Secondo la commissione di Palazzo D’Accursio, l’agente segnalato da Zic non è colpevole di atteggiamenti razzisti. Ma perchè, allora, secondo la stessa commissione ha leso l’immagine del Comune?
Un paio di mesi fa Zeroincondotta segnalò pubblicamente il caso di un agente della Polizia municipale di Bologna che, su Facebook, amava pubblicare foto scattate durante il servizio accompagnandole con frasi del tipo “Oggi dobbiamo sgomberare giusto qualche zingarello”, per poi apprezzare commenti altrui anche più pesanti (“Dovrebbero esplodere in un solo colpo” oppure “Dovrebbero dovrebbero saltar loro fuori le budella”). Sul nostro giornale abbiamo parlato più volte di “vigile razzista” e lo stesso, più volte, ha fatto anche la stampa mainstream.
Di parere diverso, evidentemente, è stata la commissione disciplinare chiamata ad esprimersi sulla vicenda. Secondo i funzionari di Palazzo D’Accursio, quelli tenuti dall’agente non possono considerarsi comportamenti razzisti e pericolosi. Allo stesso tempo, però, la commissione ha sancito che il vigile ha leso l’immagine della Polizia
municipale e del Comune. Per questo nei suoi confronto è scattato un mese di sospensione dal servizio, con relativa decurtazione dello stipendio.
Dell’entita del provvedimento ci interessa poco. Ci piacerebbe di più, semmai, capire una cosa. Se pubblicare frasi contro gli “zingarelli” non è razzismo, da cosa deriva la lesione dell’immagine di Polizia e Comune? Se il razzismo non c’entra, cos’ha individuato la commissione che non va? Le frasi del vigile contenevano troppi errori grammaticali? Le foto erano troppo sfocate? Gli agenti sono passati per “poco furbi” visto che uno di loro si è fatto pizzicare su Facebook? Mistero… Evidentemente, qualcuno in Comune avrà pensato
che una sanzione andava comminata per non rimediare una pessima figura facendo finta di niente, ma che allo stesso tempo non si può ammettere, in nessun caso, che tra gli agenti di Palazzo D’Accursio possono manifestarsi esempi di razzismo.
Ci facciamo, poi, anche un’altra domanda. Una volta emerso pubblicamente il caso, con tanto di inchiesta interna e fascicolo aperto in Comune, nessuno si è chiesto dov’erano i suoi colleghi e soprattutto i suoi superiori mentre il ‘nostro’ vigile se la spassava su Facebook? Ma forse siamo noi a pensare male. Magari colleghi e superiori avevano notato le foto e i commenti. Poi, però, si saranno soffermati a sfogliare la margherita: “E’ razzismo… non è razzismo… è razzismo… non è razzismo…”.