Una delibera permette di avere un documento, firmare contratti lavorativi, accedere a sanità e corsi di formazione, mandare i figli a scuola.
Dopo che i rifugiati e le rifugiate, insieme agli occupanti delle case, sono andati a bussare alla porta del Comune di Torino per ricordare al sindaco la questione della residenza e far intendere in modo chiaro che non si sarebbe fatto un passo indietro su questa richiesta, finalmente ieri la Sala Rossa ha votato la delibera per l’indirizzo virtuale.
Sei consiglieri dell’opposizione- Marrone e Ambrogio di Fratelli d’Italia, Ricca e Carbonero della Lega, Liardo del Nuovo centrodestra, D’Amico di Progett’Azione, hanno dato show prima che iniziasse la seduta. Disposti a tutto per non far passare la delibera, i sei si sono legati tra di loro con una catenella dietro al banco della presidenza. Marrone, il quale si è sempre speso per alimentare l’intolleranza e la discriminazione verso gli stranieri, ha tuonato che lo status di rifugiato è solo un mezzo per scavalcare gli italiani senza casa nelle graduatorie e aver accesso a molti servizi. I “privilegi” tirati in causa da Marrone non sono altro che il diritto ad avere la carta d’identità, la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno, firmare contratti lavorativi, accedere al servizio sanitario nazionale e ai corsi di formazione, nonché mandare i propri figli a scuola, diritti che fino adesso sono stati loro negati proprio per mancanza della residenza. Dopo questo teatrino dell’opposizione, il Consiglio comunale ha approvato la delibera, concedendo ai rifugiati la residenza in via della Casa comunale, 3.
Al di là delle dichiarazioni autocelebrative e piene di “civiltà e buon senso” di Fassino, la vittoria di ieri è stata raggiunta solo grazie alla determinazione dei rifugiati e delle rifugiate ad ottenere e vedersi riconosciuti i diritti primari. Dopo un anno di occupazioni dell’anagrafe, cortei, discussioni, assedi e presidi davanti al comune i profughi hanno ottenuto la residenza virtuale.