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Denunciato da ex datore lavoro per post su Facebook: ma gip archivia querela

Nel messaggio sul social network venivano segnalati problemi nel regolare pagamento degli stipendi da parte di una pasticceria. I gestori hanno accusato l’ex dipendente di diffamazione, ma il gip ha disposto l’archiviazione accogliendo la richiesta avanzata dallo stesso pubblico ministero: “Il fatto non costituisce reato”.

28 Settembre 2020 - 12:36

Pubblicò su Facebook un post in cui segnalava che nella pasticceria dove aveva lavorato c’erano problemi con il regolare pagamento degli stipendi. Per questo, un lavoratore di 33 anni era stato querelato per diffamazione dai gestori dell’attività: il giudice per le indagini preliminari ha però archiviato la denuncia accogliendo la richiesta presentata dallo stesso pubblico ministero. “Il fatto non costituisce reato”, ha scritto il gip nel decreto di archiviazione.

La querela fu presentata nel maggio 2019 e della notizia si occupò anche la stampa mainstrem (Corriere di Bologna, edizione online del 30 maggio 2019: “Post Facebook contro l’ex datore di lavoro: querelato per diffamazione”): il lavoratore coinvolto nella vicenda si chiama Andrea Paci e il locale di cui si parla negli atti del pm e del gip è la pasticceria Pistone. Nel post “ritenuto diffamatorio” dai gestori dell’attività, ha scritto il pm nella richiesta di archiviazione, l’indagato descriveva la propria esperienza lavorativa presso la pasticceria “al fine di evidenziare come la relativa gestione, nei rapporti con i dipendenti, non fosse appropriata atteso il mancato e/o ritardato pagamento delle retribuzioni in danno di più lavoratori tra cui sè medesimo”. Le espressioni specificatamente contestate sono: “In quella pasticceria non pagano gli stipendi… il titolare di quella pasticceria che non paga i dipendenti e che ha messo in crisi decine di persone che avrebbero dovuto mantenersi con quei soldi”, viene spiegato nel documento del pm.

L’operato del lavoratore però “si colloca- ha scritto il pm- entro i limiti fissati per un corretto esercizio del diritto di critica. Dal tenore complessivo del post pubblicato, infatti, emerge anzitutto la continenza della forma espressiva che, pur raggiungendo toni aspri e severi, non è certo tale da sfociare in offese gratuite e umilianti. Quanto alla veridicità o quantomeno alla verosimiglianza delle affermazioni oggetto di contestazione, le stesse risultano corroborate dalle dichiarazioni spontanee rese dall’indagato in data 5/6/2019 ai militari in servizio presso la stazione Cc di Bologna Indipendenza e dalla documentazone ivi contestualmente consegnata, risultando così prima facie riscontrata la sussistenza di controversie lavorative in capo a diversi dipendenti che svolgono o che hanno svolto in passato attività lavorativa presso la suddetta pasticceria. Si ravvisa, altresì, un interesse socialmente rilevante alla diffusione del testo pubblicato su Facebook, atteso lo scopo dell’indagato di portare a conocenza della categoria dei lavoratori del settore il fenomeno negativo descritto, per evitare che altre pfersone potessero incorrere negli inconvenienti stigmatizzati e più in generale per arginare le prassi contestate. La pertinenza della notizia, invero, va parametrata all’aderenza della sua divulgazione alle necessità informative dei destinatari, avendo riguardo anche alla notorietà o meno dei soggetti coinvolti all’interno della comunità di riferimento. Soggetti che, nel caso de quo, gestiscono una delle pasticcerie di spicco della città bolognese, sita in pieno centro e per lo più sponsorizzata anche tramite emittenti radiofoniche locali, circostanze che manifestano con evidenza il potenziale interesse della comunità locale al ricevimento dell’informazione (a conferma, si considerì altresì il significativo numero di ricondivisioni – oltre 1.700 – del messaggio contestato su Facebook da parte di altri utenti dello stesso social network). Ne consegue, dunque, che il fatto non costituisce reato per la sussistenza di una causa di giustificazione tale da discriminare la condotta sussumibile sotto la fattispecie incriminatrice in esame”. Motivazioni accolte dal gip, che ha disposto l’archiviazione del lavoratore lo scorso novembre.