E’ la situazione segnalata dall’associazione sindacale Pugno chiuso, che per il 15 gennaio promuove un picchetto in via Pelotti: “Si minaccia l’uso della forza pubblica”.
“Il 15 gennaio Acer intende sfrattare da un alloggio popolare sito in via Pelotti (quartiere Barca), con l’aggravante della minaccia dell’uso della forza pubblica, una famiglia composta da una signora anziana e due figli, di cui uno invalido del lavoro”. E’ la segnalazione diffusa dall’associazione sindacale Pugno chiuso, che per quel giorno dalle ore 6 convoca un presidio anti-sfratto e intanto, anche tramite una conferenza stampa organizzata oggi davanti ai Servizi sociali territoriali del quartiere Borgo-Reno, racconta così la vicenda: “Una famiglia del quartiere Barca, composta da due figli adulti e la loro madre, nel 2001 ha ottenuto la casa popolare. Nel 2006 uno dei due figli attualmente residenti in tale alloggio ha un infortunio sul lavoro, e a causa dei dolori sempre più forti si licenzia poco dopo. L’Inail gli riconosce un’invalidità da lavoro del 20% e una pensione di 200 euro/mese. Nel 2008 poi, ritorna a casa l’altro figlio, uscito precedentemente, disoccupato e senza dimora. Nel 2009, in seguito alla rottura di un tubo condominiale, ecco che la bolletta di novembre arriva con le seguenti voci: – Canone di affitto 25,00 euro ; – Indennità di mora 0,53 euro ; – Fondo spese condominiali 15,00 euro ; – Bollo 1,81 euro ; – Acconto gestione spese di riscaldamento 105,00 euro (!); – Insoluto acqua 429,27 euro ; Totale 576,61 euro. La madre titolare del contratto di locazione, ritrovatasi sola, con una pensione da miseria e due figli disoccupati a carico, non ha ovviamente modo di pagare una bolletta tanto esosa e diviene morosa. Le bollette iniziano ad ammontare in questo periodo a diverse centinaia di euro (come quella di giugno 2010, di quasi 400 euro)”.
Continua Pugno chiuso: “Nel frattempo Acer, per niente turbata da una situazione di palese difficoltà, emette in data 16 luglio 2010 una bolletta di 995,57 euro, caricandola di un gran numero di indennità grazie al cavillo burocratico della ‘mancata comunicazione di ospitalità’: il figlio, dichiarato uscito di casa, ha mantenuto la residenza. Sempre nel 2010 la richiesta d’ampliamento del nucleo familiare in favore del figlio invalido, mai uscito di casa, viene respinta dal Comune senza alcuna indagine. Nell’aprile del 2014 l’Acer si attiva, comunicando l’intenzione di vendere la casa. Nel 2016 arriva la prima visita dell’ufficiale giudiziario per l’esecuzione dello sfratto. La madre, esausta, trova accoglienza da una figlia che abita fuori Bologna e lascia ufficialmente la casa. Ora il figlio invalido del lavoro rimane solo con il fratello, che decide di rivolgersi alla nostra associazione per cercare una soluzione non disponibile presso le istituzioni”.