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Mali / I perché della guerra di Hollande

L’avanzata islamista con le armi ereditate da Gheddafi, la paura della Sharia. E gli interessi geopolitici che hanno spinto la Francia a intervenire a supporto dell’esercito regolare di Bamako.

14 Gennaio 2013 - 14:31

Combattenti tuareg nel Mali del nord (Luglio 2012/VOA/Wikimedia)
In Mali la Francia bombarda e scatena le proprie truppe speciali. Un ritorno alla Francafrique e al colonialismo vecchio stampo? Sì e no.

Iniziamo dal no. I Maliani hanno poco a che fare con gli integralisti che da mesi stanno avanzando verso il sud, imponendo velo integrale e sharia (compreso il taglio delle mani ai ladri). Da sempre nel nord del paese le tribù tuareg si sono scontrate con le truppe di Bamako. Più volte è stato raggiunto un compromesso con i leader delle rivolte integrati nell’esercito regolare. Cosa chiedono i tuareg? Indipendenza più che altro, cioè fine dei controlli sui loro traffici legali e soprattutto illegali (droga, armi, migranti). Per decenni le richieste sono rimaste confinate in un quadro più o meno laico.

Negli ultimi anni le cose sono cambiate: al Qaeda si è espansa nel Maghreb, i soldi di Gheddafi hanno ridato fiato ai gruppi integralisti nel paese, finanziando la costruzione di moschee e di scuole. Come ultimo regalo, Gheddafi ha armato fino ai denti i suoi mercenari maliani, quasi tutti touareg ma non solo. Truppe che in parte hanno combattuto in Libia contro i ribelli, in parte si sono tenute a sud pronte a intervenire.

Alla caduta del dittatore questi centinaia di uomini sono tornati in Mali, com’è naturale che sia. E si sono ritrovati in condizione di scatenare una guerra contro le truppe di Bamako che, di fronte a soldati dotati di armi pesanti e ben addestrati, si sono date alla fuga al primo contatto: dopo le prime vittorie il fronte indipendentista tuareg è finito in mille pezzi, con gli integralisti che marginalizzavano i laici.

Ora l’intervento dei francesi, apprezzato da quasi tutti i maliani, tant’è che il sindaco di Gao (prima città liberata dopo qualche raid) ha ringraziato pubblicamente Hollande. Nonostante qualche incerto corteo anti interventista iniziale, oggi gli oppositori hanno smesso di protestare,  dopo tutto la paura di vedere arrivare i jihadisti a Bamako è tanta.

Non c’è solo altruismo nell’intervento francese. In Mali sono ingenti gli investimenti e gli affari di Parigi. Ex colonia, da sempre è rimasta sotto il controllo francese, che infatti conta migliaia di espatriati nella zona, tra operatori umanitari, tecnici e funzionari; da qualche anno però il Mali è diventato terreno di conquista della Cina, come dopo tutto sta avvendendo in larghe zone dell’Africa. E così gli americani, non contenti della loro gigantesca ambasciata fortificata, hanno deciso di incrementare la propria presenza militare. Un dispetto ai francesi ovviamente, prima che ai cinesi. L’intervento di Hollande avrebbe così un duplice obiettivo: riaffermare la potenza francese da un lato, e cacciare i jahidisti dall’altro. Difficile distinguere l’una e l’altra cosa: da sempre intervento umanitario e cannoni sono andati di pari passo.