Accusato di aver istigato alla violenza nelle giornate di contestazione del summit il sito di controinformazione a pubblicazione aperta, uno degli ultimi nodi attivi di un network nato dal movimento di Seattle. Perquisite abitazioni dei mediattivisti.
linksunten.indymedia.org ieri (sabato, ndr) è stato vietato e chiuso dal ministro dell’ interno Thomas de Maizière in Germania. La piattaforma online, che negli ultimi anni è stata visitata da più di due milioni e mezzo di utenti e che quasi ogni giorno era aperta e consultata da qualche migliaio di persone, al momento non esiste più. L’accusa è di istigare alla violenza e diffondere informazioni su materiali e pratiche altamente pericolose per la società e per il mantenimento dell’ordine pubblico.
Ma torniamo alle origini; linksunten.indymedia.org nasce da una piattaforma internazionale, Indymedia, che viene creata e costruita a partire dal 1999 dopo le ondate di proteste al WTO di Seattle. Presto diventa un trampolino virtuale per il lancio e il coordinamento di lotte e si diffonde in diverse versioni per Paesi e lingue. Un ruolo centrale lo ha avuto in Italia durante il G8 di Genova nel 2001: le iniziative di protesta venivano promosse e discusse nel forum italiano “Indymedia Italia”. Nel 2009 nasce la versione tedesca, che in poco tempo cresce e diventa un forte punto di riferimento per attivisti della scena autonoma e della sinistra extraparlamentare.
Lo “Spiegel”, la grande testata mediatica che ha diffuso per prima la notizia dell’ imminente censura, ha ricordato quanto Indymedia rappresentasse una notevole fonte di notizie e informazioni a un livello trasversale a disposizione di tutti, dal momento che per condividere un articolo o promuovere un corteo o un’ iniziativa bastava pubblicare in maniera anonima il contenuto che sarebbe apparso in poco tempo sulla home page.
Visitando una città tedesca era possibile seguire iniziative culturali (cortei, presidi, feste, mostre d’arte e cineforum) dal sito di Indymedia, digitando semplicemente l’area della località interessata. Una fonte inestimabile per unificare e coordinare una corrente di parole e azioni che ancora oggi in Germania rappresenta una “subcultura” d’eccellenza.
Quando ad Amburgo, a luglio di quest‘anno, volevamo sapere quali fossero le iniziative, o seguire le proteste al G20 e individuare i concentramenti e i puntelli verso cui dirigerci, ci è bastato entrare in uno degli Infopoint come al “Rote Flora” o al “Kolibrì”, per vedere proiettate su una parete dallo schermo di un computer le notizie e le chiamate in diretta dalla piattaforma Indymedia. Questo sito rappresentava la fonte più accurata di informazioni su tutto il programma di azioni e manifestazioni che in quei giorni hanno assediato la riunione dei venti capi di stato.
L‘efficacia di Indymedia è stata riconosciuta subito dalle forze di polizia che lo hanno etichettato come “cassa di risonanza del sottosuolo di sinistra”, ricorda “Zeit-Online”.
Dopo il G20 ad Amburgo la censura è stata uno dei primi percorsi di repressione messi n campo da parte della Polizia, che si muove a braccetto con la CDU, il partito dei conservatori cristiani, di cui fa parte il ministro dell’ interno che ha disposto la chiusura della pagina. E’ oltretutto evidente che si tratta di una mossa politica della CDU di Angela Merkel in vista delle elezioni del Bundestag fra 4 settimane per mostrare al grande elettorato che si stanno facendo passi avanti per punire gli attivisti di “estrema sinistra” colpevoli di avere messo a ferro e fuoco Amburgo nei primi giorni di luglio. Fra pochi mesi cominciano i processi per gli attivisti tedeschi scrive la “Frankfurter Allgemeine Zeitung” e la polizia minaccia già di sgomberare il “kultur-centrum” Rote Flora. Ieri (sabato, ndr) mattina sono state perquisite le abitazioni a Friburgo dei programmatori di Indymedia.