Stamp da Ventimiglia: “Incastrati” da una parte della frontiera “esseri umani che provengono da alcune delle regioni più povere del mondo”, dall’altra “l’1% che accumula ricchezze in modo spregiudicato”.
di Staffetta Stamp da Dinamopress
Il 21 luglio è iniziata la staffetta di Stamp a Ventimiglia, dove siamo impegnati nelle attività di monitoraggio e di supporto ai migranti. Il nostro lavoro si inserisce all’interno di un progetto più ampio organizzato dal collettivo 20k, già attivo da tempo sul territorio. Inoltre in collaborazione con l’infopoint Eufemia abbiamo attivato delle postazioni internet e stiamo realizzando servizi di orientamento legale. Le note che seguono non possono essere considerate conclusive, si tratta solo di appunti sparsi raccolti nella prima settimana di staffetta. Razionalizzare i pensieri e far sedimentare le impressioni non è attività di pochi giorni, per di più in un contesto straniante come il confine italo-francese, dove le consuete categorie di analisi non sono adeguate a mappare il reale. Tuttavia questo primo testo vuole essere un contributo all’analisi su due questioni a nostro parere decisive: da una parte l’applicazione effettiva del “governo delle migrazioni”, dall’altra la negazione della libertà di movimento, con le sue peculiarità e le sue efferatezze, inserita nel contesto di una più generale guerra ai poveri.
Ventimiglia può essere considerato un margine sistemico, nell’accezione data al termine da Saskia Sassen, cioè non è solo un confine inter-statale che separa due nazioni, ma è qualcosa di più. È un luogo di osservazione privilegiato dove le condizioni di vita e di governo sono estremizzate, e pertanto consente di guardare all’Europa che sarà. Nella cittadina ligure emergono chiaramente alcuni tratti del presente che nelle nostre città si possono solo percepire vagamente. Nella valle del Roja non bisogna adoperare nessuno sforzo di ingegno, è sufficiente camminare sotto i ponti del quartiere Gianchetta dove i migranti passano la nottata, visitare la fatiscente struttura della Croce Rossa oppure varcare i check point della frontiera. Tra le valli, i sentieri alpini, e gli scogli di Mentone si pratica quotidianamente la guerra ai poveri. Un conflitto che avviene al di fuori di un ordinamento legislativo chiaro. Il “campo di battaglia” in cui si svolge è un confine che nei trattati internazionali è stato abolito nel 1997 (Schengen), ma che oggi è presidiato costantemente dalla polizia francese in deroga agli accordi europei. Oggi la stessa area di frontiera non ha limiti territoriali e si può estendere fino a Nizza, da una parte, e a Cuneo, dall’altra, determinando un’area a sovranità speciale. A questo si aggiunga che gli strumenti di azione della polizia non sono disciplinati da una normativa chiara. In Francia dal giorno degli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 vige l’etat d’urgence, mentre in Italia dopo l’approvazione delle leggi Minniti-Orlando si possono emettere con facilità fogli di via per le persone indesiderate o, per questioni di “decoro”, espellere persone dai centri cittadini. Secondo il dossier pubblicato da Human Right Watch, i migranti subiscono quotidianamente violenze da parte della polizia francese che respinge circa un migliaio di persone a settimana. Nei dati in possesso dell’Ong i trasferimenti verso l’Italia dall’inizio di gennaio sono stati più di 27 mila. Qui il destino dei migranti non segue un’unica direzione, alcuni, come abbiamo già rilevato nella precedente staffetta a Taranto, sono “spediti” nell’hotspot della città pugliese, altri come abbiamo osservato in questi giorni vengono lasciati “liberi” alla frontiera, e fanno avanti e indietro tra questa e l’accampamento delle Gianchette.
Una delle principali attività di monitoraggio svolte a Ventimiglia durante la staffetta consiste nel viaggiare sul treno diretto a Cannes, lungo la linea ferroviaria che costeggia parte della Costa Azzurra. Sulle carrozze del regionale la mattina i migranti provano a varcare il confine, ma per loro il viaggio si interrompe subito. Alla stazione di Menton-Garavan salgono sul treno gruppi di Gendarmerie con l’ordine di far scendere chiunque abbia la pelle nera e, senza alcuna eccezione, vengono fermati anche minori e donne incinta, in aperta violazione dei trattati internazionali sui diritti dell’uomo. Le operazioni della polizia francese sono rapide e collaudate, in pochi minuti i migranti sono circondati dalle forze dell’ordine e portati nelle sale di attesa della stazione, successivamente respinti verso l’Italia. Per i passeggeri bianchi il viaggio prosegue. Nelle tappe successive di Montecarlo, Nizza, Antibes e infine Cannes la Gendarmerie smette di essere una presenza costante e i sedili ospitano soprattutto turisti giornalieri e lavoratori transfrontalieri. E dai finestrini vi vedono sfrecciare i mega yacht ormeggiati a Montecarlo: le ville galleggianti degli evasori fiscali. Anche loro migranti in fuga però non dalla povertà, dalla guerra ma dalle tasse. Per loro non c’è nessun dispiegamento di celere, camionette dei carabinieri e pattuglie della guardia di Finanza, i confini sono solo un ricordo del passato: liberi di depositare i capitali dove le le aliquote sono più basse.
Così in un fazzoletto di terra di pochi chilometri quadrati è riassunto tutto il nostro mondo. C’è l’Europa di oggi e forse anche di domani. Da una parte c’è l’1% che accumula ricchezze in modo spregiudicato, senza limitazioni di confini, depositando i capitali dove la tassazione è più agevolata. Dall’altra parte alle Gianchette, nella periferia di Ventimiglia, ci sono esseri umani che provengono da alcune delle regioni più povere del mondo, dal Darfur e dell’Africa. Loro vorrebbero semplicemente raggiungere i propri parenti e amici, o arrivare in un luogo dove realizzare i progetti di vita, ma rimangono incastrati su questa frontiera inesistente, ma reale, concreta, spietata. Ventimiglia è questo, un luogo dove in maniera disumana si attua la guerra ai poveri.