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Opinioni / Oscar Farinetti e la disneyland del cibo

Un intervento sul progetto del grande parco tematico dell’agro-alimentare targato Eataly al Caab, tra manifestazioni di interesse di petrolieri e fondi di investimento: “E’ il programma economico di Renzi”.

04 Dicembre 2013 - 17:16

(di Wolf Bukowski, da Giap)

(foto Richard Ricciardi)

Stay FICO, stay hungry

Nonostante Bologna vanti il secondo Apple Store per grandezza d’Italia e sia dunque ben avvezza agli immortali precetti dello «stay hungry, stay foolish», ha la pretesa, per entusiasmarsi, di vederli declinati in qualcosa di più familiare. Tipo, per capirci: fatti una bella mangiata e sparale grosse. Ecco: così funziona.

E in effetti in giro ce n’è una bella grossa. Si chiama FICO.

FICO vuol dire Fabbrica Italiana Contadina – e si comincia a capire di che si parla, ma nulla più. Il secondo nome è Eataly World, che vuol dire Mangitalia Mondo cioè niente, ma un niente con il brand Eataly intorno: già si intravedono i contorni. Più chiara la definizione di «Disneyland del cibo» o quella di «più grande centro al mondo per la celebrazione della bellezza dell’agro-alimentare italiano» (CdA CAAB, 3 giugno 13).

FICO è il progetto di un parco tematico con 40 ristoranti, «stalle, acquari, campi, orti, officine di produzione, laboratori, banchi serviti, grocery […] Un percorso naturalmente attrezzato con adeguata cartellonistica, audio guide e accompagnatori didattici» (Comunicato del Comune; la presentazione ufficiale è qui, il rendering qui).

Location: il CAAB, ovvero i mercati generali agroalimentari, di proprietà pubblica al 90%, nella periferia settentrionale di Bologna. Un’enorme struttura oggi grandemente sottoutilizzata: il commercio di prossimità che vi si riforniva è stato spazzato via da Coop e grande distribuzione organizzata e quindi il CAAB, inaugurato nel 2000, è già obsoleto. Sulla miseria pianificatoria che ha condotto a questa situazione, voluta dallo stesso partito che governa oggi, neppure una parola. Stai muto, stay hungry, stay foolish – e qui entra in campo Oscar Farinetti.

L’imprenditore renziano Farinetti, sul cui «impero non tramonta mai il sale» (Venerdì di Repubblica, 27/9), è abituato a trovare porte spalancate dalle amministrazioni che condividono la sua stessa foolishness. Il primo Eataly apre a Torino in spazi concessi gratuitamente da Sergio Chiamparino (G.Polo, Affondata sul lavoro, Ediesse 2013), mentre a Bari ottiene dall’amministrazione PD «l’autorizzazione più veloce del mondo»; Farinetti ama, «da comunista», lavorare a Bologna ma si trova benissimo anche a Roma con Alemanno; infine gode “da morire” quando assume un giovane e sancisce il divieto d’ingresso nei suoi Eataly a Calderoli. Captatio benevolentiae? No, piena sintonia con quella sinistra che adora la teatralizzazione dello scontro politico per evitare di guastarsi l’appetito con il conflitto sociale, e ignora la distruzione ambientale globale operata dal capitalismo appendendoci davanti un pannello solare, come un quadro su una crepa del muro. Foss’anche solo per questa sintonia, l’amore tra la gauche caviar bolognese e Farinetti era destinato a scoppiare.

E poi, incidentalmente, amore è anche 55 milioni di patrimonio immobiliare pubblico, gli edifici del mercato ortofrutticolo, che il Comune mette a disposizione del FICO senza contropartita economica (CAAB parteciperà agli utili dell’Operating Company costituita ad hoc, che però raccoglierà «solo quanto necessario a compensare i costi di funzionamento», dunque che utili possono esserci? Ma il tutto è scritto nel più impermeabile gergo aziendalista, dunque chi ha interpretazioni diverse ne renda partecipi tutti nei commenti, grazie). In ogni caso l’approvazione del Comune è motivata dall’attrattività turistica, dai 10 milioni di visitatori all’anno attesi dalla Disneyland del cibo, non certo da ritorni economici diretti: per quelli si preferisce tassare pesantemente i piccolissimi.

Questi 10 milioni di turisti sono una straordinaria creazione dal nulla: li cita come un dato di fatto il comunicato ufficiale del Comune prendendoli pari pari dalla delibera di CAAB del 3 giugno, che definisce il FICO «una sorta di grande parco giochi, con la stessa attrattività mondiale che ha Disneyworld, [che] potrà avere oltre dieci milioni di visitatori l’anno, diventando così il “monumento” più visitato in Italia». Dov’è l’analisi globale dei flussi turistici, dov’è lo studio puntuale sui parchi tematici? Boh. Bisogna fidarsi di un «business plan predisposto da Ernst & Young» che, al di fuori dal CdA del CAAB, nessuno ha visto. Neppure il consiglio comunale di Bologna che pure, supinamente, ratifica il progetto.

I milioni di turisti, come tutte le affermazioni prive di fondamento, diventano occasione di fantasiose esegesi. Per Farinetti sono quasi pochi: dice che sarebbe «una libidine» battere Eurodisney, che ne fa 12. Tiziana Primori (vicepresidente di Eataly e alta dirigente Coop) e Andrea Segrè (presidente di CAAB) affermano con maggiore sobrietà che il break-even è fissato a 5 milioni di ingressi, pari a quelli del Centronova – una semplice Ipercoop della prima cintura bolognese. Ma allora cos’è il FICO, un centro commerciale o un’ambiziosissima Disneyland mondiale?

Interrogata a proposito la Primori, con la sfrontatezza di chi dà voce a poteri non abituati al contraddittorio, risponde: «Né l’uno né l’altro, non lo sappiamo neanche noi»!

Eppure la questione è rilevante: è un ennesimo centro commerciale quello che sarà ospitato in strutture pubbliche? Capire cosa sia il FICO sarebbe interessante anche per tentare una valutazione sui saldi occupazionali, che per i centri commerciali sono tipicamente negativi (qualcuno calcola che per ogni posto creato nei mall se ne perdano 6 tra i piccoli operatori).
Bologna, 2013. Lo sciopero raccontato dal padrone.

Il primo investitore è naturalmente Coop, che punta sul FICO 20 dei 45 milioni necessari. Coop ha una rendita di posizione sull’alimentare da mantenere, un sacco di soldi (del prestito sociale) da investire e la grossa questione di immagine che vedremo dopo: la redditività del FICO conta poco, dal suo punto di vista.

Le banche. Emil Banca – legata alle coop – è pronta far credito agli ardimentosi che «volessero entrare nel progetto finanziario del grande parco pur non avendone le finanze» (sic, Carlino Bologna 25/11), ma da sola non basta: così sono ripetutamente evocate Unicredit, le assicurazioni Unipol e Intesa-San Paolo. cioè la banca di Expo 2015 che vede al vertice, nella sua nuova veste, il solito Chiamparino.
Torre Unipol

Intanto, mentre ancora Farinetti non rivela quanto voglia rischiare di suo (e di nuovo di Coop, che partecipa Eataly al 40%) nel suo parco tematico, salgono sul FICO Ascom e Confcommercio, che evidentemente non hanno letto l’intervista in cui l’incontenibile imprenditore immagina «turisti che atterrano al Marconi e poi già lì si trovano un bel trenino con l’indicazione Eataly World che li porta direttamente sul luogo. Fico, no?» Beneficio per i commercianti bolognesi che le due associazioni dovrebbero rappresentare? Un fico. Secco.

A chi poi pensa che il FICO abbia davvero a che vedere con l’agricoltura, la sostenibilità eccetera, segnalo le manifestazioni di interesse dei petrolieri di Sofaz (Azerbaijan) e del fondo immobiliare The Link di Hong Kong.

Tra gli entusiasti della prima ora ci sono naturalmente quelli che gongolano alla pretesa di Farinetti di infrastrutture e «navette fiche» (sic). «Sarebbe bello» se il FICO segnasse la fine della «stagione di paralisi delle infrastrutture da cui Bologna non è uscita», dichiara il Vicepresidente di Confindustria Gaetano Maccaferri, talmente hungry di cemento da dimenticare TAV e Variante di Valico.

Il FICO, prevede Nomisma, «potrebbe dare quello che manca [a un] comparto ancora considerato popolare, aumentando[ne] l’indice di attrattività» (Carlino Bo, 16/10). Che tradotto significa: aumento dei valori immobiliari, gentrificazione e nuove costruzioni. Still hungry.

Naturalmente per CAAB il FICO è a «costi di territorio/cementificazione pari a zero, sostenibilità pari al 100%»; il Comune conferma. E il sindaco renziano Merola, eseguendo quanto deciso da Segrè e Farinetti, chiede e ottiene (dal ministro Zanonato) la promessa di «una mano» governativa per il FICO (Carlino Bo 25/11). Che poi questa mano allunghi soldi o benefit e crediti dalla Cassa Depositi e Prestiti poco cambia: sono risorse pubbliche seppellite sotto il FICO.

L’adesione più recente al progetto FICO è quella di Granarolo – la cooperativa del latte obiettivo delle coraggiose proteste dei lavoratori migranti sottoposti a supersfruttamento e riduzioni salariali in seguito ai processi di esternalizzazione e precarizzazione della logistica. Ed è questa adesione, con tutto il suo carico di spudoratezza (Granarolo userà per il FICO i soldi risparmiati sui facchini?), che mi consente di lasciare la parte descrittiva per elencare, in tre rapidi punti, gli obiettivi sistemici della Disneyland del cibo.

Primo obiettivo: affermare che qualsiasi lavoro va bene e che, come dice Matteo Renzi, è di sinistra creare lavoro, non parlarne. Dunque i faraoni erano di sinistra, creando lavoro per il Parco Tematico Le Piramidi: da tenere presente.
Il legame insistito e ripetuto con EXPO 2015 (FICO aprirà appena chiude EXPO) si porta dietro, a mio parere, anche i contratti resi possibili dal governo per la manifestazione milanese: 80% di assunzioni a tempo determinato, stage a 516 euro al mese (corrispondenti a un impegno orario scrupolosamente occultato in tutti i documenti ufficiali), apprendistato per l’incredibile profilo di “operatore di grandi eventi” e così via. Letta, di questi contratti, si è precipitato a dire che possono diventare «un modello nazionale». Perché non iniziare dal FICO?

In ogni caso, contratti EXPO o meno, sono convinto che il saldo occupazionale del FICO a pieno regime sarà comunque negativo, con una distruzione di posti di lavoro nella ristorazione, l’agricoltura vera, la didattica sul territorio, l’ospitalità diffusa… Piccoli e piccolissimi operatori, quindi: quelli di cui ai nostri decisori non frega proprio un fico secco.

Secondo obiettivo: alla Coop e in generale alla GDO sta sfuggendo di mano la questione della qualità del cibo, del biologico e una certa renaissance contadina che, pur con fatica, è in atto. Particolarmente a Bologna, dove gran parte dei mercati contadini sono gestiti da Campi Aperti, associazione che si batte contro le normative punitive per i piccoli produttori, vende nei Centri Sociali e fa dell’agricoltura biologica, a filiera corta e a prevalenza di manodopera sui macchinari, una pratica politica radicale. Per contro: il carisma Farinettiano, la seduzione banalizzante della “tipicità” incarnata da Slow Food e la potenza di fuoco economico del FICO sono gli strumenti con cui Coop punta a riconquistare l’egemonia sulla produzione di senso attraverso il cibo. Come poi questo venga coltivato e venduto – e da chi e dove – è questione che importa ben poco: stay muto e mangia.

Terzo obiettivo: Matteo Renzi, nel suo scarno programma, scrive che «nel mondo c’è […] voglia di visitare l’Italia, voglia di mangiare italiano, voglia di vestire italiano. Ci sono imprenditori bravissimi che sono riusciti a portare l’Italia nel mondo e far crescere il desiderio di Italia. Noi dobbiamo solo aiutarli». L’idea di Renzi, probabilmente condivisa dalla sua sponsor Merkel, è quella di un’Italia proiettata quasi esclusivamente su ricettività turistica ed export alimentare, e quindi interamente dipendente dai flussi di denaro dei paesi più forti. Con tutta evidenza Eataly e il FICO sono il programma economico di Renzi, e questo sarà realizzato da lavoratori hungry per le paghe misere e foolish a comando come animatori dei parchi tematici.

Ma voglio, in conclusione, darvi una buona notizia che viene da CAAB: le mense delle basi militari NATO in Sud Europa saranno rifornite dalla piattaforma logistica bolognese, grazie all’appalto vinto da un’azienda il cui presidente è addirittura membro del CdA CAAB. Insomma, anche se non dovesse decollare il FICO, decolleranno piloti nutriti con i prodotti, eccellenti per definizione, dell’agroalimentare italiano. E le loro bombe saranno morbidi cachi e deliziosi fiori di zucca.