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Francia / La Torino-Lione non è più una priorità?

Per la rete Tgv scarseggiano i fondi e giovedì una commissione definirà quali opere siano prioritarie: secondo anticipazioni apparse sulla stampa francese, il collegamento verso il Piemonte potrebbe essere tra quelli che slittano oltre il 2030.

25 Giugno 2013 - 21:19

di Checchino Antonini da Popoff

Un corteo nella Maurienne è stato annunciato per sabato prossimo dagli attivisti No Tav francesi. La marcia si snoderà il 29 giugno dall’abitato di Modane, all’imbocco del tunnel del Frejus, alla zona di Villarodin-Le Bourget. «In Francia – si legge in un documento – sono state già scavate tre discenderie e gli abitanti hanno subito i primi disagi: fonti secche, case incrinate, rumore, detriti. Ltf prevede di cominciare i lavori per il tunnel nel 2014. E’ ora di dimostrare la nostra opposizione. Nella Maurienne come in Valle di Susa».

Spiegano i No Tav francesi che 57 km di tunnel sotto il Moncenisio possono asciugare le sorgenti, ne sanno qualcosa nel Mugello, ed esporre le persone ai rischi dell’amianto.

La Francia scopre di non aver più soldi per i grandi progetti e per linee ad alta velocità.

L’ennesima conferma giunge sui siti no tav da un quotidiano economico finanziario francese, «Les Echoes», che venerdì 21 giugno ha dedicato un editoriale, un articolo e un’intervista nel suo blog in rete. «Il sogno del “Tutto TGV” è sepolto» ammette l’occhiello dell’articolo. «Drogata dal debito, alimentata dall’ego degli amministratori locali e prigioniera dell’ideologia commerciale e tecnologica che ha fatto dell’Alta velocità il Sacro Graal, la Francia ha per molto tempo pensato che lo sviluppo del sistema ferroviario dovesse necessariamente passare attraverso la marcia a tappe forzate di forti investimenti a favore del Tgv», scrive David Barroux nel suo editoriale. «A trent’anni dall’inaugurazione della Parigi-Lione, il regno del “Tutto a gran velocità” finisce».

Verranno certamente portati a termine i quattro progetti in corso, ma quelli ancora sulla carta schizzano a dopo il 2030 perché lo Stato non ha soldi, Sncf ed Rff (Réseau Ferré de France) sono già fortemente indebitate. Il Comitato Mobilité 21, incaricato di cercare le priorità progettuali a cui dare la precedenza, con a capo il vicesindaco di Caen, Philippe Duron, riferirà all’Eliseo domani, giovedì 27 giugno.

Il governo in carica ha ereditato non meno di 70 progetti ferroviari, fluviali e viari da svilupparsi su 25 anni per investimenti attorno ai 245 miliardi di euro, ormai improponibili. L’Atif (Agence de financement des infrastructures de transport de France) ha fatto sapere che tutte le risorse disponibili sono già impegnate nei progetti in corso fino al 2022. E i periodici di settore – «L’Usine nouvelle» e «Mobilicités» – ipotizzano quindi che Mobilité 21 proporrà due possibili scenari: 9 miliardi di euro per 10 anni, ponendo la priorità ai nodi ferroviari di Lione e Marsiglia, la realizzazione di un tratto ad alta velocità tra Paris-Mantes-la-Jolie, auspicando una implementazione dell’alta velocità tra Parigi e la Normandia. Se si troverà un gettito annuale di 400 milioni di euro si aggiungerebbe allora anche il tratto Bordeaux-Tolosa. Ma quello che resta dovrà attendere almeno il 2030.

Mentre l’alta velocità ha fatto risparmiare alcune decine di minuti all’uomo d’affari che si recava in Bretagna, ciascun pendolare perdeva a sua volta ore della propria vita. Come in Italia, puntando tutto sull’alta velocità anche la Francia ha lasciato sullo sfondo l’intera rete ferroviaria locale alla quale decide ora di rimettere mano. Cambiano le priorità e, con un deficit di 1,5 miliardi, l’Sncf si troverà a ripensare all’alta velocità abbassandola da 300 a 200 km/h. Come anche la Germania ha già deciso di fare.

Sono alcuni degli spunti di analisi dei movimenti ad essere recepiti, in Francia, da un governo comunque moderato come quello di Hollande. Moderato ma capace di smarcarsi da quello di cui ha preso il posto. Una cosa che in Italia, in vent’anni di bipolarismo non è mai accaduta sulle scelte strategiche: su guerra, lavoro, pensioni, migrazioni, privatizzazioni e, appunto, sulle grandi opere, è pressoché impossibile distinguere le posizioni dei due poli che ormai governano insieme. Come in Grecia.

Ma anche in Italia la Torino-Lione sembra in stallo dopo lo storno di 524 milioni di euro per quel Tav e per il Terzo valico (770 milioni di euro) che il decreto Fare dirotta sul progetto “sblocca cantieri” e mentre si attendono i primi di luglio per sapere con qualche certezza quali saranno le disponibilità di finanziamento europeo (13 miliardi da suddividere tra una congerie di opere messe in cantiere dai 28 Stati interessati).