L’avvocato dell’associazione lo ha inoltrato oggi all’antiterrorismo nazionale e alle procure bolognese e reggina: la banda responsabile di 24 morti tra il 1987 e il 1994 avrebbe agito nell’ambito della strategia della tensione, con complicità dentro l’Arma dei Carabinieri.
Alessandro Gamberini, avvocato dei familiari delle vittime della Uno bianca, ha inoltrato oggi un esposto alla Procura nazionale antiterrorismo e alle procure di Bologna e Reggio Calabria, sui legami tra la banda composta da sei poliziotti protagonista tra il 1987 e il 1994 le cui azioni causarono 24 morti e 102 feriti gravi, ed “entità che si legano alla strategia della tensione nel nostro paese. Su questo legame non si è mai indagato. Ci sono delle responsabilità annidate nei Carabinieri, in questa vicenda”, ha spiegato ieri in una conferenza stampa. Diversi gli aspetti su cui si concentra l’esposto: dai depistaggi (58 persone innocenti finite a processo), la violenza spesso senza evidente fine di lucro, la dichiarazione spontanea di Roberto Savi datata 2022 sulla sua partecipazione ad alcuni attentati di estrema destra a Rimini, con piccoli ordigni, agli inizi degli anni ’70. Insomma: la banda, si denuncia nell’esposto, era una “organizzazione con finalità eversive e complici tra pezzi di Arma dei Carabinieri deviati, nell’ambito della strategia della tensione”.
L’iniziativa non ha visto concordi tutte i familiari riuniti dell’associazione. Per alcuni, come è emerso nel corso della conferenza stampa, si è trattato di una forzatura, “noi siamo le vittime, i magistrati sono altri”. Segnalano inoltre di avere avuto accesso ai contenuti solo tardivamente, e in forma di riassunto.