Sui social il ricercatore, che continua a non poter tornare a Bologna, racconta l’angoscia di ritrovarsi ogni volta in tribunale rievocando i 22 mesi di detenzione: “Non esci mai dalla tua prigione”.
Prosegue lo stillicidio inferto dalla giustizia egiziana a Patrick Zaki, arrestato al Cairo il 6 febbraio 2020 all’atterraggio del suo volo da Bologna, detenuto fino all’8 dicembre 2021, e ancora costretto a non lasciare l’Egitto mentre il procedimento penale aperto a Mansoura per “diffusione di false notizie” resta di fatto congelato, di rinvio in rinvio: solo nell’ultimo anno, dal 1 febbraio al 5 aprile, poi al 21 giugno, al 27 settembre, a oggi e ora al 28 febbraio.
In un post pubblicato nelle ore precedenti su Facebook, Patrick raccontava quanto sia angosciante ogni volta tornare a Mansoura e rievocare la lunga detenzione: “Non esci mai dalla tua prigione, anche se esci dalle sue mura, la prigione rimarrà dentro di te per molto tempo, accompagnandoti nel resto del tuo viaggio. Praticando qualsiasi attività gioiosa, tornano i ricordi e l’ansia di ciò che è accaduto ti accompagna, spegne la tua gioia, riporta alla mente la lunga notte all’interno della prigione”.
“Sono grato a tutti gli amici per il loro infinito supporto, ad ogni sessione ricevo un’enorme quantità di supporto e messaggi d’amore che mi fanno sentire che non sono solo in questa pesante esperienza e mi danno la speranza che possa accadere presto qualcosa di buono. Infine, spero che questo incubo finisca presto e che io possa tornare normalmente ai miei studi in Italia”, aggiungeva Zaki