. Giunti alla ferrovia ci siamo trovati un assembramento di siriani letteralmente rimbalzati dal campo al confine, privi del documento che le autorità dovrebbe lasciare loro per poter attraversare il paese”.

Infine, “tornati poi al campo tutte le tensioni dei giorni scorsi si sono materializzate ai nostri occhi: a centinaia di migranti raggruppati dalla parte serba era stato promesso un bus verso Budapest, ma questi bus invece li ha scaricati nei pressi del campo. Sentendosi ingannati, in blocco hanno tentato di forzare il cordone di polizia, che ha risposto a furia di manganellate, spray al peperoncino, qualche lacrimogeno a mano. I più fortunati sono scappati oltrepassando l’autostrada, tutti gli altri, in centinaia e centinaia, sono stati parcheggiati alle porte del campo, assolutamente insufficiente e inadeguato per contenerli tutti. Il buio ha ovviamente favorito i tentativi di scappare e, con un certo stupore, decine di ungheresi presenti in un’area di servizio hanno coperto questa fuga indicandone la direzione sbagliata alla polizia per poi deriderla vistosamente. Ci sembra che la confusione e i trattamenti differenziali siano il non-ordine delle cose. Con quale criterio molti siriani passano indisturbati (persino accompagnati dalla polizia stessa nei parcheggi dei trafficanti) e altri vivono da giorni recintati in un filo spinato? La frontiera non è aperta come dicono, e una possibile chiusura definitiva potrebbe rendere ancora più esplosiva la situazione. Migliaia di migranti nelle prossime ore forzeranno il confine, con ogni mezzo necessario. Noi stiamo con loro, per questo esodo costituente di una nuova Europa che queste marce spettacolari ne ridisegnano il volto. Per sempre, forse”.

> Il video diffuso ieri sera: