Attualità

Giordania / Venti di protesta

Manifestazioni per il carovita si trasformano nella critica alla monarchia. La lotta interna sul futuro del regno hashemita potrebbe lasciare spazio alle fazioni più radicali.

21 Novembre 2012 - 18:19

di Francesca La Bella da Nena News

Roma, 21 novembre 2012, Nena News – Da qualche giorno la Giordania è nuovamente investita dai venti della protesta. Mercoledì scorso, in risposta all’abolizione da parte del governo dei sussidi che permettevano di calmierare il prezzo dei carburanti, la popolazione giordana è tornata in piazza e le manifestazioni, molto partecipate, sono sfociate in episodi di violenza finora pressoché estranee alla realtà locale. Distributori dati alle fiamme, assedio del Ministero dell’Interno e assalti armati a stazioni di polizia: rappresentazioni di una rabbia che va ben al di là della protesta contro il carovita e il rincaro dei combustibili.

Per quanto moderate rispetto a quelle dei Paesi limitrofi, le proteste fanno parte della quotidianità del regno hashemita ormai da molti mesi. Se la crisi economica globale e la ricaduta sul turismo della difficile situazione nella vicina Siria (in Giordania si contano circa 230.000 profughi siriani) hanno pesantemente inciso sul bilancio economico del Paese, la mancanza di riforme istituzionali credibili e di lungo periodo ha veicolato un malcontento generalizzato a tutti i settori della società.

In questo contesto la forza politica della principale opposizione del Paese, il Fronte d’Azione Islamico (declinazione giordana del movimento dei Fratelli Musulmani), è cresciuta esponenzialmente e, parallelamente, si sono create le condizioni per lo sviluppo di nuove forme di opposizione al Governo e alla Monarchia. In questo senso il rinnovato protagonismo di gruppi islamici di matrice salafita e la rinascita di movimenti di lavoratori in tutti i comparti produttivi hanno parzialmente incrinato il normale confronto a due tra governo ed opposizione, rilanciando il ruolo della piazza.

Ad oggi la situazione è particolarmente tesa. Durante gli scontri della settimana scorsa un giovane è stato ucciso dalle forze di sicurezza e molti sono stati i feriti e gli arrestati. In questo contesto la contrapposizione sul futuro assetto del regno hashemita potrebbe inasprirsi, lasciando spazio alle opposizioni più radicali. Già nelle manifestazioni di questi giorni il cambiamento in atto si è reso evidente: agli slogan contro il primo ministro Abdullah Nsour si sono affiancati quelli contro il sovrano Abdallah II. Non si tratta, dunque, della critica ad un Governo che si può sostituire, ma della volontà di mutamento generale del sistema attraverso l’allontanamento del sovrano. In quest’ottica, per quanto il Fronte d’Azione Islamico abbia dichiarato che, per protesta contro l’attuale sistema di Governo, boicotterà le elezioni in programma per gennaio 2013, la condanna da parte degli stessi delle proteste più dure potrebbe alienare loro parte dei consensi fino ad ora conquistati.

Difficile, dunque, prevedere cosa potrà accadere nelle prossime settimane. Per quanto un collasso della monarchia hashemita sia da considerare, ad oggi, come poco probabile, alcuni fattori potrebbero incidere sulla stabilità del Paese. In primo luogo gli ingenti finanziamenti da parte delle monarchie del Golfo che hanno, in questi mesi, consentito a re Abdallah di mantenere il potere grazie a, seppur modesti, interventi nel campo del welfare, potrebbero interrompersi. Qualora i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) dovessero valutare che il flusso di denaro verso la Giordania non è da ritenersi funzionale al mantenimento della stabilità dell’area, il sovrano si troverebbe a far fronte ad una situazione economica critica con risorse limitate. In seconda battuta l’opposizione è stata fino ad ora guidata in via pressoché esclusiva dal Fronte d’Azione Islamico mantenendo un carattere sostanzialmente pacifico, lo spostamento di consensi verso frange più intransigenti potrebbe, però, cambiare radicalmente la situazione aprendo nuovi scenari di destabilizzazione.

Infine l’attacco a Gaza da parte israeliana è foriero di inquietudini anche per la monarchia hashemita. In territorio giordano si trovano infatti, circa 2 milioni di profughi palestinesi ed una nuova guerra ai confini potrebbe indebolire ulteriormente la già debilitata economia locale oltre ad accrescere le tensioni nel Paese.

Per quanto l’interazione tra forze nazionali ed internazionali potrebbe condizionare il destino della Giordania, un ruolo fondamentale nel processo di trasformazione dovrà essere ricoperto dalla popolazione che, in questi lunghi mesi, ha lavorato incessantemente per creare reti di opposizione al Governo ed alla Monarchia e gettare le basi del nuovo corso del Paese. Nena News