L’Associazione di mutuo soccorso, dal 2006 a fianco degli attivisti perseguiti per le lotte sociali , “invita a una giornata di confronto e festa” e denuncia: tra indagini, misure cautelari, sgomberi, militarizzazione “sembra una guerra civile”.
Spesso chi si avvicina all’attivismo per la prima volta, soprattutto se giovane, si trova spaesato, se non spaventato, la prima volta che si trova ad avere a che fare con la polizia o che riceve una denuncia, trovandosi catapultato in un mondo fatto di carte inviate a casa, burocrazia dai tempi lentissimi, avvocati da trovare, parcelle da pagare. Questo anche quando magari si tratta di una denuncia di poco conto, come quelle per manifestazione non autorizzata, con nessuna possibilità concreta di trasformarsi in una condanna. Ma intanto la macchina poliziale-giudiziaria un risultato l’ha già ottenuto, un effetto di deterrenza che sfoltisce le fila di chi pratica dissenso sociale.
Anche da questo ragionamento nasceva dieci anni fa, con un’affollata e trasversale riunione all’Xm24, la decisione di costituire un’associazione che da una parte diffondesse consapevolezza su come funziona il sistema giudiziario, di modo da dare i giusti contorni a questo genere di inciampi, e dall’altra desse concreto sostegno economico a chi fosse in difficoltà a pagare un avvocato.
Nel 2016 l’esperimento può dirsi riuscito: molte persone di ogni età hanno ottenuto aiuto, in varie forme, dall’Associazione di mutuo soccorso per il diritto d’espressione (questo il nome completo), che è diventata un punto di riferimento anche per più di un avvocato impegnato a seguire spesso casi ‘politici’.
L’associazione, si legge nella nota diffusa in rete, “nel corso degli anni ha cercato di dare, nei limiti delle proprie possibilità, solidarietà morale e materiale a chi è stat* perseguitat* da procedimenti penali, fogli di via e misure cautelari. Abbiamo fatto pervenire un sostegno ad alcune/i compagne/i accusati di devastazione e saccheggio per i fatti di Genova del 2001 e della lotta No-TAV. Perchè c’eravamo tutte/i e la loro lotta è la nostra lotta”.
Tuttavia, prosegue il testo, “il contesto in cui cade questo decennale indica che non vi è nulla da festeggiare. Era già noto come Bologna fosse un laboratorio della repressione dei conflitti sociali. Basti pensare alle 3.500 denunce promosse dalla questura a carico di attivist* tra il 2009 e il 2013. Processi spesso del tutto inconsistenti e quasi sempre caduti in un nulla di fatto, certo, ma tuttavia deliberatamente mirati a fungere come deterrente dal compiere ulteriori attività sociali di tipo conflittuale. Un accanimento che va sommato ad un atteggiamento costantemente persecutorio e violento da parte della Digos e dalle forze di polizia in divisa, soprattutto verso i più giovani che si affacciano per le prime volte ai movimenti. Ma è nell’ultimo anno che anche i numeri raccontano una realtà che, se osservata da lontano, potrebbe far pensare all’esistenza di una vera e propria guerra civile. In soli dodici mesi sono state elargite 500 denunce a carico di attiviste/i per attività sociali di ogni genere, 25 misure cautelari di natura quasi sempre custodiale, addirittura 19 sgomberi di immobili occupati. Mentre aumentano la militarizzazione e dell’uso della violenza da parte delle forze di polizia. Quando si parla di fondi per la sicurezza, a Bologna, bisogna sapere che grossa parte di quei fondi già oggi è spesa per il contrasto del ‘movimento antagonista’”.
Sarà questo il tema al centro del dibattito “Stop al panico” previsto questo sabato dalle 16 a Xm24, e a cui parteciperanno diversi degli avvocati in contatto con l’associazione, primo appuntamento di una “giornata di confronto e di festa” che prosegue alle 20 con una cena di autofinanziamento, alle 21 con il concerto dei Two Hicks One Cityman (soul/space rock) e infine con il djset disco-trash-revival della Cassonetto Crew.