Hanno cominciato a scriverla Banca Rotta e Diritti alla città insieme ad esperti, abitanti, gruppi formali e informali: “Uno strumento di democrazia partecipata mai usato prima a Bologna”, con l’obiettivo di “rispondere all’interesse generale di salvaguardia degli spazi pubblici e destinarli a esperienze in cui le persone possano essere protagoniste per percorrere insieme interessi collettivi”.
Una Delibera di iniziativa popolare “per restituire alla città di Bologna e a tutte le persone che l’attraversano, gli oltre 200 immobili cittadini chiusi, abbandonati o che si vogliono privatizzare, sottraendoli al beneficio di tutti”. E’ lo strumento messo in campo da Banca Rotta e Diritti alla città, che ieri hanno organizzato un workshop al fine di scrivere il documento con esperti, abitanti, gruppi formali e informali. Quello affrontato dalla delibera è “un problema percepito da molti come prioritario, ne è dimostrazione l’ampia partecipazione alle numerose iniziative che Diritti alla città e Banca Rotta hanno organizzato negli anni e che hanno raccolto interessi e supporto crescenti, travalicando anche i confini cittadini. Al seminario di ieri- raccontano le due realtà in un comunicato- hanno partecipato, abitanti di Bologna e esperti per proseguire la sperimentazione teorico-pratica sul tema degli spazi, eredità del lavoro svolto negli ultimi dieci anni da tante compagini che hanno dato vita a esperienze come il Comitato Esa per gli spazi autogestiti, o all’uso temporaneo proposto dall’associazione 20 Pietre. Un percorso che non si improvvisa, e che ci consente oggi di proporre la Delibera di iniziativa popolare, strumento di democrazia partecipata mai usato prima a Bologna e di lavorare assieme anche con le più avanzate realtà nazionali sul tema degli spazi pubblici e beni comuni. Erano presenti al seminario di ieri oltre trenta esperti e attivisti tra filosofi, sociologi del diritto, scienziati della politica, architetti, urbanisti, giuristi, ricercatori e docenti provenienti da diverse realtà italiane, dall’Osservatorio sui beni comuni e della Rete nazionale sui beni comuni emergenti. Hanno partecipato anche alcune nuove realtà di quelle che si stanno affacciando ora al tema degli spazi, grazie al dibattito riacceso nelle scorse settimane dal caso Banca Rotta. Diritti alla Citta e Banca Rotta hanno costruito uno spazio che rimane dinamico e aperto a raccogliere proposte e intelligenze collettive”.
La Delibera di iniziativa popolare, “che stiamo scrivendo con una vasta e reale partecipazione spontanea, darà l’occasione anche alla nostra città di innovarsi – seguendo il percorso già intrapreso da altre coraggiose città italiane – per rispondere ai bisogni e alle aspirazioni di quante e quanti attraversano lo spazio cittadino che non si riconoscono nei meri interessi di speculazione e di un turismo consumistico a cui risponde la città vetrina, che piega alle sue esigenze la città reale”, continua il comunicato: “La riflessione, lo studio e l’elaborazione dal basso della Delibera è un esercizio concreta di autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per rispondere all’interesse generale di salvaguardia degli spazi pubblici e destinarli degli stessi a esperienze in cui le persone possano essere protagoniste per percorrere insieme interessi collettivi, come previsto dall’Art. 118 della Costituzione. Allo stesso modo le occupazioni dei tanti spazi chiusi rimangono l’unico strumento in questa città difronte a un’amministrazione che non vuole facilitare, come gli impone la Costituzione, la diretta gestione dei cittadini per realizzare l’utilità collettiva. Un’amministrazione che preferisce tenere chiusi gli spazi pubblici, degradandoli e a volte addirittura rendendoli inagibili pur di impedirne l’utilizzo per finalità sociali che questa città avanza, sperperando anche le nostre risorse, come per l’immobile di Fioravanti 12 occupato da Banca Rotta dopo 13 anni in cui è rimasto vuoto, periodo durante il quale il comune ha pagato oltre 3.000 euro all’anno per il riscaldamento”.
Per questo Diritti alla città e Banca Rotta “esprimono pieno sostegno alla nuova occupazione di via Zago 1 a Bologna, in quanto espressione dell’enorme disagio per la mancanza di spazi. Se l’amministrazione non vuole occuparsi della questione e non vuole dare risposta, è nostro dovere di abitanti non rimanere inerti e agire. Ricordiamo a questa amministrazione che da anni abbiamo costruito percorsi e tavoli cittadini di riflessione sugli spazi, che la riflessione ha senso solo se coniugata alla volontà di aprire spazi per la socialità, la creatività, il mutualismo attraverso l’autogestione e che al dibattito l’unico grande assente è il Comune. Attivare pratiche democratiche e partecipative significa riconoscere le voci delle persone che da molti anni si occupano delle questioni e non inventarsi – calato dall’alto – artificiosi laboratori che poi non riescono nemmeno a dare seguito a quando scritto nei loro stessi intenti e bandi, come avvenuto per il laboratorio spazi lanciato da Fondazione Innovazione Urbana a cui Banca Rotta ha partecipato. La stesso regolamento sui Beni Comuni, che da anni sembra essere in revisione, sarà solo un’iniziativa calata dall’altro, e quindi totalmente in contrasto con l’oggetto, se non sarà frutto di una co-scrittura e risposta a istanze che da anni portiamo avanti. Ci vuole coraggio per avviare realmente dei cambiamenti, bisogna fare delle scelte e bisogna avere l’onestà politica di perseguirle, concretizzando l’assegnazione di spazi e non ostacolando la nascita dal basso di esperienze realmente partecipative, innovative e necessarie ai Beni comuni emergenti, nei tanti spazi pubblici abbandonati. Non c’è nessun motivo per non accogliere la proposta di dare uno spazio a chi vuole lavorare su questi temi, a cominciare dalla rete Banca Rotta e iniziare un autentico confronto politico sull’assegnazione, la gestione degli spazi in città capace di lottare contro la privatizzazione dell’enorme patrimonio pubblico oggi a rischio di estinzione”.