Editoriale

Editoriale / Bologna (non) è una città di merda

Lo sgombero dell’ex Telecom ha un doppio volto. La puzza di fascismo e il profumo della dignità. Ha il sapore delle lacrime. Quello amaro e quello dolce.

21 Ottobre 2015 - 14:03

Sgombero ex Telecom - © Michele LapiniLa giornata di ieri fa storia per la città di Bologna. Lo sgombero dell’ex Telecom segna il passaggio di una linea di confine. Sia chiaro: ogni altro sgombero, ogni altra famiglia già in passato gettata per strada pesa come un macigno sulla coscienza civile di questa città. Ma quanto accaduto ieri assume un valore emblematico non solo per le sue dimensioni, ma perchè nelle cronache delle ultimesettimane sancisce con ulteriore chiarezza il monstrum che questa città sta partorendo. La Procura decide, la Questura esegue, la politica subisce (quando va bene: perchè ce n’è un’ampia parte che connive e un’altra che, poichè si nutre dell’altrui disperazione come gli avvoltoi si nutrono di morte, addirittura esulta). Eccola, la governance di Bologna nel 2015: c’è chi, in perfetta autonomia, dispone del bene e del male. Senza argini, senza contraddittorio.

La giornata di ieri è stata lunga e difficile. La città ha potuto vedere con i propri occhi decine di famiglie, con un centinaio di minori, strappate alle loro case. Ha potuto vedere due agenti in tenuta antisommossa, con scudo e casco, portar via di peso un bambino. Un bambino! Ha potuto vedere donne, uomini e figli in lacrime. Ha potuto vedere poliziotti e carabinieri picchiare chi protestava: tanto per la cronaca, a guidarli c’era un funzionario della Questura che sul proprio manganello personalizzato ha attaccato un adesivo con la scritta “danger”. La città ha potuto constatare che Bologna non è un caso isolato visto che a Roma, intanto, si usavano gli idranti per lavare via ciò che fa più paura: la solidarietà. La città  ha potuto sentire le urla lanciate dalle finestre dell’ex Telecom da voce di ragazzina: “Aiuto, ci stanno prendendo! Aiutateci!”. Chi era lì non lo dimenticherà facilmente. La città ha potuto vedere un bimbo portato via attaccato al respiratore. E queste sono solo alcune delle scene che da ieri ci rivoltano lo stomaco e l’anima. Ieri, in via Fioravanti, si sentiva nelle narici e nella testa quell’inconfondibile, penetrante e soffocante odore che che non va via sotto la doccia: puzza di fascismo.

Durante la giornata di ieri, così, questo editoriale ha preso forma con un titolo semplice, il più semplice possibile: BOLOGNA E’ UNA CITTA’ DI MERDA.

Non è esattamente questo, però, il titolo che trovate in cima a questa pagina. Perchè, come ha detto qualcuno, il vantaggio di toccare il fondo è che almeno ci si può dare la spinta per cominciare a risalire. E la risalita di Bologna sta nella determinata resistenza degli occupanti e dei manifestanti in strada. Sta nella donna che è uscita dall’ex Telecom urlando ai poliziotti di togliersi la divisa. Sta nelle lacrime di chi piangeva, sì, ma mostrando una dignità che vale più di tutti i denari, sporchi, del fondo immobiliare che detiene la proprietà dell’ex Telecom per tenerla vuota. Sta nei canti e nei cori che non si sono fermati mai, mai, dall’alba fino a tarda sera. La risalita di Bologna sta nei compagni di scuola dei bimbi occupanti che ieri sono andati in via Fioravanti per urlare “Mohamed, resisti!”. Sta nelle maestre che erano lì, con loro, perchè non tutte le lezioni si possono fare tra i banchi. Sta, nel suo piccolo, nel fatto che chi sta scrivendo questo editoriale, dopo aver trattenuto la rabbia per un’intera giornata, oggi mettendo insieme queste poche righe si è ritrovato a piangere.