Opinioni

Una congiuntura di guerra

A partire dal 10 ottobre prenderà il via a Bologna un ciclo di incontri che hanno al centro il tema della guerra. La rassegna proseguirà fino al mese di aprile dell’anno prossimo in diversi luoghi della città. Abbiamo chiesto a uno delle/gli organizzatrici/ori le ragioni di questa iniziativa.

09 Ottobre 2024 - 15:21

Parlare di guerra, o meglio di guerre, in questi tempi non è una cosa facile. Più che tentativi di approfondimento per comprendere le cause dei conflitti armati, sui media mainstream abbiamo assistito a schieramenti da “simil-tifosi”. Ma anche nei luoghi altrenativi, dalle parti dei movimenti, non c’è stata la lucidità sufficiente (e la forza) per costruire, come in altri periodi storici, un forte movimento di massa contro la guerra.

Rispetto a questa situazione, non certo luminosa, è da apprezzare il tentativo di alcune realtà cittadine di discutere a fondo, sviscerando i vari aspetti, su quella che viene chiamata “congiuntura di guerra”. Si tratta di un ciclo di incontri che spaziano dalle caratteristiche della guerra oggi (nell’epoca dell’età ibrida e del caos sitemico) al genoicidio dei palestinesi, dai nuovi colonialismi in Africa all’anti-colonialismo, dal ruolo dell’Europa e dell’economia finanziaria agli imperialismi odierni, dai movimenti alla funzione dei media negli scenari di guerra.

Altra cosa che un po’ stupisce è che non ci sia, come solitamente avviene, una sigla promotrice della rassegna, pertanto abbiamo voluto chiedere a uno delle/gli organizzatrici/ori quali sono le ragioni che hanno spinto a promuovere questa serie di appuntamenti.

«Questo ciclo di incontri l’abbiamo costruito un po’ a geometrie variabili con alcuni docenti e ricercatori universitari, con Ex Centrale, con Into the Black Box e con l’appoggio di alcuni degli spazi che ospiteranno gli incontri, come per esempio la Biblioteca Amilcar Cabral».

I titoli degli incontri affrontano i tanti scenari legati alle dinamiche della guerra…

«La guerra non è mai scomparsa dalla storia. Nell’ultimo trentennio, dalla prima guerra del Golfo ai Balcani negli anni Novanta, passando per l’Afghanistan, l’Iraq e le decine di conflitti in Africa nei primi vent’anni dei Duemila, numerosi fronti bellici hanno costellato l’approfondirsi dei processi di globalizzazione. Le recenti devastazioni in Ucraina e in Palestina che stanno accompagnano il periodo post-pandemico segnano tuttavia una forte discontinuità. Quello che è cambiato rispetto al passato è infatti una accelerata trasformazione del contesto economico-politico a livello planetario. La crisi dell’egemonia statunitense e l’affermarsi di una dimensione multipolare stanno infatti ponendo sempre più al centro la guerra come forma di gestione delle contese tra numerose potenze per il controllo degli spazi globali».

Oggi siamo di fronte a una dinamica di escalation bellica che pare inarrestabile…

«Sì è così, ma escalation non significa solo il continuo aumento di morti e devastazioni lungo le linee dei fronti di guerra. Indica piuttosto un complessivo ri-orientamento della società-mondo verso la forma-bellica. Siamo in altre parole di fronte alla diffusione di una serie di regimi di guerra che ridefiniscono i panorami economici, politici, culturali e antropologici del nostro presente. Una società proiettata verso la guerra è una società in cui la ricerca sulle tecnologie viene guidata da esigenze militari, in cui la formazione delle nuove generazioni si piega verso la disciplina con le proposte di una nuova leva obbligatoria, in cui l’industria si organizza per la produzione di nuovi armamenti, in cui la circolazione delle merci deve fare i conti con nuovi colli di bottiglia, in cui le risorse pubbliche si spostano dal welfare al warfare, in cui il dissenso politico diventa nemico interno, in cui la competizione per le risorse finanziarie e materiali si fa sempre più armata, in cui il lavoro produttivo e riproduttivo viene irregimentato anche per via dell’esasperazione di sessismo e razzismo».

Si tratta di interessi economici e politici che fanno esplodere guerre in diverse parti del mondo…

«La sensazione è sempre più quella di vivere su un piano inclinato, nel quale una serie di interessi economici e politici tendono in modo automatizzato verso l’esplosione della guerra a tutte le latitudini. La guerra viene da più parti vista come il modo più semplice per tagliare la complessità del presente, per uscire dalla policrisi che lo caratterizza, per riordinare la confusione planetaria, per rilanciare le economie in crisi, per imporre nuove egemonie o per difenderne di vecchie. Questa devastante inclinazione va posta al centro della riflessione pubblica e politica. Per questo abbiamo organizzato un ciclo annuale di incontri che intende pensare e discutere la congiuntura bellica per elaborare strumenti di comprensione critica del presente e delle sue tendenze a partire da una molteplicità di prospettive».

Questo è il programma completo di “Una congiuntura di guerra”:

Giovedì 10 ottobre ore 17
“Pensare la guerra oggi”
Mediateca Giuseppe Guglielmi, via Marsala 31

Martedì 5 novembre ore 14,30
“Guerra nell’età ibrida. Caos sistemico, zone grigie, connettività”
Sala riunioni di Santa Cristina, piazzetta G. Morandi 2

Mercoledì 11 dicembre ore 18
“Palestina globale”
Aula III, via Zamboni 38

Giovedì 23 gennaio ore 18
“L’Europa contesa”
Sala Tassinari a Palazzo d’Accursio, piazza Maggiore

Giovedì 20 febbraio – Venerdì 21 febbraio ore 17,30
“Perché la guerra? Egemonie, imperialismi, economie e movimenti”
Ex Centrale, via di Corticella 129

Giovedì 20 marzo ore 18
“Anti-colonialismo e nuovi colonialismi in Africa”
Biblioteca Amilcar Cabral, via San Mamolo 24

Giovedì 17 aprile ore 17
“Media, finanza e scenari della guerra”
Teatro del DamsLab, piazzetta P. P. Pasolini 5/b