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Sciopero! Operai, migranti, precari: dal 27/28 gennaio alla sfida del 1 marzo

Il Coordinamento Migranti di Bologna e provincia presenta uno speciale di Senza Chiedere il Permesso: i migranti «saranno ancora migliaia insieme alla Fiom», guardando già al secondo sciopero degli stranieri

26 Gennaio 2011 - 10:13

In questo numero di Senza Chiedere il Permesso diamo voce ai migranti e agli italiani che lavorano nelle fabbriche come metalmeccanici. Queste interviste rivelano che l’attacco ai diritti e ai salari portato avanti da Marchionne, passando per Pomigliano e Mirafiori, descrive una condizione di ricatto che i migranti vivono sulla propria pelle da anni, gli anni della Bossi-Fini e del contratto di soggiorno per lavoro.

Lo scorso primo marzo, in modo totalmente autonomo migliaia di uomini e donne, migranti e italiani, hanno dato vita al primo grande sciopero con una diffusione quasi nazionale contro la Legge Bossi-Fini, lo sfruttamento del lavoro migrante e il razzismo istituzionale. Nelle fabbriche, nei cantieri o nelle cooperative, chiudendo i negozi o i banchi del mercato, lo sciopero del primo marzo ha rappresentato una boccata di ossigeno per centinaia di migliaia di migranti che vivono e lavorano in questo paese. In decine di piazze italiane si è espresso con forza il rifiuto di chi non è più disposto ad accettare un ricatto che vuole la propria vita, il proprio presente e il proprio futuro legati indissolubilmente a una condizione di sfruttamento e precarietà sempre maggiore.

È importante dire chiaramente che questi lavoratori si sono assunti il rischio di uno sciopero appoggiato solo in parte, come emerge dalle interviste, da alcuni sindacati. Questi migranti, operai e precari, si sono conquistati sul terreno quel diritto di sciopero che oggi è così pesantemente sotto attacco, hanno mostrato in anticipo su quasi tutte le forze politiche e sindacali che la condizione migrante, rendendo alcuni più ricattabili di altri, regola il mercato del lavoro. Hanno mostrato che la precarietà che i migranti vivono da anni sta diventando sempre più comune, una condizione strutturale di tutta la forza-lavoro. Hanno detto di no e hanno scelto lo sciopero come strumento di lotta, contribuendo così a mettere il lavoro in tutte le sue forme al centro del dibattito politico e di movimento dopo anni di dimenticanze.

Per queste ragioni saranno ancora migliaia insieme alla FIOM il 27-28 Gennaio per respingere il modello FIAT, che mostra già i suoi effetti in tutte le aziende metal meccaniche, anche a Bologna. Per queste stesse ragioni i migranti che in questi mesi hanno continuato a lottare a Rosarno, dall’alto della gru di Brescia e della torre di Milano, nel sud contro il caporalato agricolo e nella grande manifestazione regionale del 13 novembre a Bologna hanno una gran voglia di scioperare anche il prossimo primo marzo e chiedono a tutti i lavoratori, italiani e non, operai e precari di seguirli in questa battaglia. Perché la Bossi-Fini riguarda tutti!
I migranti sanno bene che scioperare non è facile a causa dei salari sempre più bassi, del ricatto del licenziamento e dell’espulsione. Sanno che per chi lavora in condizioni precarie, nelle cooperative, come interinale, nelle case come badante, o in condizioni di assoluta irregolarità e di lavoro nero, scioperare è un rischio altissimo.

I migranti sanno anche che solo mettendo ancora in comunicazione tra loro i diversi luoghi dello sfruttamento, dalle fabbriche alle cooperative, dalle case ai cantieri, è possibile aprire una nuova stagione di lotte (dentro e fuori i luoghi di lavoro) che non sia ipotecata dal razzismo istituzionale e dai confini che la Bossi-Fini impone su tutto il lavoro. Per questo il primo marzo non è solo una data, ma è una sfida ancora aperta per tutti.

> leggi Senza Chiedere il Permesso N°18 – speciale Sciopero