Acabnews Bologna

Anche a Bologna la voce del popolo NoMuos

Ieri presidio in piazza Maggiore, in contemporanea con la manifestazione che si è svolta a Niscemi (provincia di Caltanissetta) contro l’installazione del radar Usa.

31 Marzo 2013 - 23:09

30 marzo: NOmuos anche a Bologna

Foto dal profilo Facebook di Hobo

Dopo il primo corteo nazionale NoMuos del 6 ottobre 2012 che contò più di 4.000 partecipanti, il popolo siciliano (e non solo) torna a far sentire la sua voce con la giornata nazionale NoMuos del 30 marzo, portando 10.000 manifestanti – tra famiglie, comitati, associazioni, centri sociali e semplici cittadini – presso l’entrata principale della base militare americana NTRF di Niscemi e per le vie di tutta la città, sotto il bel sole primaverile. Al Nord il bel tempo non è ancora arrivato ma, superando gli ostacoli metereologici, in molte città (tra cui Bologna, Torino, Milano, Cagliari, Roma, Genova) ci sono state diverse dimostrazioni di solidarietà. Non avendo sul territorio ambasciate americane da prendere di mira, a Bologna il presidio solidale doveva svolgersi in piazza Nettuno nel tentativo di sfruttare in qualche modo questi T-days, ma la pioggia ha costretto i manifestanti a spostarsi sotto i portici di Palazzo d’Accursio; anche se un po’ magro e poco visibile dalle strade, il presidio si è fatto sentire attirando molti ombrelli che passeggiavano per la piazza davanti al banchetto informativo. Verso le ore 18, quando il corteo siciliano ha raggiunto i cancelli della base americana, è stato fatto un piccolo report della giornata.

La manifestazione a Niscemi è stata pacifica ed eterogenea: ad aprire i bambini del posto con l’ormai famoso comitato delle Mamme NOmuos, in coda i partiti e le formazioni politiche. Nessun incidente e nessuna tensione, contrariamente a quanto volevano far pensare certi giornali che nella sera di ieri (due giorni fa, ndr) hanno gridato allo scoop quando la polizia ha trovato alcuni oggetti (assi, chiodi e pietre) atti a impedire il passaggio dei mezzi verso la base militare; sono state fermate tre persone per accertarne il coinvolgimento, ma si sa bene che impedire il passaggio verso la base ai mezzi militari e delle ditte di costruzione è stata pratica dei cittadini e delle cittadine niscemesi e di tutte le persone che in questi mesi hanno vissuto al presidio, senza divisioni tra attivisti buoni e infiltrati cattivi. Sempre nel tardo pomeriggio di ieri, il presidente della Regione Sicilia ha revocato per la terza volta dall’inizio dell’anno l’autorizzazione dei lavori, tre giorni dopo la distruzione dei blocchi davanti al presidio di contrada Ulmo per far arrivare dentro la base militare un convoglio composto da un tir portacontainers, una cisterna di gasolio e parecchi cellulari della polizia.

Che lo stop ai lavori confermato questa mattina (ieri, ndr) sia definitivo, o che abbia ragione la Cancellieri quando dice che il sito di Niscemi è di «interesse strategico per la difesa militare della Nazione e dei nostri alleati» e che quindi «non sono accettabili comportamenti che impediscano l’attuazione» di tali «esigenze», dall’isola arriva già da tempo un messaggio: finché ci saranno le antenne ci sarà la lotta, la base militare va smantellata completamente. Obiettivo di difficile raggiungimento per via istituzionale, dato che l’accordo bilaterale Italia-Usa che determina le modalità della dislocazione della basi Nato nella penisola (BIA, Bilateral Infrastructure Agreement, 1954) ha un’elevata classifica di segretezza, ovvero le sue clausole non possono essere rese pubbliche senza il consenso di entrambe le parti, e viene chiamato “accordo ombrello” proprio perché ha un ampio spettro di applicabilità; senza contare che il Dipartimento della Difesa Usa sta facendo un buon lavoro nel dislocare le sue basi in modo da poter coprire praticamente tutto il pianeta (le altre tre installazioni Muos si trovano in Virginia, nella Hawaii e in Australia): non si lasceranno togliere facilmente questa posizione strategica.

Al di là dei tam tam istituzionali – che nel migliore dei casi sono estremamente lenti, nel peggiore totalmente inutili – le lotte territoriali si fanno sempre più determinate e allargate, riescono a rompere il guscio di silenzio e demonizzazione che gli si crea intorno, soprattutto in questo periodo della nostra società così particolare; la nostra terra, le nostre risorse, i territori che attraversiamo e viviamo sono la prima cosa che abbiamo, e adesso forse sono l’unica che ci resta. Dalla Val Susa a Niscemi (e oltre), continueremo a lottare contro chi vomita cemento sui nostri alberi, contro chi opprime e bombarda i popoli usufruendo delle nostre terre, contro chi crede che l’olimpo del denaro e del progresso sia più importante del diritto umano di determinare la nostra vita e opporci a chi vuole distruggerla.

Bologna solidale NOmuos, 30 marzo 2013