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Opinioni / Tagli e partecipazione: Big Society al ragù

Messo alle strette da Imu e Patto di stabilità, il Comune cerca di tappare i buchi. E per i servizi sociali vuole ricorrere al lavoro volontario. Il commento di un nostro collaboratore.

11 Gennaio 2013 - 16:41

Secondo il Sindaco Merola, intervenuto durante un incontro organizzato dall’associazione Università Primo Levi, siamo di fronte “ad una nuova idea di cittadinanza attiva”; e Bologna sarà “una delle prime città a sperimentare l’idea di amministrazione condivisa”.

Il tema è quello dei servizi al cittadino, motivo di vanto per la città di Bologna. Ma le casse comunali piangono, e quest’anno si deve fare i conti con un taglio ai trasferimenti dello stato di circa 40 milioni di euro; tagli, dice il sindaco, non recuperabili neanche da un aumento delle tasse, valutabile in circa 15 milioni.

E così, dopo le rituali lacrime di coccodrillo a proposito di Imu – la quota per i comuni non è stata aumentata dal governo Monti come sperato – il primo cittadino estrae il coniglio dal cilindro, e annuncia l’idea di Palazzo d’Accursio: cedere la gestione di alcuni servizi “di interesse generale” a “cittadini che si autorganizzano”.

La questione verrà presentata nei quartieri, ed il progetto avrà come motto “partecipazione per il bene comune”. Una nuova stagione di democrazia partecipata? Forse. Del pari, presentare progetti del genere in tempi di tagli fa emergere qualche perplessità.

Per come è stata presentata infatti, l’idea dell’amministrazione non è proprio nuova, e ricalca grossomodo quello che sta accadendo, su scala nazionale, nel Regno Unito. In un disperato tentativo di tagliare le spese – il salvataggio di Royal Bank of Scotland e del Lloyd’s Group è costato caro al governo britannico – il Premier conservatore David Cameron ha infatti lanciato, nel 2010, il cosiddetto Big Society. Nato nel 2010 (e già agonizzante), il progetto Big Society prevede di esternalizzare welfare e servizi (due fra tutti quello bibliotecario e quello postale), e farli dipendere soprattutto dal lavoro volontario: vicini di casa, pensionati, associazioni di buon vicinato, boy scout, insomma chiunque voglia “dare una mano” è il benvenuto. Basta però che lavori gratis.

Quanto ad un eventuale finanziamento di base, dulcis in fundo, ci penserà poi l’istituto pubblico-privato Big Society Capital, che si occuperà del fund raising e del finanziamento a non meglio pecificati intermediari. A completare l’opera l’apertura alle donazioni da parte di facoltosi filantropi, sempre in cerca di coscienze nuove di lavanderia.

Parrebbe proprio che l’amministrazione targata Pd, messa alle corde dall’austerità e dal rigore tanto decantati (ma con la necessità di salvare comunque la faccia), stia escogitando un espediente per ammortizzare i costi di gestione con il lavoro volontario, ammantandolo come democrazia partecipata. Una classica foglia di fico (e che fico), utile solo a coprire gigantesche vergogne, create dalle politiche di austerity. E fatte di tagli, licenziamenti, e salvataggi di banche.