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Just Eat, riders in corteo: “Vale più una pizza di una vita”

Manifestanti ricevuti in Prefettura, strappato l’impegno a convocare un tavolo entro una settimana. La multinazionale però già chiude alla richiesta di contratti di lavoro subordinato, la risposta dei ciclofattorini: “Vuole solo arricchirsi eliminando ogni tutela per chi lavora”

23 Ottobre 2019 - 19:20

“Da diversi giorni siamo in sciopero permanente, da quando abbiamo saputo che a partire dal 23/10 non avremmo più avuto un contratto di lavoro. La piattaforma Just Eat sta ritirando l’appalto con Foodpony s.r.l. e quindi, con noi, in tutta Italia diverse centinaia di riders stanno per perdere il lavoro. Abbiamo deciso di scendere in piazza contro tutto questo”. Così sulla pagina Facebook ‘Riders di Just Eat – Bologna‘ veniva annunciato il corteo partito nel pomeriggio di oggi da piazza Verdi e che, dopo essere transitato sotto le Due Torri, ha raggiunto piazza Roosevelt. Qui una delegazione è stata ricevuta in Prefettura: “Quest’ultima – spiegano i ciclofattorini – si è impegnata entro una settimana a portare Just Eat al tavolo con i lavoratori. Ora pretendiamo che Just Eat si sieda di fronte a noi, ascolti la nostra voce e ci dia i diritti che ci spettano. Nei prossimi giorni proseguiremo la lotta finchè Just Eat non darà pubblicamente la conferma della sua partecipazione. Fino ad allora non ci fermeremo!”. Alla manifestazione, conclusasi poco fa in piazza del Nettuno, ha preso parte anche Social Log.

Sono a loro modo interessanti, intanto, le dichiarazioni che Just Eat ha dovuto rilasciare vista – evidentemente – la risonanza ottenuta a livello nazionale dalla mobilitazione dei riders. Per quanto riguarda la situazione bolognese, la piattaforma dice di aver “comunicato ai collaboratori di Deliveriamo srl (Food Pony) che dovessero vedere non rinnovata la loro collaborazione, che possono anch’essi applicarsi per consegnare con Just Eat, se in linea con la documentazione prevista dalla legge. Al momento (ieri, ndr) quasi 30 rider, che collaboravano con il partner, si sono registrati al nostro network e sono pronti a consegnare in modo diretto con noi. Altri invece non hanno potuto ricevere una risposta positiva in quanto non in possesso dei permessi di soggiorno adeguati a un lavoratore autonomo In Italia, come previsto dalla normativa vigente”. Per quanto riguarda gli aspetti contrattuali, “confermiamo che i rider che consegnano con Just Eat sono lavoratori autonomi. Siamo convinti, come abbiamo già sostenuto anche con Assodelivery, che questo modello sia migliorativo per tutti gli attori coinvolti, rider compresi, e che possa ulteriormente migliorare anche tramite una concertata revisione di alcuni aspetti normativi che permettano alle aziende di introdurre possibili ulteriori tutele”, continua Just Eat, affermando poi che “è importante che tali tutele aggiuntive lascino la flessibilità che i rider stessi richiedono, senza cioè riclassificare il rapporto come subordinato, il che bloccherebbe i rider e il settore in uno schema non adatto a questa tipologia di mercato”. Un passaggio anche sulla Carta di Bologna: “Siamo ancora convinti che abbia alla base intenti certamente positivi e virtuosi, ma siamo altrettanto convinti che il tema e i tavoli di confronto debbano necessariamente essere ricondotti a un livello nazionale, coinvolgendo tutto il territorio e non solo Bologna”. E per quanto riguarda il dibattito nazionale, la proposta di modifica del cosiddetto decreto riders “rischia di penalizzare tutta l’industria e soprattutto i compensi dei rider, rendendo questo lavoro anche meno attrattivo”, sostiene la multinazionale.

Pronta la reazione dei riders in lotta che, leggendo le dichiarazioni di Just Eat sulla stampa, così sintetizzano (dalla pagina Riders di Just Eat – Bologna) la posizione assunta dalla piattaforma: “No al tavolo, No al reintegro dei lavoratori stranieri e No al contratto”. E commentano i lavoratori: “Ci teniamo a specificare che, sul cottimo, vi è una profonda contraddizione: se Just Eat tiene così tanto agli interessi dei propri fattorini, come mai non somministrano un contratto Co.Co.Co. con pagamento a consegna (cioè il tipo di contratto che esisteva fino a pochi anni fa)? Così facendo, andrebbe incontro a quei riders ‘felici del cottimo’, regolarizzerebbe tutte le figure loro sottoposte e darebbe la garanzia agli studenti stranieri di rinnovare il permesso di soggiorno (e, per chi lo possiede per motivi di studio, di poterlo utilizzare nell’iscrizione a Just Eat). La piattaforma vuole eludere la legge e arricchirsi sempre di più, eliminando ogni forma di garanzia e tutela per chi lavora. Lo ripetiamo, ormai è un eufemismo: vergogna!”.