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Murale cancellato, ma in via Zamboni “il colore tornerà”

“Per esprimere solidarietà, voglia di autogestione e prendere posizione”, promette il Cua dopo la rimozione del messaggio in sostegno del Rojava da una parete della zona universitaria: “Comune e Ateneo di nuovo a braccetto, di soppiatto, per zittire gli studenti”.

03 Gennaio 2020 - 17:47

“L’amministrazione comunale e l’Unibo agiscono di nuovo a braccetto per cercare di annichilire la zona universitaria, per rendere quei muri ‘puliti’ e quindi appetibili a certi canoni estetici e poter candidare i portici a patrimonio dell’ Unesco. Questo interessa loro, investire, fare affari, non di certo il bisogno di esprimersi esternato da sempre da chi vive e compone la zona uni, non a caso la ritinteggiatura è stata fatta a cavallo delle feste, quando ci sono ben poche persone in giro” e quindi “di soppiatto”. Così scrive il Cua dopo la cancellazione del murale per il Rojava in via Zamboni. “L’operazione che da anni stanno cercando di compiere su un simbolo del cuore universitario come via Zamboni è quella di renderla un luogo monocromatico e asettico, dove transitare e basta tra una lezione e l’altra, sbrigandosi per riuscire a trovare posto in aule che non riescono nemmeno a contenere chi vorrebbe seguire i corsi. Ma per le governance il miglior modo di agire è quello di investire sull’immagine, perché interessa far fruttare il turismo, non di certo ascoltare i bisogni degli/delle/* student*, che devono invece essere dei numeri sui registri degli incassi e niente di più; non è permesso loro esprimersi, tanto meno prendere posizioni critiche”.

Continua il collettivo: “Per questo l’Università preferisce fare azioni di questo tipo piuttosto che rendere agibili i numerosissimi luoghi vuoti, dare spazi di aggregazione, creare momenti per parlare delle dirimenti questioni che stanno attraversando la nostra epoca e di cui si sente il bisogno di confrontarsi come la crisi climatica, la Rivoluzione Confederale della Siria del Nord e dell’Est che è sotto l’ attacco delle truppe turco-jhiadiste, il transfemminismo e la lotta al patriarcato e tutte le contraddizioni del capitalismo, per questo si imbiancano i muri: per zittire, per ‘ripulire’ da tematiche, come quelle che erano espresse dai murales, che non vanno sicuramente d’accordo col modo di comportarsi dell’università. Ma quel colore che voi chiamate sporco che racconta di lotte, di antifascismo, di riappropriazione e difesa della libertà non si fermerà di certo e tornerà ad esprimere la solidarietà, la voglia di autogestirsi e prendere posizione e la necessità di vivere gli spazi a misura dei propri bisogni e desideri!”.