Attualità

Una mobilitazione nazionale contro il carcere

Riceviamo e pubblichiamo da Mezz’Ora d’Aria: “I detenuti chi chiedono di essere un loro microfono, impedendo in qualche modo all’indifferenza di assordarci, e all’isolamento di pietrificare definitivamente ogni forma di solidarietà”.

20 Settembre 2013 - 16:40

Di Mezz’Ora d’Aria

Spesso le parole si ripetono come fossero slogan e ci si dimentica che dietro a quelle parole ci sia in vero una realtà. Così: “di carcere si muore”, vecchio slogan, costante quanto atroce verità.
L’ultimo decesso è avvenuto proprio qui a Bologna, il 16 settembre, nel carcere della Dozza.
Nelle carceri Italiane però questa non è una questione eccezionale, ma una realtà viva e quotidiana. Nelle carceri giacciono rinchiuse delle persone con le loro vite, persone che tra le mura e nelle celle sopravvivono e muoiono.
Il noto problema del sovraffollamento non è che uno dei tanti problemi strutturali e sociali che soffocano la vita carcerata, e il nuovo piano carceri non fa che accentuare la differenziazione tra chi ha diritto a certi privilegi e chi no, continuando la politica della differenziazione inaugurata molti anni or sono ormai.

Ben lungi dal voler migliorare le condizioni di vita dei detenuti, il nuovo piano carceri prevede una riorganizzazione strutturale e geografica delle carceri che trova la sua giustificazione nel tentativo di risolvere il problema del sovraffollamento della popolazione detenuta e nello spingere ancora più all’estremo la differenziazione dei detenuti.
Il nuovo piano, infatti, prevede nuove carceri e l’ampliamento o la ristrutturazione di intere sezioni delle vecchie strutture. Non si pensa di ridurre la popolazione carceraria, si punta piuttosto a trovare più spazio per contenerla, per di più nella prospettiva che possa aumentare ulteriormente.
La differenziazione (ovvero la distinzione dei detenuti in base alla loro presunta pericolosità sociale, e alla loro “recuperabilità” ,all’utilità sociale e alla mansuetudine politica), invece, emerge dalla natura delle nuove sezioni o carceri.
Una differenziazione in stile quasi dantesco, a gironi infernali, e, più grossolanamente, a distinzione tra i “recuperabili” e gli “irrecuperabili”. Il sistema di ‘premi e punizioni’ interno alle carceri, che regna da anni, è stato istituito apposta per questo: per decidere chi è disposto ad adattare la propria dignità alle vessazioni che subisce all’interno di un carcere, e chi invece si ostina a voler tenere la testa alta e reagire ai soprusi.
Per dare un’idea di che cosa sta concretizzando il nuovo piano carceri dell’Italia, due esempi per tutti: il Polo Bolognese (che diventerà un polo detentivo a carattere universitario, quindi per i detenuti ‘recuperabili’) e il Polo Sardo (per i detenuti ‘irrecuperabili’).
In Sardegna infatti prende forma il cuore di questo progetto di “rinnovamento” delle strutture detentive: si ampliano vecchie prigioni, e se ne costruiscono di nuove. La costante è il filo conduttore della storia delle innumerevoli isole-prigione, topos che da sempre semplifica i tentativi di “eliminare i rei”. Un’isola-prigione è l’ideale per realizzare quel ‘lontano dagli occhi, lontano dal cuore’ in cui si vorrebbero seppellire i rinchiusi, un ulteriore superamento della strategica posizione fuori dalla città (o almeno in periferia). Lontano dal cuore dei parenti dei prigionieri, che già vivono anche loro una pena che sembra fine a se stessa, considerando che per incontrare i loro congiunti devono ottenere un colloquio, spostarsi a loro spese, affrontare attese snervanti e perquisizioni invadenti, magari a volte per poter vedere e parlare con loro solo attraverso un vetro e un citofono.
Significativo l’esempio del nuovo carcere di Bancali (provincia di Sassari), dove non si è nemmeno pensato a provvedere di mezzi pubblici per i parenti in visita.
Così oggi in Sardegna vengono costruite carceri nel mezzo del suo deserto, con una particolare attenzione alle sezioni di Alta Sorveglianza (As2) e di 41bis.

Davanti a tutto ciò, qualcuno ha deciso di reagire.
A maggio, un coordinamento di detenuti nato spontaneamente ha lanciato un appello per una mobilitazione anticarceraria nazionale.
La mobilitazione è iniziata martedì 10 settembre e terminerà il 30 settembre, con varie forme di protesta da parte dei detenuti che vi aderiscono. Come lo sciopero della fame, lo sciopero del carrello, battiture, stesura di lettere e comunicati a firma collettiva, e altre forme di protesta che preferiranno adottare i detenuti nelle varie carceri.
Partendo dalle condizioni disastrose delle carceri italiane, e non solo da quelle rilevate dai media e dalle commissioni ufficialmente riconosciute, ma soprattutto da quelle raccontate e vissute con l’esperienza diretta di chi in carcere ci (soprav)vive, questa mobilitazione si propone di denunciare e lottare in particolare, ma non solo, contro:
– le infime condizioni delle carceri (il sovraffollamento, le terribili condizioni igieniche e sanitarie e climatiche, le strutture fatiscenti, la mancanza di generi di prima necessità)
– le speculazioni economiche e politiche che infestano il carcere, permettendone e alimentandone l’esistenza
– lo sfruttamento del lavoro dei detenuti “lavoranti”
– i trattamenti inumani e gli abusi di ogni sorta che subiscono i detenuti
– tutte quelle forme di ‘tortura legalizzata’ a cui sono sottoposti gli internati nei regimi di 41bis, 14bis e Alta Sorveglianza (AS), quotidianamente uccisi, fisicamente e psicologicamente
Si richiede:
– l’abolizione di questi strumenti ‘degni della peggior dittatura’
– l’abolizione della legge Cirielli

I detenuti chiedono esplicitamente solidarietà e appoggio dall’esterno. Ci chiedono di essere un loro microfono, impedendo in qualche modo all’indifferenza di assordarci, e all’isolamento di pietrificare definitivamente ogni forma di solidarietà e comunicazione diretta tra persone, ci dicono proprio che “Il primo passo per spezzare queste catene è rompere il muro dell’indifferenza.
La solidarietà è un’arma, usiamola.”

 

> Il testo integrale dell’appello per la mobilitazione:

Proposta per una mobilitazione anticarceraria nazionale

Il “coordinamento dei detenuti” nato in maniera spontanea alla vigilia della manifestazione nazionale di Parma del 25 maggio 2013 è intenzionato a portare avanti la mobilitazione contro le condizioni disumane e tutte le barbarie del sistema penitenziario italiano.
La data del 25 maggio è stata un punto di svolta per le nostre lotte, sia dentro che fuori queste mura c’è stata una forte presa di coscienza e le tante testimonianze di solidarietà hanno riscaldato i nostri cuori e resi consapevoli di non poter restare indifferenti dinnanzi ad una situazione non più tollerabile, per la quale anche gli organi internazionali hanno condannato il nostro paese.
In concomitanza con lo sciopero di Parma più detenuti hanno intrapreso diverse forme di protesta come lo sciopero della fame, del carrello, battiture e raccolte di firme, ma le evidenti difficoltà di comunicazione hanno impedito una più ampia adesione. Questo non ci scoraggia, anzi, ci stimola a fare meglio e a impegnarci di più, perché siamo consapevoli, ora più che mai, che solo la lotta paga.
Abbiamo deciso pertanto di proclamare una mobilitazione nazionale per il mese di settembre, che avrà inizio il giorno 10 e fine il giorno 30 dello stesso mese.
E’ nostra intenzione far sentire la nostra voce e protestare contro la situazione esplosiva delle carceri italiane, la quale vede un sovraffollamento intollerabile con detenuti ammassati in celle lager, in condizioni igieniche e strutturali al limite dell’indecenza, speculazioni sui prezzi della mercede, sfruttamento vero e proprio nei confronti dei detenuti cosiddetti “lavoranti”, trattamenti inumani di ogni sorta, abusi di qualsiasi genere e troppo, troppo altro ancora.
Non possiamo inoltre esimerci dal protestare contro tutte quelle forme di tortura legalizzata in cui versano gli internati nei regimi di 41bis, 14bis e Alta Sorveglianza, che vengono quotidianamente uccisi, psicologicamente e fisicamente. Chiediamo quindi l’abolizione di questi strumenti degni della peggior dittatura e l’abolizione della legge Cirielli.
E’ bene precisare che noi, con questa forma di protesta estrema, non chiediamo sconti di pena o benefici, se arrivano serviranno ad alleviare le sofferenze di molti detenuti e ad impedire all’Italia di pagare multe salate, ma interventi concreti che mirino al rispetto dei diritti naturali dell’essere umano e dell’art. 27 della Costituzione.
Per la riuscita della mobilitazione invitiamo tutti i fratelli detenuti ad aderire allo sciopero, attuando dal 10 al 18 settembre lo sciopero della fame e dal 18 al 30 forme di protesta da loro concordate e ritenute più idonee (consigliamo anche la raccolta di firme e la stesura di comunicati). Inoltre, ci appelliamo a tutti i movimenti, singoli cittadini, famigliari dei detenuti, organizzazioni politiche e non di essere la nostra voce fuori da queste mura e quindi sostenere le nostre rivendicazioni, creando una rete solidale, informando quante più persone possibili, diffondendo in modo capillare questo comunicato e informazioni relative alla protesta; di valutare forme di lotta all’esterno delle carceri e l’organizzazione di un corteo nazionale.
Il primo passo per spezzare queste catene è rompere il muro dell’indifferenza.
La solidarietà è un’arma, usiamola.

(*) Chiediamo a tutti i detenuti che leggeranno questo comunicato di dare il massimo impegno e di ricopiare il testo spedendolo ai loro conoscenti detenuti in altre strutture.

> Alcuni link di riferimento 
per rimanere aggiornati sulla mobilitazione e sul carcere

Rete evasioni
Ristretti orizzonti
Cordatesa
Assemblea di lotta ‘Uniti contro la repressione
Associazione culturale Papillon-Rebibbia ONLUS (Bologna)
Uva Passa (Unione Volontari al Pratello ASSociazione d’Aiuto)