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Il “non-manuale” sulle occupazioni scolastiche

Il Laboratorio SottoBanco propone “alcuni consigli utili a condurre un’occupazione determinata e duratura. Essendo scritto da studenti non vogliamo sia preso coma una guida, ma come un serbatoio di saperi a cui attingere”.

13 Novembre 2013 - 10:39

Occupy the schools – Questo non è un manuale

Queste pagine sono state scritte a più mani dagli studenti e dalle studentesse del Laboratorio SottoBanco di Bologna, un laboratorio di contro-informazione e contro-formazione. Il testo presenta alcuni consigli utili a condurre un’occupazione determinata e duratura, partendo dalle nostre personali esperienze nelle occupazioni a Bologna. Essendo scritto da studenti, non vogliamo che questo testo venga preso come un manuale o una guida, ma come un serbatoio di saperi ed esperienze cui tutti i collettivi, tutti gli studenti e tutte le studentesse – di oggi e di domani – possano attingere, prendendovi spunto nel portare avanti le lotte.

_Paragrafo 1 – Cos’è l’occupazione

Non ci siamo voluti porre il problema dell’indicare il “perchè” di un’occupazione, dal momento che i motivi possono essere i più svariati: ad esempio, si può occupare per problematiche interne a ciascuna scuola, oppure intraprendere occupazioni che hanno scopo contro-informativo ecc..; per questa ragione noi ci siamo piuttosto concentrati sul “come” portarla avanti.

Le origini

Le occupazioni di scuole superiori e di facoltà universitarie, esplodono in Italia alla fine anni ’60; il Sessantotto sarà infatti un decisivo punto di svolta per le lotte studentesche (e non solo!). Da quel momento le occupazioni diverranno promotrici per un’intera generazione di situazioni sociali in cui poter discutere di politica e attualità, portare avanti sperimentazioni, creare nuove prospettive per il futuro e tanto altro ancora.

Dunque l’occupazione divenne, ed è tutt’ora, un momento collettivo di confronto e dibattito, sede in cui costruire le lotte ma che allo stesso tempo è capace di guardare all’esterno, alla città, per irradiarla con le sue proposte, creando così un clima di continuo fermento e socialità, in cui nessun* teme di esprimere il proprio punto di vista.

La base di un’occupazione

L’occupazione è di tutti gli studenti e le studentesse: tutt* vi possono partecipare e tutt* si devono impegnare al massimo per portarla avanti con successo, assumendosi ogni tipo di responsabilità. Quando i rappresentanti di Istituto prendono parola in un momento di
decisione collettiva, lo fanno in veste di studente/studentessa della scuola e non detengono particolari “poteri” decisionali: sono al pari di tutti gli altri occupanti.

Lo stato di occupazione può essere raggiunto in diversi modi; alcuni possono essere più radicali di altri, ma va comunque sfatata l’idea che le occupazioni dipendano unicamente dalle scelte dei rappresentanti e/o dal preside. In caso vengano chiesti i nominativi degli studenti o delle studentesse maggiorenni o di qualche “responsabile”, bisogna mettere in chiaro che l’occupazione è un’azione collettiva e che perciò anche la responsabilità che ne deriva lo è.

La base di un’occupazione è formata dunque da un gruppo compatto di studenti e studentesse, intenzionati ad agire. Con questo non bisogna negare la possibilità a insegnanti solidali di prendere parte all’occupazione, anzi, è giusto saperli coinvolgere, stando d’altro canto sempre attenti alle insidie di presidi, docenti contrari a questo atto e polizia; insieme cercheranno in ogni modo di impedire il proseguimento dell’occupazione tentando di farla naufragare.

Come iniziare l’occupazione

Ci possono essere diverse strategie per prendersi la scuola fisicamente, ma ricordiamoci sempre che la prima mossa da fare prima di passare all’azione è discuterne tutt* insieme, incominciando ad organizzarsi il più presto possibile. Per passare all’atto e occupare non serve altro che un insieme di persone abbastanza numeroso disposto non lasciare l’edificio, restando anche nel pomeriggio e durante la notte, entrando prima dell’orario normale o di primo mattino e che sia ben organizzato per restare all’interno della scuola.

In primo luogo solitamente interviene il preside sostenuto da qualche insegnante che minaccia denunce e sanzioni disciplinari: NON LASCIATEVI INTIMORIRE!!! Accompagnatelo gentilmente all’uscita, e ditegli che la scuola è occupata. In secondo luogo potrebbero intervenire polizia o carabinieri che di solito mandano qualche volante nel tentativo di impaurire gli occupanti e per prendere atto della situazione. Anche qui c’è solo da tenere i nervi saldi, e avanti tutta.

Essere attivi anche fuori da scuola

L’occupazione è da sempre un momento in cui gli studenti riescono a far sentire la propria voce aldilà della singola scuola, ed è fondamentale che questo avvenga, contribuendo così alla crescita dei movimenti studenteschi e non solo. La scuola quando è occupata può potenzialmente diventare un luogo di incontro e scambio di opinioni, dove ci si può conoscere e costruire insieme momenti di mobilitazione che possono andare anche oltre la durata dell’occupazione, è importante quindi costruire assemblee cittadine, cortei e altri momenti collettivi dove si riescono a coinvolgere anche persone da fuori, così l’occupazione riuscirà nell’intento di costruire agitazione, e diventerà occasione per tutti di mobilitarsi e fare passi avanti nella costruzione di momenti di protesta.

_Paragrafo 2 – La gestione

Durante l’occupazione la scuola è autogestita e perciò spetta agli occupanti ogni decisione e, di conseguenza, ogni responsabilità. Mantenere salda l’organizzazione e difendere gli spazi conquistati sono i principali fattori che contribuiscono alla riuscita di un’occupazione. Per questo abbiamo voluto dedicare un intero paragrafo ai consigli di tipo gestionale.

L’assemblea, il motore dell’occupazione

Le occupazioni sono spazi di libertà e condivisione, per questo ogni aspetto deve essere messo in discussione nella maniera più aperta possibile, coinvolgendo tutti i partecipanti. In un’occupazione le decisioni vengono  discusse attraverso assemblee aperte, in cui tutt* possano esprimersi e proporre; queste assemblee è consigliabile convocarle con regolarità, secondo i ritmi degli occupanti (almeno una o più volte al giorno). Durante questi momenti decisionali vanno discussi tutti gli aspetti pratici dell’occupazione, come la gestione dei turni (annotazione delle presenze, pulizie, servizio d’ordine…), le attività da proporre, le relazioni con preside e polizia, la conduzione dell’occupazione, le proprie rivendicazioni e il mantenimento del profilo pubblico della scuola occupata (scrivere ai giornali, tenere aggiornati i social network, fare volantinaggi…) e tutto ciò che più vi sembra giusto.

Insomma, l’assemblea è il vero e proprio motore dell’occupazione, si carbura con la partecipazione e olia i meccanismi di condivisione permettendo di poter prolungare per più tempo possibile l’occupazione.

Difendere gli spazi autogestiti

Durante il periodo di occupazione è possibile ricevere provocazioni (esterni indesiderati, fascisti, atti vandalici o autodistruttivi all’interno dell’occupazione). Per questo è opportuno che, specie in orario notturno, la scuola sia sorvegliata dagli occupanti. E’ necessario barricare tutte le entrate secondarie e posizionare un banco vicino all’ingresso principale, dove più persone possano sorvegliare l’entrata. Così avremo difeso l’occupazione da possibili intrusioni, anche se questa misura non ci garantisce però che tutto fili liscio nella scuola: qualcuno potrebbe comunque causare problemi e ciò comporta la necessità di un servizio d’ordine, che non deve essere ristretto a un piccolo gruppo di individui ma che nella migliore delle ipotesi dev’essere generalizzato (ovvero un servizio d’ordine formato da tutti gli occupanti che sono allerta qualsiasi cosa succeda, per mantenere un clima sereno nella scuola), questo però è facile a dirsi ma non a farsi, è consigliabile quindi che, a turni, un gruppo faccia ronda tra i corridoi e dia un’occhiata in giro.

Esterni e garanti

Un buon metodo per evitare che la scuola si riempia di sconosciuti, eventualmente poco affidabili negli orari più difficili, è costruire un sistema grazie al quale chi non è della scuola possa entrare solo se qualcuno di fidato garantisce per lui. In questo modo, volendo, si può tenere un registro degli esterni che entrano e che escono dalla scuola. Questo fattore degli “esterni” è molto particolare, alcune volte causa paranoie del tutto inutili, altre volte è una precauzione più che necessaria. Bisogna quindi fare un’elementare selezione tra esterni che sostengono l’occupazione ed esterni che invece sono dannosi per l’occupazione.

L’obbiettivo naturalmente rimane costruire occupazioni più aperte e inclusive possibile, ma è sempre meglio avere un occhio di riguardo.

Le attività

L’occupazione interrompe la vita ordinaria e capovolge i meccanismi decisionali: la scuola è nelle nostre mani, dobbiamo quindi riempire questo spazio conquistato di attività che stimolino la crescita critica degli individui e della collettività. Il primo consiglio è lasciare più spazio possibile alle proposte, discutendo la programmazione durante le assemblee ed invitando tutt* a proporre. Un buon modo per organizzare le attività è raccogliere tutte le idee, poi fare un tabellone con orari ed aule e organizzare le iniziative giornata per giornata. Onde evitare che le attività non vadano in porto è consigliabile che per ognuna ci siano uno o più referenti, che seguano i laboratori con regolarità e li rendano vivi e partecipati. Cercate di far sì che anche le iniziative creative attraversino un tema critico (ad esempio calcetto antisessista\antirazzista, spettacolo di teatro sui giovani e la crisi ecc.) fondamentale è però che ci siano delle iniziative di carattere politico, quindi dibattiti, incontri e azioni sui temi che non troviamo né in televisione né sui banchi di scuola. Per organizzarle ci si può semplicemente mettere in un atrio a discutere del TAV o dell’asuterity, del diritto all’abitare, ecc. Oppure ci si può appoggiare a realtà strutturate sul territorio come centri sociali, collettivi, associazioni, o a singole persone come scrittori, artisti, ecc. e chiedere loro di tenere alcuni laboratori.

Consigliamo di prestare un’occhio di attenzione alle realtà che si introducono nell’occupazione, evitando ad esempio inutili dibatti tra partiti o sindaci che hanno come finalità non il bene e la buona riuscita dell’occupazione ma la bella faccia davanti ai giornali e agli elettori (come già è spiacevolmente accaduto in passato).

Tempi e spazi dell’occupazione

Per concludere questo paragrafo ancora qualche consiglio su come articolare i tempi e gli spazi durante l’occupazione:

-Organizzare pranzi e cene sociali ogni giorno, offrire un pasto a basso prezzo è un modo intelligente per autofinanziarsi ed evitare che negli orari dei pasti la scuola si svuoti.

-Aule a tema, per far funzionare meglio i laboratori cercate di collocare le attività sempre nelle stesse aule (es. aula pittura, aula teatro, aula dibattiti)

-Turni di notte: qualcuno potrebbe non avere la possibilità di rimanere ogni notte, può essere quindi utile organizzarsi con dei turni anche per la permanenza notturna a scuola.

_Paragrafo 3 – Autodifesa per gli occupanti

In questa parte andiamo a toccare uno dei punti più importanti per gli occupanti: come difendersi da presidi sceriffo e forze dell’ordine; sia dal punto di vista legale che da quello pratico ed immediato. P.S. (queste analisi provengono dalla condizione di Bologna, potrebbero variare in altre città dove i nemici delle nostre occupazioni si muovono in modi diversi)

Preside e forze dell’ordine ad inizio occupazione

Quando l’occupazione ha inizio il preside è obbligato a comunicarlo alla polizia e dichiarare così lo “stato d’occupazione” in cui versa la scuola. Quando il preside il primo giorno vi dirà di aver chiamato la polizia, vorrà dire che nella maggior parte dei casi arriveranno una o due volanti nel giro di mezz’ora. A questo punto sta nella determinazione degli occupanti scegliere se farli entrare o meno, consapevoli che davanti alla nostra determinazione non potranno fare granchè. La prima cosa che fanno solitamente, nel caso li si faccia entrare, è andare nell’ufficio del preside per avere un rapporto sulla situazione e dichiarare la scuola “ufficialmente” occupata, come si diceva poco sopra. Spesso poi, una volta usciti dall’ufficio, vogliono avere un confronto con gli studenti (e il più delle volte la situazione è esilarante): si presentano con le tipiche strategie da “sbirro buono e sbirro cattivo” e sfornano frasi di un’ipocrisia esagerata tipo: “Avete ragione… ma sbagliate il modo… l’occupazione non conta più… ormai lo fanno tutti… siete bravi, distinguetevi…”. Ma non è sempre così, potrebbero assumere anche l’atteggiamento intimidatorio e sbruffone. In ogni caso il nostro consiglio è rispondere per le rime tutti insieme e rimandarli in centrale, senza lasciarsi intimorire.

Presidi dopo l’occupazione

Se l’occupazione non riesce ad essere impedita e va in porto, i presidi si riservano tutta la loro bastardaggine per quando le acque saranno calme. Il modo migliore per difendersi è l’unità e la determinazione: dimostrando al preside che siamo in grado di rispondere ai suoi tentativi di criminalizzarci e che possiamo rispondere con la lotta a ogni atto repressivo. I provvedimenti disciplinari sono la principale arma di ricatto dei presidi, e possono essere fastidiosi per gli occupanti che si sono più esposti, cercate dunque di non allentare mai la presa dopo l’occupazione.

Cercheranno di dividervi e di addossare la colpa di aver voluto autogestire le nostre scuole a un gruppo ristretto, ma anche qua vale la solita regola, l’unione fa la forza!

Intervento delle forze di polizia

Episodi di sgombero da parte dei reparti di polizia si sono visti veramente di rado, quasi mai, quindi se minacciano un’intervento di questo tipo nella maggior parte dei casi è pura e semplice intimidazione, ma tenendo in considerazione ogni minima possibilità, dobbiamo saperci tutelare. Per prima cosa, quando si riceve la minaccia di sgombero, costruire barricate di sedie e banchi agli ingressi può essere utile, anche solo per dimostrare la propria determinazione nel restare dentro la scuola. Se poi la polizia dovesse presentarsi in forza è importante filmare tutto con cellulari e videocamere, questo è sempre un buon deterrente contro l’arroganza della divisa. Tenete aggiornati facebook e twitter e fatevi forza, resistere è possibile.

Avrete così le spalle coperte da altre centinaia di ragazzi. Non siate timorosi, all’interno dell’occupazione la scuola è vostra e se gli studenti e le studentesse sono uniti non c’è niente che li possa scalfire.

Laboratorio SottoBanco