In via della Certosa 35 aperto “uno spazio autorganizzato e autogestito esclusivamente da donne, frocie, persone queer transfemministe, attraversabile da tutt*, anche da maschi eterocis”. Nel programma delle prime tre giornate di attività: pulizie, pranzi vegan, assemblea pubblica, dj-set e “pasquetta in sfamiglia”.
Nuova occupazione a Bologna: in via della Certosa 35 nasce Vivaia Tfq.”Siamo entrat* oggi in questo spazio abbandonato all’incuria da anni per restituire alla città un luogo di incontro, mutualismo, condivisione di saperi e socialità slegata dalle logiche del consumo e della produttività”, è l’annuncio dell’iniziativa, diffuso insieme al programma dei primi tre giorni di attività: oggi pulizie, pranzo vegan, assemblea pubblica e dj-set; domani colazione, pulizie e allestimento, pranzo vegan, karaoke stonato e musica; lunedì colazione, pulizie e socialità, “pasquetta in sfamiglia” e proiezione. Sempre dal comunicato: “Abbiamo aperto questo spazio perché nel presente complesso che viviamo essere transfemminist*, froc*, pover*, migranti, persone razzializzate, persone con disabilità, in generale soggettività dissidenti è sempre più difficile, soprattutto in questa città guidata da tempo da logiche di pink-, green- e rainbowashing che strumentalizzano le nostre vite e le nostre lotte. Per questo vogliamo costruirlo e autogestirlo insieme a persone come noi, che ne vivono le difficoltà e le contraddizioni. La Vivaia Tfq è uno spazio autorganizzato e autogestito esclusivamente da donne, frocie, persone queer transfemministe, attraversabile da tutt*, anche da maschi eterocis. Questa scelta nasce dal nostro bisogno e desiderio di costruire lo spazio per noi a partire da noi, uno spazio a cui tutte, tutt* e tutti potranno proporre attività o prenderne parte, tenendone presente i presupposti di base”.
Prosegue il comunicato: “Sentiamo il bisogno di un luogo per crescere tutt* insieme, nella cura e nell’ascolto reciproco, mettendoci in gioco nel quotidiano, scambiandoci saperi dal basso, uno spazio che sia un’autoformazione permanente dove immaginare altri futuri e strategie per sabotare l’esistente, dove riappropriarci delle tecniche e liberarle dalla strumentalizzazione capitalista e patriarcale. Dare vita a uno spazio transfemminista queer non vuol dire essere persone già completamente liberate, ma rigettare i dettami del sistema eterocispatriarcale partendo da noi e voler continuare a crescere in questa direzione. Vogliamo condividere collettivamente uno spazio in maniera alternativa: ci posizioniamo al di fuori delle leggi del mercato e delle logiche delle politiche istituzionali dello Stato, nucleo fondamentale di riproduzione patriarcale di ogni forma di autoritarismo. Siamo transfemministe queer, antifasciste, anticapitaliste, antirazziste, antiabiliste e antiproibizioniste. Vogliamo costruire una consultoria autogestita, laboratori popolari grautiti, spazi per crescere insieme tra bambin*, anzian* e persone di tutte le età, una cucina e un bar popolari, momenti d’incontro e tanto altro: ciò che ci preme è poter pensare insieme a come abitare il quartiere e come dare vita, tutt* insieme, alle attività che vogliamo. Se come dice Audre Lorde ‘Non possiamo distruggere la casa del padrone con gli strumenti del padrone’, vogliamo costruirci una casa nostra dove poter trovare assieme nuovi strumenti, un luogo di ascolto e sorellanza, dove i margini fisici, politici, sociali e immaginari diventino il centro. Rituali magici, pozioni, sabbah notturni, cinema sotto le stelle e tanta altra frocialità in uno spazio che vuole essere in contatto con ciò che lo circonda, il quartiere e chi lo vive. Vogliamo metterci in dialogo con chi ci sta attorno per animare questo luogo a partire dai bisogni di tutt*: incontriamoci, parliamoci e costruiamo insieme piccoli pezzi di mondi imprevisti all’altezza dei nostri desideri!”.
Spiegano poi da Vivaia Tfq: “Secondo i piani del Comune, ad oggi ben lontani da un avvio concreto, questo spazio dovrebbe essere adibito come ‘abitazioni singole permanenti e temporanee, bed and breakfast, affittacamere’. In una città in cui la speculazione sugli affitti, in particolare affitti brevi, compromette il quotidiano di molt* in un costante impoverimento collettivo, abbiamo deciso appena sarà possibile di rendere questa occupazione anche abitativa. Vogliamo stare in relazione con questo luogo, sottraendoci alle dinamiche di sfruttamento della biodiversità e consapevoli dei danni che la gentrificazione e la retorica della riqualificazione hanno portato anche alle aree verdi. Quando pensiamo a un luogo di cura, libertà e rigenerazione per tutt*, lo pensiamo anche affianco agli animali non umani e alla vegetazione che ci circonda, che come noi stanno subendo nell’indifferenza la cementificazione brutale della città e in generale le pesanti conseguenze del cambiamento climatico. Nell’ultimo decennio abbiamo visto un inasprimento repressivo che ha sottratto alla città socialità, possibilità di incontro, luoghi di elaborazione di sapere critico collettivo, spazi di mutualismo e resistenza. Un tentativo di riassetto urbano progettato meticolosamente negli anni. Dal 2016 in poi abbiamo assistito al crescente protagonismo della Fondazione Innovazione Urbana, incaricata formalmente di progettare e orientare i cosiddetti percorsi collaborativi, diventando il baluardo progressista del governo della città. Le proposte offerte dal Comune prevedono un rigido controllo delle progettualità e una forte competizione per la cessione degli spazi, in una dinamica fortemente escludente. Come se non bastasse, questo processo dall’alto crea una forte ricattabilità tale per cui il Comune accede preventivamente al lavoro collettivo delle realtà che partecipano, le quali troppo spesso si devono poi sentir dire dallo stesso che i fondi stanziati non bastano. In questa retorica di ‘finta partecipazione’ è ben facile scovare l’intento di sottrarre sempre più spazio di agibilità politica a tutt* coloro che desiderano un modello alternativo ed autentico di partecipazione dal basso, non competitivo, accessibile in tutti i sensi e che rispecchi davvero i bisogni di chi questa città la vive. Rifiutiamo questa ‘finta partecipazione’ richiesta dall’alto, rilanciando un’autogestione dal basso, fatta di cura, ascolto, sperimentazione e orizzontalità. Non vogliamo erogare servizi in maniera assistenziale, ma costruire e condividere strumenti, eventi e attività che rispondano ai nostri bisogni e a quelli di chi ci circonda. Ci siamo immaginat* di aprire presto uno spazio bimb*, per sollevare tutte quelle persone che quotidianamente sono impegnate nel lavoro di cura, ancora troppo spesso invisibilizzato; un’aula studio libera dalle logiche dell’accademia, un infopoint ricco di materiali sulla gentrificazione cittadina,sull’IVG, sui percorsi di fuoriuscita dalla violenza; di creare momenti di autocoscienza, laboratori di serigrafia, un orto popolare, letture collettive, ma anche musica, aperitivi, performance e serate kinkfriendly”.
E ancora: “Sappiamo bene che nei contesti di attivismo e socialità frocia transfemminista che viviamo sono spesso presenti alcol e droghe. Ci autodefiniamo uno spazio antiproibizionista perchè riscontriamo ancora oggi un forte stigma su coloro che consumano queste sostanze, che si manifesta soprattutto nei pochi ‘luoghi del divertimento’ rimasti in questa città. Avere uno spazio autogestito non proibizionista, dove l’uso di sostanze non viene stigmatizzato, uno spazio dove poter usare sostanze in modo consapevole e non autodistruttivo, non deve confondersi con l’incentivo al consumo e all’estetica di droga e alcol. Lo spazio che desideriamo costruire è capace di essere accogliente e piacevole a prescindere dal tipo di rapporto che si ha con le sostanze, anche per chi ha con esse un rapporto problematico o in generale non consuma. In questo senso cercare di lavorare assieme alle realtà che fanno riduzione del danno dal basso ci sembra importantissimo sia come autoformazione che a livello politico e di condivisione di pratiche di cura”.
La Vivaia é “uno spazio autogestito ed autorganizzato dove nessuna forma di violenza e discriminazione é tollerata. Come transfemministe- continua il documento- sappiamo bene che la violenza patriarcale é sistemica, multidimensionale e attraversa le nostre vite in tanti modi diversi. Proprio per questo, siamo consapevoli del fatto che non esistono spazi completamente safe e liberati da ogni forma di violenza. Ci impegnamo quindi collettivamente a creare uno spazio il piú sicuro ed accogliente possibile, che possa essere attraversato da tutt*, dove discutere ed immaginare insieme, strategie di autodifesa per autodeterminare le nostre vite. Alla Vivaia sarà possibile trovare materiale informativo e contatti dei Cav (centri antiviolenza) attivi sul territorio che supportano i percorsi di uscita dalla violenza. Sappiamo che la lotta alla violenza eterocispatriarcale è quotidiana. Le basi da cui vogliamo partire nella gestione di questo spazio sono l’osservazione consapevole delle dinamiche relazionali di chi ci circonda, del linguaggio verbale, non verbale e del corpo che utilizziamo, l’ascolto e il supporto di chi ha vissuto qualsiasi tipo di violenza o molestia, dando spazio a emozioni e sensazioni senza sminuirle o giudicarle. Desideriamo costruire e condividere pratiche per individuare le dinamiche di potere più sottili e assodate del quotidiano, per metterle in costante discussione e ribaltarle! Il consenso è il principio guida della nostra pratica politica e delle nostre relazioni e vogliamo che venga rispettato in ogni contesto”.
Queste sono quindi “le prime basi per fare della Vivaia un luogo safer, inteso non solo come spazio di cura e vicinanza, ma anche come luogo per diventare più forti insieme, dove imparare a dire no, ad agire, ad abbattere tabù, stereotipi e pregiudizi. E come la vegetazione libera e rigogliosa che ci circonda, cresciuta negli anni nonostante tutto, la Vivaia Tfq è arrivata oggi per prendersi spazio! Organizziamoci insieme, immaginiamo altri modi di vivere in cui bisogni e desideri siano al centro, mostriamoci con tutta la nostra energia e bellezza e coi nostri corpi. La Vivaia tfq è arrivata e non potrai più farne a meno! No machi, no fasci, no sbirri, no omolesbotransfobia, no sessismo, no abilismo, no razzismo”.