Azione di alcun* attivist* de “La foglia di Fico” prima dell’inaugurazione istituzionale prevista per oggi. Domani nuova mobilitazione. Intanto Wolf Bukowski torna a intervenire sul parco agroalimentare al Caab: “Fiera dei pretesti per la cementificazione”.
Dalla riapertura del Mercato di Mezzo a FICO: speculazione e spettacolarizzazione del cibo.
Il Mercato di Mezzo riapre a tempo di record, pensato, approvato e realizzato in tempo 0. Proprio come sarà per l’ancora più ambizioso (e folle?) FICO. Sembra che a Bologna abbiano capito che con il cibo si possono fare un sacco di soldi. Ma mica arricchire la città e valorizzare quanto già c’è, ma moltiplicare e spartire i guadagni dei soliti. Con la retorica della riscoperta della cultura del cibo, del “mercato di una volta”, dell’eccellenza e dell’innovazione di oggi si giustifica l’ennesimo regalo del pubblico al privato.
Il Mercato di Mezzo, di proprietà dell’Ausl, affidato a CoopAdriatica in “sinergia” con l’Ascom, che a loro volta hanno scelto le “eccellenze” che riempiranno i nuovi spazi. E qual è uno dei nomi che salta subito all’occhio? Eataly! Che avrà un intero piano per realizzare una bella pizzeria. Ma è giusto un pensierino piccolo piccolo, prima del mega-pacco-regalo del Caab per realizzare il FICO. Un’eccellenza nel vendere – nella peggiore accezione del termine – il feticcio del “made in Italy”, e altrettanto nello sfruttamento e nell’umiliazione dei suoi lavoratori a 500 euro al mese, con tanto di perquisizione annessa all’uscita. L’eccellenza (?) del marchio Coop “Fior Fiore”. Oppure Alce Nero, all’avanguardia nel processo di gentrificazione della zone universitaria, sfruttando la moda del bio e slow ma a prezzi stellari. E come non metterci pure la Granarolo? Che con l’emergenza della lotta dei facchini ci fornisce un altro grande esempio di eccellenza?
Quello che ci domandiamo quindi è quale eccellenza vuole promuovere la città di Bologna?
E per chi? Per quali tasche? Quale cultura del cibo? Quale rilancio economico se si fa sulla pelle dei lavoratori?
Quello che vorremmo noi, e per cui lotteremo, è la creazione di uno spazio di “sovranità di mangiare”. A noi piacciono quei pasti e quei prodotti di cui conosciamo la storia; il pane che dividiamo viene da un forno clandestino; chi coltiva gli ortaggi e chi inforna il pane ha storie da raccontare che non ci stanno in uno degli stucchevoli slogan di EXBO o FICO.
Vogliamo procurarci e cucinare del buon cibo, e lo mettiamo sulle nostre tavole insieme ai significati e alle lotte che il nostro buon cibo porta con sé. E di sicuro la storia e le narrazioni tossiche raccontate da questi signori non ci piacciono per nulla!
La foglia di fico
> Foto:
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> A proposito dei progetti faraonici in tema alimentare in cantiere a Bologna, pubblichiamo di seguito la seconda puntata (qui la prima) del lavoro d’inchiesta di Wolf Bukowski su Salviamo il Paesaggio:
È una fortuna avere una tecnica come l’assessora Gabellini all’urbanistica: la sua naïveté politica la spinge a dire senza perifrasi cose che molti suoi colleghi preferirebbero mantenere sullo sfondo. Un esempio per tutti: abbiamo parlato ampiamente nella prima parte dell’operazione speculativa Aree Annesse Sud, accanto al quartiere popolare del Pilastro, cercando di dimostrarne la funzione gentrificatoria – oltre che impermeabilizzatrice, ça va sans dire.
Beh, la Gabellini rende quasi inutile il lavoro di demistificazione: il 25% di housing sociale previsto in Aree Annesse Sud, dice, “potrà essere un modo per alleggerire il carico ERP, di Edilizia popolare all’interno del Pilastro, perché ormai sappiamo dal vaglio che è stato fatto dell’inquilinato [sic] all’interno delle case ACER, che c’è una quota non piccola di inquilini che hanno redditi che possono tranquillamente sopportare di pagare l’affitto di housing sociale, che ha dei livelli che sono quelli del concordato oppure anche inferiori, e quindi liberare patrimonio ERP che può essere riqualificato…”.
Ok, ci sarebbe già moltissimo da dire, ma lasciamo perdere. Concentriamoci invece sull’immagine che balena davanti agli occhi, quella di una Gabellini che, col suo tono pacato, caccia gli scrocconi e libera case per chi ha bisogno. Ascoltiamola ancora: “…liberare patrimonio ERP che può essere riqualificato e può anche ospitare nuovi usi, anche nuovi usi non solo nuove persone, perché ormai all’interno degli edifici il fatto di avere anche delle attività, studi di vari… di artigiani, di commercialisti… sono elementi che poi creano una dinamica nuova, più articolata, quindi rompendo un’omogeneità di presenze che gli stessi abitanti del Pilastro soffrono.”
Studi di commercialisti in luogo di appartamenti? Con tutte le persone che aspettano e sperano e necessitano disperatamente di un alloggio ERP? “Non hanno case? Dategli commercialisti!”, si potrebbe dire parafrasando in modo ingeneroso il famoso “non hanno pane? Dategli le brioches!”. Ingeneroso per Maria Antonietta, naturalmente. Perché la regina di Francia quella frase non l’ha mai detta, mentre la Gabellini le sue considerazioni le rende pubbliche.
Premesso questo, il resto pare quasi niente: la solita fiera dei pretesti per la cementificazione. Che si debbano costruire due nuovi insediamenti per dare scuola materna e nido essenzialmente agli stessi che vi andranno a vivere e per collegarli in modo funzionale e gradevole al già esistente Pilastro è qualcosa che scivola via come acqua. Nonostante la Gabellini parli di “riconnetterli” al Pilastro – come se si potesse ri-connettere qualcosa che oggi non è collegato semplicemente perché non esiste, visto che ora ci sono due campi, uno incolto e uno coltivato. Ma il vero regalo promesso dalla Gabellini è una caserma dei carabinieri al Pilastro. Credo che neppure nelle più ardite versioni del Monopoli si possa scambiare una caserma dei carabinieri di periferia – per quanto in una periferia socialmente difficile – con due interi insediamenti; ovvero un solo edificio di modeste dimensioni con due aree per un totale di 120 mila mq edificabili. Forse sarebbe stato più sensato per il Comune chiedere qualche pattuglia in più, o trovare per i militari un edificio nel CAAB (come chiedeva il loro comandante anni fa): il CAAB ha talmente tanto spazio da essersi inventato il FICO per riempirlo. Ma evidentemente quello della caserma è solo il pretesto numero uno, quello che per andare sul sicuro evoca, appunto, la “sicurezza”. Come se l’avere un alloggio popolare a prezzo decente non fosse una forma, forse la più efficace, di “sicurezza”.
Dicevamo due interi insediamenti in cambio di un edificio. Perché due? Perché oltre ad Aree Annesse Sud c’è l’area, confinante e naturalmente da “riconnettere” chiamata Pioppe, oggi un campo di grano, tuttora di proprietà di CAAB e del Comune di Bologna. Insomma l’amministrazione non solo favorisce la cementificazione gentrificante ma addirittura la implementa come attore economico in proprio.
E il legame con il Fico di queste speculazioni immobiliari, ovvero il punto da cui era partita questa riflessione?
Beh, se qualcuno aveva ancora dei dubbi è lo stesso presidente di CAAB Andrea Segrè a confermarlo (min. 48,21 dell’audio integrale, l’ultimo in fondo alla pagina): “è del tutto evidente che se sorgerà il Parco Agroalimentare l’interesse, diremo così, per quell’area, aumenterà, ma non è che il FICO ha innestato un meccanismo ex novo”; e poi (51,10): “adesso proprio imputare all’idea, al progetto del parco, questo processo mi pare un po’ azzardato… sono due cose che possiamo, diciamo, collegare, ma che di fatto hanno un percorso indipendente. Poi una chiaramente valorizza tutto il resto, questo è del tutto evidente… ma io la domanda che faccio, perché qualche domanda la devo fare anch’io, è: qual è l’alternativa? Cosa avremmo fatto? Lasciavamo tutto lì incolto? Che è anche bello,voglio dire, naturalmente, dal punto di vista… però…”
Qui il giornalista di Radio Città Del Capo lo interrompe per ricordare che un campo, quello delle Pioppe, è coltivato a grano. La risposta suona: “Certo, ma vogliamo fare quel tipo di agricoltura?”
No no, figuriamoci! Meglio due insediamenti residenziali, un po’ di commerciale e un patetico parco tematico visitato, nelle intenzioni, da 6 milioni di persone all’anno. Che ci arriveranno, nelle proiezioni dell’amministrazione, per il 70% con il mezzo privato. Cosa tocca fare alla nostra illuminata classe dirigente per sconfiggere gli incolti e l’agricoltura tradizionale coi suoi malefici pesticidi!