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Siria / Onu: 60mila le vittime della guerra civile

Incrociati i dati delle uccisioni riportate da fonti differenti, eliminati i duplicati si giunge a 59.648 persone uccise tra il 15 marzo 2011 e il 30 novembre 2012.

05 Gennaio 2013 - 12:20

di Giorgia Grifoni da Nena News

Roma, 3 gennaio 2013 – Sono 60.000, finora, le vittime accertate del conflitto siriano. Molte di più delle 45.000 stimate dall’opposizione. Ad affermarlo, uno studio delle Nazioni Unite pubblicato ieri, che ha incrociato i dati relativi a 147.349 uccisioni riportate da sette fonti differenti – compreso il Governo – per poi eliminare i duplicati e giungere alla cifra finale di 59.648 persone uccise tra il 15 marzo 2011 e il 30 novembre 2012.

Un numero “scioccante”, a detta dell’Alto rappresentante Onu per i Diritti Umani Ravi Pillay, e “molto più alto di quello che ci aspettavamo”, se si considera il fatto che le vittime hanno tutte nome, cognome e luogo di uccisione. Restano fuori quelle di cui le informazioni sono incomplete, assieme a un gran numero di morti non considerati dalle sette fonti vagliate. “Persone silenziosamente uccise nei boschi”, ha aggiunto Pillay.

Secondo i dati, che non fanno distinzione tra soldati, ribelli e civili, la maggior parte delle uccisioni è avvenuta a Homs, seguita dalla periferia di Damasco, Idlib, Aleppo, Deraa e Hama. Il rapporto mostra anche chiaramente l’escalation di violenza nel conflitto siriano: nell’estate del 2011, poco dopo lo scoppio della rivolta, il tasso di mortalità si attestava intorno ai mille individui al mese, mentre nello stesso periodo dell’anno seguente era salito a circa 5.000.

Cifre destinate a crescere, secondo l’Onu. Ravi Pillay ha chiesto ancora una volta che i responsabili delle stragi vengano consegnati alla giustizia e che siano prese delle misure serie “non solo per dare aiuti umanitari, ma soprattutto per proteggere la popolazione siriana da rappresaglie extra-giudiziarie e atti di vendetta, come quelli già visti in Somalia, Congo o in Iraq”.

Il rapporto è stato presentato dopo la partenza dell’inviato Onu e della Lega Araba Lakhdar Brahimi, in un momento in cui un accordo tra le parti in campo sembra più che mai difficile da raggiungere. Mosca, interlocutrice di Bashar al-Assad e controparte degli “amici della Siria” ha affermato qualche giorno fa che “non c’è possibilità” di persuadere il presidente siriano ad andarsene. Dal canto suo, la coalizione dell’opposizione siriana, spalleggiata dalle nazioni occidentali, ha rifiutato un invito a Mosca per instaurare dei colloqui, insistendo sul fatto che la partenza di Assad è ancora la precondizione per un negoziato.

Continuano, intanto, le stragi nel paese. Mercoledì un bombardamento a una stazione di benzina alla periferia di Damasco ha ucciso dozzine di persone che si erano messe in fila per rifornirsi dopo mesi a secco. Secondo l’Osservatorio siriano per i Diritti Umani, tra le vittime ci sarebbero alcuni ribelli. Alcuni superstiti, intervistati dal New York Times, hanno dichiarato di essere andati a rifornirsi dopo aver sentito il giorno precedente che il Governo avrebbe mandato della benzina a quella pompa. Secondo alcuni di loro, si sarebbe trattato di una trappola.

Nel frattempo, la famiglia del giornalista freelance statunitense James Foley ne ha annunciato la scomparsa da oltre un mese. E’ stato visto l’ultima volta il 22 novembre nei pressi della cittadina di Taftanaz mentre viaggiava con un collega – anch’egli sequestrato – ed è stato portato via da un gruppo di uomini armati. Nena News.