Mercoledì 28 ottobre il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge Gelmini. Sotto l’etichetta di meritocrazia si nascondono i tagli nei bilanci delle università-aziende.
L’approvazione di ieri del ddl Gelmini segna il primo passo verso l’entrata in vigore della riforma che – dice il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – “sara’ legge nei primi mesi del prossimo anno” tra “febbraio e marzo”. Nella stessa giornata si è votato per il rifinanziamento delle missioni miltari all’estero, altre destinatarie, insieme all’università e alla sicurezza, dei capitali che rientreranno in Italia con lo scudo fiscale, in una singolare unione di cose così opposte come la guerra e la cultura.
Tra le novità introdotte dal ddl la fine dei ricercatori “a vita”, legati ora a contratti a tempo determinato, l’elezione dei rettori con voto ponderato dei soli docenti e la durata della carica limitata a otto anni, l’obbligo di 1500 ore all’anno per i professori (che avranno un’abilitazione quadriennale), un tetto massimo di 12 facoltà per ateneo, la riduzione dei crediti extrascolastici a un massimo di 12 e l’introduzione della “meritocrazia” per studenti e professori. Al ministero dell’Economia verrà infatti creato un fondo che erogherà borse di studio agli studenti universitari più meritevoli, ma discutibilmente valutati sulla base di test nazionali. Anche gli scatti stipendiali dei docenti saranno subordinati alla valutazione dell’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione dell’università istituita dal governo. Infine sarà forte il controllo sui bilanci ponendo “un limite all’indebitamento per evitare un dissesto finanziario che portera’ al commissamento e, nei casi peggiori,alla chiusura dell’ateneo” continua la Gelmini.
Si prospetta così in modo chiaro la trasformazione dell’università in un organismo produttivo grazie a questa riforma non a caso strettamente elaborata insieme al ministro dell’Economia Tremonti che ha definito il ddl un ritorno “al passato, a secoli fa, alle universita’ fondazionali che hanno il meglio del pubblico e il meglio del privato”. La riforma Gelmini infatti altro non è che un tentativo di approvare dei tagli all’Università, magari motivandoli con la tanto agognata meritocrazia, a partire dai ricercatori che come lei stessa dice “é una follia pensare possano tutti restare all’Università”. Dopo i contratti a tempo determinato infatti solo alcuni potranno avere un posto come docente associato, per gli altri la Gelmini auspica un impiego nella pubblica amministrazione o, non a caso, nel settore privato. L’approvazione del ddl si configura così come il primo passo verso l’università-azienda.