Opinioni

La lunga estate calda dell’abilitazione

Quel pasticciaccio brutto dell’abilitazione docenti: ancora una volta il ministero dell’Istruzione e del Merito batte cassa senza neppure provare a risolvere il problema dei precari. Riceviamo e pubblichiamo.

31 Luglio 2024 - 11:07

di Anastasia Vivarosen

Una riflessione leggera ed estiva sui percorsi di abilitazione all’insegnamento: avviati a pagamento, con molte domande e davvero poche risposte

Scuola, aula scolastica (foto da flickr @mediciconlafrica)Scuola, aula scolastica (foto da flickr @mediciconlafrica)

La scuola, si sa, è tutta una giungla di sigle: PTOF, PNRR, PEI, PDP, NAI, RAV e chi più ne ha più ne metta.

Ma l’insegnante moderno, che voglia essere al passo con l’aggiornamento della sua professione o che alla professione voglia accedere, deve oggigiorno confrontarsi anche con tutta una serie di decreti che vengono sfornati alla velocità della luce e in quel burocratese che tanto piace ai nostri gloriosi e meritevoli ministeri.

Ed ecco che, per l’insegnante in cerca di abilitazione, si offre l’interessante lettura estiva del Decreto del presidente del Consiglio dei ministri 4 AGOSTO 2023.

Tale decreto, traduciamo, regola l’abilitazione all’insegnamento, necessaria ormai per insegnare, in aggiunta al superamento di un concorso.

Per i nostri insegnanti che quindi vogliano raggiungere tale traguardo, ecco aprirsi una meravigliosa nuova opportunità per investire i propri risparmi: alla modica cifra di circa 2.000 euro, blocchi di lezioni da cinque ore da seguire al mattino e al pomeriggio nelle infuocate sedi universitarie nostrane, dove potersi sentire di nuovo giovani sugli scranni delle (furono!) facoltà, che magari avevano già frequentato da giovani, magari proprio a seguire le lezioni con gli stessi professori i cui corsi avevano già frequentato da universitari! Poveri anche questi ultimi: buttati nella fossa dei leoni quando speravano di aver finalmente finito la sessione estiva, di fronte a sguardi bramosi di risposte dei loro studenti-insegnanti: come realizzo l’inclusione? E gli studenti non madrelingua? E il conflitto in classe come lo risolvo? E se non c’è lo psicologo a scuola? E questo concetto co-me lo ca-lo nel-la pra-ti-ca di-dat-ti-ca?!?

Ma insomma: diamogli tregua e godiamoci questo piacevole tuffo nei ricordi!

Che poi: non hai forse voglia di risentirla un’altra volta la storia del cane di Pavlov?!? Puntuale come il racconto da parte dei nonni dei loro ricordi di gioventù, ci si ripropone ad ogni incontro di formazione!

XV comandamento: non avrai altra nozione all’infuori del cane di Pavlov*.

Ma mentre la tua mente vaga alla ricerca dei punti di forza del comportamentismo, non si può fare a meno di considerare che il percorso verso l’agognato traguardo dell’abilitazione all’insegnamento pone alcune criticità che lo rendono a dir poco tempestoso.

Mentre suda alla stazione, di ritorno da una lezione in presenza per raggiungere la sua casa in affitto che si prende due terzi dello stipendio – quando lo stipendio c’è – il nostro malcapitato aspirante insegnante si chiede infatti come svolgere le ore di tirocinio diretto a scuola, previste dal suddetto percorso, se la maggior parte dei partecipanti ai corsi sono professori precari, che quindi ancora non sanno quale sarà la sede dove (si spera!) prenderanno servizio a settembre… O forse ottobre… O magari a novembre!

Pur essendo risaputo l’amore dei precari per i viaggi con i mezzi pubblici (si racconta di insegnanti che, per sopperire alle carenze del nostrano trasporto pubblico, per raggiungere le proprie sedi di lavoro abbiano dovuto fare autostop con:

– adorabili e rispettabili autoctoni che non hanno disdegnato una mancia in denaro;
– la municipale (!);
– il camion della NETTEZZA URBANA, unica oasi in movimento in lande desolate e immobili.

Ma come fare, si chiedono i nostri eroi nelle calde notti di luglio, a svolgere il tirocinio in una scuola in provincia di Modena, se prenderò servizio in un’altra provincia? Certo: la storia dei grandi navigatori del passato ci insegna che è solo osando che si possono raggiungere mete che non si sapeva neppure esistenti. Ma almeno chi viaggiava in caravella poteva sperare nel vento favorevole. Con i nostri treni e autobus possiamo fare affidamento solo sulla preghiera per sperare di giungere a destinazione!

E poi… e poi ci sono i CFU!

A mo’ di moderni karate kid (metti la cera, togli la cera), ecco che l’aspirante insegnante deve confrontarsi con una serie infinita di cfu che sbucano da tutte le parti, peggio delle zanzare.

Prendi i 24 cfu! E poi prendine altri 60, però se hai tre anni di servizio ne puoi prendere 36 ma i percorsi da 36 cfu non li attiviamo ancora, però ci sono quelli da 30! E poi: i 24 cfu non te li riconosco, ma forse, dai, te ne riconosco fino a 9, ma dopo cambio idea e te ne riconosco 17… “signora ne restano 9 di cfu, che faccio: lascio?”

E ricordiamo che ogni richiesta di riconoscimento prevede una marca da bollo di 17 euro: ma cosa vuoi che sia dopo aver pagato più di 2.000 euro. Tanto anche quest’anno le vacanze te le fai al mare dai tuoi. Se sei fortunato. E insomma. Ancora una volta la vita del precario è tutta adrenalina ed avventura. In pochi forse sanno che quando Vasco cantava “voglio una vita spericolata”, era a loro che si ispirava!

* Nessun professore universitario di Psicologia è stato maltrattato durante la stesura di questo articolo: a loro va il nostro sentito ringraziamento per farci approcciare ad una materia che non è la nostra!