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Tagli ai servizi socio-sanitari, un altro caso: il Poliambulatorio Pilastro

Non si ferma la mannaia contro servizi essenziali alla popolazione più debole e disagiata. Avanti di questo passo, Bologna riceverà il premio “Attila” per la distruzione del welfare municipale.

14 Ottobre 2010 - 09:16

poUna volta è il Comune, una volta è l’ASP, una volta è l’ASL, la questione è sempre la stessa: tagli, diminuzioni, sospensioni, chiusure di servizi sociali essenziali per la popolazione.

Sempre e comunque in silenzio, senza nessuno che si prenda la briga di “rivendicare” la scelta; con la notizia che filtra perché gli utenti o gli operatori (lasciati abbandonati a se stessi) decidono di contattare qualcuno o perché qualche cittadino scrive una lettera ai giornali.

In questo caso parliamo del Poliambulatorio Pilastro, situato in via Pirandello 6/8. Si tratta di una struttura che, al suo interno, ospita tre Servizi: il Servizio Sociale Minori con 5 assistenti sociali; il Servizio Scolastico Educativo con 5 educatori professionali; il Servizio di Pediatria di Comunità con due medici e due assistenti sanitari, due logopediste e una psicologa dell’ètà evolutiva. Assistenti sociali ed educatori fanno capo al Comune di Bologna; medici, logopedisti, psicologi e asssitenti sanitari fanno capo all’ASL..

I sevizi sono molto specialistici e sono rivolti alla fascia della prima infanzia e della adolescenza, e  anche ai portatori di handicap. Le prestazioni sono erogate in una fascia oraria molto ampia: la struttura è attiva dal lunedi al venerdi, con apertura continuativa dalla mattina fino alle 19. Al venerdi il poliambulatorio chiude alle 14. Inoltre, mercoledì mattina è presente un’ostetrica.

Il lavoro svolto va a toccare situazioni estremamente delicate, come, ad esempio, le prese in carico di genitori per problematiche familiari (conflitti tra coppie che spesso richiedono l’intervento da parte del Tribunale dei Minori con provvedimenti di tutela), gli incontri cosi detti ‘protetti’ tra minori e genitori.

L’ubicazione del Servizio al Pilastro fa si che, in prevalenza, ci si occupi di persone che risiedono in questo territorio, ma sono anche molti gli utenti che provengono da altre zone del quartiere  San Donato. Per chi conosce le caratteristiche di questa parte di Bologna, è facile comprendere come esistano moltissime situazioni di forte disagio che si sono aggravate con la crisi. Gli operatori si trovano ad affrontare quotidianamente casi caricati di problemi derivanti da sfratti e dalla perdita del posto di lavoro.
Questioni molto delicate che richiedono, per essere trattate in maniera adeguata, ambienti ed organizzazioni del lavoro di cura idonee.

L’attività del servizio oggi viene messa in serio pericolo dall’idea dell’ASL di sospendere l’apertura del Poliambulatorio al pomeriggio. Secondo l’Azienda sanitaria, a causa di risparmi sul personale, non ci sarebbero l’usciere e il centralinista per garantire l’apertura della struttura.
La decisione sarebbe quella di tenere aperto solo alla mattina, con chiusura alle 14, creando disagi all’utenza che tutti possiamo immaginare.

I lavoratori del servizio avevano già vissuto  questa situazione durante l’estate, quando erano stati costretti a modificare i turni di lavoro per garantire la chiusura alle 14.  A loro era stata prospettata anche la possibilità, se volevano continuare la loro normale attività lavorativa, di aprire e chiudere la struttura oppure di spostarsi in un altro Poliambulatorio della città. Di fronte al rifiuto da parte dei lavoratori, l’ASL ha provveduto a rivolgersi a un’agenzia di vigilanza (la Coop Service) per effettuare la chiusura alle 18 (tutto questo con una spesa supplementare).

Oggi, si è tornati punto e a capo: l’ASL riparte all’attacco per ridimensionare tutta l’attività del servizio, mentre qualcuno, sciacquandosi la bocca continua a parlare, molto spesso a sproposito, di prevenzione, abbandono scolastico e sicurezza.

Sembrano lontani anni luce i tempi in cui in città si aprì un dibattito sul Pilastro, il quartiere “buco nero”, nato da un errore urbanistico, edilizio e sociale. Costruire un luogo separato – si diceva – rispetto al complesso urbanizzato non poteva che portare a una grave situazione di emarginazione dei suoi abitanti.
Si parlava dell’errore che l’amministrazione comunale commise agli inizi degli anni settanta, quando, appena fuori San Donato, decise di dar vita a una zona residenziale, prevalentemente a edilizia pubblica, dove vennero inseriti soprattutto lavoratori immigrati provenienti dal meridione.

Il Pilastro , nel corso degli anni, ha molto spesso “egemonizzato” le pagine dei giornali per episodi di cronaca nera e di criminalità anche molto gravi, ma la sua “diversità negativa” è stata in gran parte nella sensazione di accerchiamento e di separazione culturale in cui hanno vissuto i suoi abitanti, in primo luogo i giovani.
Dopo quella discussione pubblica il Comune di Bologna si “convinse”  di dover fare parecchio per cercare di recuperare agli errori iniziali. Il Pilastro divenne il primo quartiere di Bologna per strutture sanitarie e sportive in rapporto al numero degli abitanti.

Nell’ambito del Progetto Europeo Quartieri a Rischio, in città arrivò una Commissione del Governo francese per studiare gli interventi realizzati.
Per non farsi, mancare proprio nulla, il Comune sostenne anche l’apertura di un Laboratorio cinematografico per i ragazzi del Pilastro, chiamando i registi Enza Negroni e Renato De Maria. Negli anni successivi prosegirono le attività culturali e sociali con i laboratori di teatro e video.

Oggi, smantellando lentamente i servizi socio-sanitari, si cancella tutto il vaoro fatto in passato, si tratta solo di “lungimiranza commissariata” o di qualcosa di peggio?