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Strage, Procura generale: contro Bellini “macigni probatori”

Oltre alla “rete di protezione” fornita dai servizi, il presunto co-esecutore dell’attentato si sarebbe avvalso anche dell’amicizia con l’allora procuratore capo di Bologna. È quanto emerso oggi dalla requisitoria della pubblica accusa nel processo che lo vede imputato, insieme alle modalità in cui avrebbe falsificato il suo alibi.

23 Febbraio 2022 - 19:24

Orologio piazza Medaglie d'Oro - © Michele LapiniPaolo Bellini, militante dell’organizzazione neofascista Avanguardia nazionale a processo come quinto uomo dell’attentato alla Stazione del 2 agosto 1980, poteva “muoversi indisturbato” grazie a una “rete di protezione” fornita dal Sismi (oggi Aise). Lo hanno detto oggi i magistrati della Procura generale, in aula durante la loro requisitoria, che terminerà questo venerdì con le richieste di pena.

Secondo la pubblica accusa, questi rapporti cominciarono con il viaggio in Portogallo compiuto da Bellini nel 1973 per conto del Msi e continuarono negli anni. Protezioni rese possibili anche dall’amicizia tra l’imputato e Ugo Sisti, procuratore capo di Bologna all’epoca della strage. Il 4 agosto, due giorni dopo l’esplosione, Sisti fu sorpreso, durante una perquisizione della Digos, nell’albergo del padre di Bellini, dove aveva trascorso la notte.

Contro Bellini, hanno inoltre detto i magistrati “più che indizi, ci sono macigni probatori”. “Siamo di fronte a un alibi precostituito – aggiungono – e quando l’alibi è precostituito diventa una prova a carico, anzi un indizio più che una prova”. L’uomo avrebbe infatti deciso di dare appuntamento ai suoi familiari per la partenza verso il passo del Tonale al delfinario di Rimini, anziché andarli a prendere all’albergo dove alloggiavano: “Allontanando dall’albergo i familiari la mattina presto avrebbe creato, agli occhi degli albergatori, la parvenza di un appuntamento temporalmente incompatibile con la sua partecipazione alla strage”. Bellini avrebbe coinvolto nella fabbricazione dell’alibi anche la nipote Daniela, che all’epoca aveva nove anni. La mattina del 2 agosto partì in auto da Scandiano, nel reggiano, portando con sé la bambina, e mentre si occupava dell’attentato l’avrebbbe lasciata in auto o affidata al nonno o a persona di fiducia.