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Abitare nella crisi: “Le periferie una scommessa da cogliere”

Il calendario 2015 del movimento per il diritto all’abitare prende le mosse dalla giornata di mobilitazione nazionale del 31 gennaio e si incrocia con la lotta contro l’Expo.

02 Gennaio 2015 - 11:30

no expo milano zicLa ricchezza e l’importanza della recente assemblea di Abitare nella Crisi, risulta evidente dalle numerose realtà presenti il 21 Dicembre a Milano. Da tutta Italia diverse esperienze hanno portato il loro contributo specifico in continua relazione a quello nazionale, rispetto all’autunno appena passato e desiderose di andare avanti con energia e forza. La lotta sull’abitare infatti, rimane centrale in tutto il paese e assume forme e caratteristiche diverse nei territori in base alla loro storia e alle contraddizioni che si vivono sia nelle grandi metropoli che nelle città di provincia.

Le mobilitazioni importanti del 2013 hanno dato la forza e il coraggio necessario a tante realtà, piccole e meno piccole, di osare sul terreno della lotta per la casa, e non solo, e di costruire nelle proprie città spazi importanti di conflitto. Un aspetto positivo di questo autunno è stato sicuramente quello di aver avuto la capacità di andare oltre i confini della lotta per la casa e di estendere di fatto la battaglia a tutto quello che concerne l’abitare e il vivere nei territori. L’unione delle lotte che hanno attraversato le giornate autunnali rappresenta la capacità di un movimento come quello dell’abitare che sa e vuole comunicare e mescolarsi alle altre lotte. Ma non si tratta solo di sommatorie artificiali e alleanze di ceto politico, ma molto di più. Siamo consapevoli che separare gli ambiti di sfruttamento e di impoverimento serve alla nostra controparte per controllare un proletariato sempre più marginalizzato e frammentato; un soggetto che allo stesso tempo lo ritroviamo a lottare per la casa tanto quanto nei posti di lavoro e contro il saccheggio e la devastazione dei territori.

Tuttavia il nostro agire risulta ancora insufficiente ma è in corso un processo ricompositivo interessante che dobbiamo favorire grazie anche a nuove possibilità che si aprono all’orizzonte. Le periferie infatti sono parte della scommessa che dobbiamo saper cogliere; luoghi in cui si riproducono le contraddizioni esistenti arrivando, nel bene e nel male, a toccare momenti di conflitto importanti. I territori spesso e volentieri sono sconosciuti alle nostre soggettività politiche e dobbiamo avere la capacità, e in questo la lotta per la casa è dirimente, di costruire un intervento quotidiano e metodico dotandoci degli strumenti necessari, come gli sportelli all’interno delle occupazioni su cui abbiamo ragionato tanto nell’appuntamento dello scorso anno a Napoli.

In questi mesi ci siamo resi conto come impedire che il piano casa in tutte le sue declinazioni, come l’art.3 e l’art.5, venga applicato è già di per se una vittoria perché, come abbiamo visto nelle strade milanesi, questo processo crea giorno dopo giorno comunità resistenti nei territori. Le amministrazioni locali tanto quanto i governi nazionali, trovano di fronte a se delle rigidità importanti che rendono ingovernabili i territori consegnandoci dei risultati non indifferenti. Ma è necessario allo stesso tempo disporsi su più piani del conflitto, non basta “organizzare” la povertà ma anche strappare pezzo dopo pezzo quello che ci spetta. E’ indispensabile resistere agli attacchi ma anche pretendere che ciò di cui abbiamo bisogno ci venga restituito. Ecco perché pensiamo sia necessario iniziare il nuovo anno con un mese di mobilitazioni che mira a strappare ai municipi, agli uffici delle anagrafe, a chi ne è responsabile le residenze negate a chi vive in occupazione, togliendo di fatto una serie di diritti connessi alla residenze: la scuola, la sanità che si può legare alla crisi generale dei servizi e del welfare. Immaginiamo anche una importante giornata di mobilitazione nazionale, il 31 gennaio, in cui in maniera dislocata ci si muove dalle periferie contro il governo dei sacrifici e della gestione dell’emergenza, contro chi vorrebbe criminalizzare le forme autorganizzate di riappropriazione dei bisogni tanto quanto mettere all’asta il patrimonio residenziale pubblico.

Ci troviamo di fronte spesso ad una guerra tra poveri alimentata dall’alto che vorrebbe direzionare la rabbia verso i propri simili piuttosto che verso i governi che vorrebbero mostrare a nostro discapito un volto falso del paese al passo con l’Europa e questo lo dobbiamo impedire. I nostri nemici sono coloro che ci sfruttano, che ci impoveriscono, che devastano l’ambiente, che cementificano, che usano l’emergenza per fare profitti che utilizzano le risorse pubbliche per le grandi opere. A tal proposito l’assemblea di Abitare nella crisi ha discusso anche dell’Expo 2015 un evento contro il quale non può mancare il nostro contributo fattivo. Come movimento di lotta per l’Abitare vogliamo dire la nostra sulle risorse che andrebbero destinate a ben altro, e sul modello expo che viene venduto a milioni di italiani come opportunità. Studenti, precari, disoccupati verranno attratti da una vetrina nella quale si vendono lavoro gratuito e cibo alternativo da ogni parte del mondo come possibilità di avanzamento per l’intera collettività. Ma noi sappiamo benissimo cosa si nasconde dietro la vetrina mediatica e luccicante del nuovo scempio di Milano: sfruttamento di forza lavoro globale per quanto riguarda le merci esposte, sfruttamento di forza lavoro gratuita per chi lavorerà durante i sei mesi di expo, sfruttamento di suolo e cementificazione.

L’expo rappresenta un modello di sviluppo già fallito, un modo di fare profitto sotto forma di grandi eventi, non a caso dobbiamo guardare all’expo proprio come è avvenuto per le olimpiadi quelle già passate come Torino 2006 o Atene 2004 e come faranno a Roma per le olimpiadi del 2024. Opere che, sebbene vendute come occasione nel momento in cui vengono terminate e si concludono gli eventi ad esse legati, sportivi o culturali che siano, lasciano a chi abita i territori esclusivamente cadaveri di cemento dentro e intorno le metropoli e lauti profitti per i pochi vincitori di appalti.

Per questo parteciperemo convinti all’assemblea promossa per il 17 gennaio a Milano dalle realtà milanesi Noexpo. Così come intendiamo sostenere l’iniziativa della rete Genuino Clandestino del 24 gennaio. In questo modo il cammino verso e dentro le mobilitazioni Noexpo si allarga e si rafforza. Le prossime tappe di abitare nella crisi saranno più a sud, per consentire la partecipazione del meridione, a Febbraio a Napoli dove approfondire ancora di più i temi di cui abbiamo discusso, per condividere l’esperienza degli sportelli di lotta e il lavoro nelle periferie. A marzo si vuole dare vita a Milano, ad un vero e proprio convegno di abitare nella crisi sulle forme dell’autorganizzazione, sul linguaggio e sulle pratiche di riappropriazione, auto recupero e autocostruzione. Sempre più spesso le parole usate dal governo, dalle amministrazioni locali e dagli stessi signori del cemento, dei grandi eventi e delle grandi opere, prendono forme ammiccanti e intriganti: rigenerazione urbana, housing sociale, green economy, nascondendo sempre e comunque speculazioni e messa a profitto del suolo e dei territori. Per questo è necessario riappropriarsi di un immaginario che altrimenti viene rielaborato e gestito attraverso la farsa della partecipazione consultiva.

Abitare nella Crisi