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Coopservice, ancora porte chiuse da parte del rettore

Oggi nuovi picchetti e blitz in rettorato. La mobilitazione in sostegno ai dipendenti Coopservice riprenderà a maggio. Procura: “Indagheremo su consegna liste esaminandi a collettivi”.

16 Aprile 2014 - 18:50

Nell’ultimo giorno prima delle vacanze pasquali sono tornati a farsi sentire gli attivisti di Cub e collettivi che protestano contro le paghe da fame dei lavoratori Coopservice impiegati a Palazzo Paleotti e in altre sedi dell’Ateneo. In alcune decine sono entrati in rettorato intorno a mezzogiorno, trovando sbarrati gli accessi ai piani superiori. Dopo i picchetti odierno e un ultimo incontro pubblico che si è tenuto nel pomeriggio, la mobilitazione riprenderà a maggio: “Il rettore dovrà ancora fare i conti con noi – avvertono Cua e Hobo – abbiamo dimostrato che con i picchetti si può vincere”.

A far decidere per il blitz al “33”, questa mattina, l’ennesimo rifiuto dei vertici dell’Alma Mater a ricevere i manifestanti. Il prorettore Ferrari, spiega la Cub, “ha iniziato una riunione coi presidi delle Facoltà sulla gestione degli spazi, un argomento che però riguarda anche i lavoratori Coopservice”.

“Non si risponde cosi’ alle giuste richieste di questi lavoratori – attacca il sindacato – non sono dei violenti, sono qui perche’ avevano paghe da fame e hanno ricevuto solo un contentino. Sono qui perche’ non hanno alternative. Questa e’ una battaglia di civiltà”

I 250 euro in più concordati da Coopservice con Cgil e Cisl, aggiugne Cub “non sono un aumento di stipendio”, ma solo indennità, e quindi “se i lavoratori si ammalano tornano ad avere le paghe base”. Inoltre, “non vengono riconosciute le mansioni di questi lavoratori: non sono vigilantes, ma tecnici di aula che supportano l’attività didattica dei docenti”.

“Io ogni giorno faccio assistenza nelle aule e aiuto i professori nella didattica – spiega una dipendente Coopservice – è assurdo che io abbia un tesserino dove c’e’ scritto ‘custode’ oppure, a Palazzo Paleotti, col tesserino da vigilante aiuto gli studenti con i computer. L’Università di Bologna non riconosce i diritti dei suoi stessi lavoratori e le cooperative di questo se ne approfittano”.

A sostenere la lotta dei lavoratori della cooperativa ora sono anche i Docenti preoccupati: “Come fidarsi dello Stato, se persino un appalto stretto con la più tipica delle istituzioni limpide e culturali genera condizioni di lavoro da terzo mondo?”

Intanto, sui picchetti all’Ateneo di Bologna la Magistratura potrebbe aprire un fascicolo: “La procura – fa sapere – incaricherà la Digos di verificare se quanto riportato da alcuni giornali circa la consegna delle liste degli esaminandi ai rappresentanti dei collettivi corrisponde al vero. E, nel caso, verifichera’ la sussistenza di eventuali reati”.