Culture

Che succede al rap? Parla Ted Bee: “Con la pandemia né aggregazione, né passaggio del testimone”

Perché una canzone su Genova vent’anni dopo il G8? “Per chi appartiene alla mia generazione, per me in particolare, è stato un evento cruciale per quanto riguarda la presa di coscienza sul mondo. Finisce quella leggerezza che caratterizzava soprattutto un certo pop punk di fine millennio e si passa ad atmosfere più cupe e tese”.

15 Gennaio 2022 - 16:14

L’ottava puntata dello speciale sulla situazione del rap in Italia: l’intervista a Ted Bee si aggiunge ai dialoghi con FastCut, Inoki, Kento, Principe, Aban, Picciotto e al documento del Collettivo Kasciavìt e del Csa Baraonda di Milano sulla Piattaforma Pablo Hasél Libero.

Partirei dal pezzo con Kento uscito quest’estate: da cosa nasce la necessità di fare una canzone su Genova vent’anni dopo il G8? Per altro è molto interessante la dicotomia che poni tra strategia della tensione e teoria del complotto, nonchè la similitudine tra lo shock post G8, il come ci chiudemmo “in un guscio senza bisogno della pandemia”, e il Covid.

Non so se è per una sorta di deviazione professionale dovuta al fatto che ho studiato storia, ma sono abbastanza ossessionato dalle ricorrenze e mi sembrava che quella di Genova fosse particolarmente importante. Per chi appartiene alla mia generazione, per me in particolare, è stato un evento cruciale per ciò che riguarda la presa di coscienza sul mondo. Il 2001 tra G8 e 11 settembre è stato un anno fondamentale. Non saprei dirti se in quell’anno è cambiato il mondo, ma di certo per molti è cambiata la percezione e il senso dello stare al mondo. Secondo me, sempre per la stessa deviazione professionale, con il 2001 finiscono gli anni ’90. Lo si capisce anche dalla musica. Finisce quella leggerezza che caratterizzava soprattutto un certo pop punk di fine millennio e si passa ad atmosfere più cupe e tese. Mi fa piacere che hai notato quel passaggio. Ultimamente mi è capitato di pensare che viviamo in un momento in cui ogni versione alternativa alla narrazione ufficiale viene derubricata a “teoria del complotto”. A ben vedere però anche le controinchieste riguardo alla strage di piazza Fontana o appunto la strategia della tensione erano, tecnicamente, delle teorie del complotto che semplicemente sono state accreditate dal tempo come vere. Chiaramente con questo non voglio dire che certi deliri no vax meritino approfondimento, ma che non c’è niente di più oscurantista e conservatore che l’accettazione ossequiosa del racconto massmediatico. Io sono cresciuto in un contesto in cui la scuola stessa mi ha educato a coltivare il dubbio e a pensare con la mia testa. Lo stesso vale per l’altro verso che citi. Io credo che da almeno due decenni sia in atto un processo di frammentazione della società e isolamento degli individui che la pandemia ha soltanto accelerato. Samuele Bersani in una canzone diceva: “Da quella data di settembre è aumentato il senso corrisposto del sospetto”. Probabilmente è così. Dalla caduta delle Torri gemelle in poi siamo abituati a vivere sotto lo spettro della paura, non c’è giorno che passi senza che, per un motivo o per l’altro, sentiamo riecheggiare nell’aria la parola “crisi”. E per effetto quello a cui ho assistito negli ultimi vent’anni è stata la graduale scomparsa, spesso la repressione, di movimenti che aggregavano le persone, che le facevano stare insieme, dagli stadi ai centri sociali.

Il tuo primo pezzo che ho ascoltato è stato “Il paese dei misteri”, un brano che avrebbe meritato sicuramente più attenzione per la capacità di mettere in fila 30 anni di storia italiana, già dal ritornello però si intravedeva una vena nichilista esplosa nell’album “La fine del mondo”, in cui la presenza di influenze stirneriane è lampante e dichiarata, qual è stato il percorso che ti ha portato a vederla così? Cosa pensi di Stirner?

Io sono da sempre abbastanza pessimista di mio, ma credo che questo afferisca più alla mia dimensione psicologica che alla formazione culturale. Quanto all’elemento nichilista, io sono affascinato dal discorso religioso, ma sono fondamentalmente ateo. Come dico in un altro brano penso che siamo polvere e torneremo polvere. Non credo che esistano dei valori morali pre-costituiti, ma ognuno sia il generatore dei propri. Di Stirner in quell’album rileggo proprio in chiave rap l’opera “L’unico e le sue proprietà”, il suo libro più importante, per altro in un brano in cui faccio una sorta di mash-up con “L’uomo in rivolta” di Camus. Esperimento azzardatissimo! Se pensi che proprio quel testo di Stirner è stato una delle bibbie dell’anarchismo e contemporaneamente, per ammissione dello stesso Hitler, una delle fonti d’ispirazione del Mein Kampf, capisci come non abbia alcun senso chiudere in un contenitore politico certi monumenti del pensiero umano (il riferimento è a Stirner, ndr) . Un po’ come Nietzsche, che negli anni ’70 era il filosofo dell’estrema destra e negli ultimi anni viene riscoperto a sinistra.

In “Fanculo alla maggioranza” e in altri testi ti capita spesso di parlare del debito pubblico e di come sia proprio il debito lo strumento neoliberista di controllo per eccellenza, cosa ti spinge a parlarne?

No, guarda in realtà con quella rima volevo semplicemente mostrare l’ipocrisia di certi boomer, come li chiamano oggi, che fanno la morale ai giovani, definendoli choosy, la snowflake generation, bamboccioni, quando in realtà si sono trovati a fare i conti con un futuro molto meno roseo di quello dei propri genitori. Certo, il neoliberismo non rappresenta il mio modello economico di riferimento, ma non volevo spingermi a un livello così dettagliato di critica.

E’ uscito da poco un mixtape che racchiude più pezzi sulla vicenda Pablo Hasel, cosa ti ha spinto a arteciparvi? Cosa pensi di quanto è successo in Spagna e qual è secondo te lo stato della libertà di espressione in Italia al momento?

La trovo una vicenda scandalosa e quando mi hanno proposto di aderire al progetto ho accettato senza nemmeno pensarci. Stiamo parlando di un ragazzo arrestato per che cosa? Per avere oltraggiato la monarchia, ovvero una delle istituzioni più anacronistiche che riesco a concepire. Non si possono avere dubbi su da che parte stare. Quanto allo stato della libertà di espressione in Italia è un discorso complicato. È chiaro che formalmente è garantita, ma pur trovando profondamente noiosa la retorica della “dittatura del politicamente corretto”, è chiaro che al giorno d’oggi si tenda a polarizzarci sempre di più tra benpensanti e cattivi maestri. Più che un riflettere è un aderire a questa o a quella squadra. Il rischio è che c’è chi può sposare la causa dei primi per mero interesse e chi per paura di essere assimilato ai secondi rifiuta di esprimersi. A meno di non avere un certo status intellettuale è davvero difficile dire la propria senza correre il rischio di essere frainteso. Ad esempio io sono sensibile ai temi dell’inclusione, ma non mi piace l’uso ossessivo che si fa dello schwa perché lo trovo uno strumento sostanzialmente inutile rispetto agli obiettivi che si prefigge e perché, per dirla con Cossiga, è una picconata alla grammatica italiana.

Nei tuoi testi sei sempre riuscito a descrivere molto nitidamente gli ambienti delle subculture, da quelle più strettamente Hip-Hop a quelle del movimento ultras, la pandemia ha probabilmente dato il colpo finale a molti di questi movimenti, pensi che una società che tende all’omologazione come la nostra possa riuscire ancora a creare sotto/contro culture come negli anni ’80 e ’90, quelle che per intenderci hanno anche portato alla nascita di tantissimi centri sociali?

Purtroppo credo di no. Fondamentalmente per tre ragioni. La prima è quella della cultura omologante che dici tu. La seconda è che la pandemia disincentiva per ragioni ovvie l’aggregazione e queste sono tutte realtà che vivono dell’aggregazione se non proprio del contatto fisico. La terza è che in questi movimenti conta più di ogni altra cosa il “passaggio del testimone” e stare fermi due anni significa impedire il trasferimento di una certa mentalità da una generazione all’altra. Un aspetto triste dell’epoca contemporanea è che non esistono più le avanguardie, ma forse è proprio perché non ci sono più le condizioni affinché nascano. Spero di essere smentito dai fatti.

Progetti in cantiere?

Sto lavorando a un disco, con collaborazioni a cui tengo moltissimo, che spero esca nella prima metà del 2022.

 

> > > Video:

20 anni dopo (feat. Kento)

Ted Bundy – Il paese dei misteri

Fanculo alla maggioranza (prod. Uppeach)

L’Unico Senza Proprietà – Prod by Joker