Il 60% della città sottratto al califfato dalle forze democratiche curdo-arabe, il prossimo fronte nella valle dell’Eufrate. Isis in rotta anche in Libano e Iraq.
I partigiani curdi ed arabi che da quasi tre mesi stanno contendendo palmo a palmo ai miliziani di Al-Baghdadi le strade della metropoli hanno fatto ingresso nei giorni scorsi nella piazza della torre dell’orologio: luogo dove venivano eseguite e registrate le prime esecuzioni pubbliche che hanno alimentato la feroce propaganda del califfato nero.
Quest’ultimo mantiene il controllo di circa il 40% della città, forte del seguito tra le tribù locali come gli al-Breij; e della morsa sul resto della popolazione civile esposta ai bombardamenti dei jet statunitensi.
Tuttavia la strategia delle Sdf ha puntato direttamente al cuore dell’abitato protetto dal fiume (lasciando per ultimi i quartieri periferici settentrionali infestati di mine antiuomo e bunker) e combinato lenta avanzata e consolidamento ed audaci sortite (come la stessa irruzione nella città vecchia attraverso una breccia aperta nelle mura storiche); permettendo rispetto ad altri teatri del conflitto di contenere il più possibile le perdite di vite umane.
Importante anche il contributo dei volontari internazionali e della logistica, che ha continuato a rifornire i combattenti a fronte dei 50°C di temperatura giornalieri. La battaglia è tuttavia lontana dalla conclusione, condizionata anche dalle provocazioni dell’esercito turco che continuano da mesi lungo tutto il confine del Rojava – con un’incursione nella regione di Kobane nei giorni scorsi.
Intanto in Libano il riallineamento regionale seguito alla crisi qatariota (e l’accordo sulla nuova legge elettorale tra le diverse fazioni del paese dei cedri che lo porteranno alle urne nel 2018) hanno accelerato i tempi delle operazioni militari per strappare all’ISIS e a-Nusra la frontiera montuosa del Jaroud Arsal, sotto controllo jihadista dal 2015. Dopo un mese di scontri, i combattimenti si sono conclusi la scorsa settimana con la vittoria delle forze armate libanesi e siriane e di Hezbollah. In cambio della consegna dei cadaveri di combattenti libanesi precedentemente uccisi ad una parte dei jihadisti è stata concessa la resa ed il trasferimento nelle loro roccaforti di Idlib e
della Siria orientale.
Domenica scorsa l’ISIS ha perso anche Tal Afar, l’ultima grande città – a maggioranza turcomanna – rimasta sotto il suo controllo nel nord dell’Iraq: la resistenza alle Unità di Mobilitazione Popolare sciite da parte uomini del sedicente Stato Islamico, confluiti nella carneficina di Mosul o datisi alla macchia, è stata minima.
Ora l’offensiva finale contro il califfato nero si darà nella valle dell’Eufrate, snodo centrale per i destini della costruenda “mezzaluna sciita” e perfino per la logistica globale della nuova via della seta. Sia le truppe di Assad, intenzionate a rompere l’assedio triennale alla città di Deir ez-Zor, che le SDF, pronte a spazzare via i jihadisti dalla sponda nord puntano direttamente alla testa dell’ISIS: in una campagna che segnerà le sorti della guerra e del paese.