Dopo l’accordo tra Gentiloni e il premier di Tripoli al-Sarraj, tutti i governi europei si schierano per il rafforzamento dei pattugliamenti in mare e il rimpatrio di chi cerca di partire dalla costa africana.
Da oggi per i migranti che partono dalle coste africane l’ingresso in Europa sarà ancora più difficile. A rendere più faticoso il progetto di vita dei migranti è stato il Consiglio europeo che con un documento ha stabilito la fine delle partenze dalle coste libiche e la chiusura definitiva di questa rotta nel Mediterraneo.
La decisione che è arrivata al termine del summit informale di Malta, è stata accolta da tutti i 28 capi di stato e di governo dell’Unione europea che insieme hanno deciso di replicare il “modello Turchia” anche nel Mediterraneo: chiudere una rotta, bloccare i migranti in un paese terzo politicamente instabile, e agevolarne le pratiche di rimpatrio. Una strategia per la quale il governo Gentiloni e il ministro degli Interni Minniti hanno assunto un ruolo fondamentale nelle ultime settimane. A livello comunitario nulla sarebbe potuto accadere senza l’accordo firmato ventiquattr’ore prima dall’Italia con M. Fayez al-Sarraj.
“L’Europa ha dimostrato la sua capacità di arrestare le rotte migranti irregolari, così come abbiamo fatto nel Mediterraneo orientale. Abbiamo discusso dell’esempio della cooperazione con la Turchia e degli altri paesi della regione. E’ tempo di fermare la rotta tra l’Italia e la Libia” era stata la dichiarazione del presidente del Consiglio Ue Donald Tusk già a colloquio con il primo ministro libico.
Come si legge nel documento, il piano d’azione stilato a Malta prevede anzitutto un nuovo equipaggiamento della guardia costiera di Tripoli per le operazioni di pattugliamento sulle coste e il sostegno “per intensificare in maniera significativa le attività di rimpatrio volontario assistito”. Nell’odiosa classificazione tra migranti regolari e irregolari sulla base delle norme comunitarie rimane ancora ignoto come le autorità libiche procederanno alla selezione degli aventi diritto alla protezione da rifugiato.
Sebbene tra le intenzioni rese note dai 28 ci sia la lotta ai trafficanti, è chiaro che una strategia di questo tipo ha anzitutto come obiettivo impedire le partenze ed evitare nuovi ingressi in Italia e in Europa. In un sistema al collasso con le quote migranti prima volute e poi non applicate dai governi, trattenere in Libia chi vuole lasciare il proprio paese diventa la soluzione più facile per risolvere il problema dell’accoglienza.
Per rendere operativo il piano è stato stanziato un finanziamento di 200 milioni di euro per il progetto Libia, una cifra minima che si aggiunge al Fondo fiduciario dell’Ue per l’Africa di 1,8 miliardi di euro già stabiliti nei mesi precedenti per tutto il continente africano.