Storia e memoria

Opinioni / Fermo, “chiamiamo le cose con il loro nome”

Riceviamo e pubblichiamo un commento sull’omicidio di Emmanuel Chidi Nnamdi: “E’ una battaglia culturale e politica e morale che si combatte tutti i giorni, davanti ai mille volti dei fascisti e dei loro alleati”.

13 Luglio 2016 - 12:58

Antifa (foto da flickr @charlie_harvey)“Non sottovalutiamo i messaggi di odio”, ha dichiarato Laura Boldrini, presidente della Camera. Bene, allora la invitiamo a riflette, sui tanti messaggi di “odio”, come li definisce lei.

Ci fa riflettere, sopra di ogni cosa, questo continuare a parlare d’altro, ed aggirare il cuore del problema. Allora non è più razzismo, bensì “odio”, e non è più CasaPound, ma solo “ultras”. Ci piacerebbe poter dire che siamo stupiti, eppure non lo siamo. Ma, per una volta, vorremmo chiamare le cose con il loro nome, il che, almeno, può aiutarci a visualizzarle meglio.

Si chiama Fascismo, il problema di questa Italia, e si chiama fascista Amedeo Mancini. Senza più, senza meno.

Il fascismo è esattamente questo: una cultura politica dove la violenza diventa centrale nel percorso di costruzione politica e identitaria dei militanti. E con essa la morte. Loro stessi ne parlano, lo scrivono su magliette, in canzoni, lo dichiarano in interviste. La morte è ciò che meglio simboleggia l’ideale fascista, questo stile di vita pervaso da spirito di sacrificio per la purezza della nazione, e dalla necessità di abbattersi violentemente contro l’altro, sia il migrante o l’antifascista, per alimentare la propria esistenza. Questo è il fascismo.

Purtroppo, l’episodio di Fermo è solo una conferma – come se ce ne fosse stato bisogno- di quello spirito fascista che alimenta non solo CasaPound e la sua retorica e pratica, ma che è anche così solidarizzato da tanti livelli istituzionali: non dimentichiamo che Matteo Renzi era sindaco di Firenze quando nel 2011 Casseri – militante di CasaPound – uccise due giovani senegalesi e ne ferì altri tre, che nessun indagine né ricorso penale seguì il tragico evento, sdoganato come “follia”. Non era follia allora, come non è solo odio oggi: si chiama Fascismo, e questo è ciò che porta con sé. Una cultura politica che è strettamente legata alla violenza che i militanti agiscono, una cultura politica che nell’Italia di oggi è rappresentata al meglio da un movimento diventato partito come CasaPound, che può permettersi di dichiararsi apertamente “fascista del terzo millennio”, nonché presentarsi alle elezioni con un programma copiato-incollato dal Manifesto di Verona di mussoliniana memoria: senza più giri di parole, la legge Scelba e la XII disposizione transitoria della Costituzione, non hanno alcun valore in questo paese.

La realtà che insegna la storia e che vediamo ripetersi, è una storia di connivenza, di giudici, politici e giornalisti che non chiamano le cose con il loro nome. Renzi parlò di follia, recentemente il giudice Bianchini del tribunale di Roma ha dichiarato CasaPound un gruppo che agisce in maniera “legittima”, senza esasperare l’uso della violenza in nome del poeta. E i giornalisti del belpaese, Repubblica in testa, son sempre pronti a pubblicare locandine pubblicitarie di CasaPound mentre i militanti distribuiscono “pane agli italiani”, oggi invece si riempiono di giri di parole per non lasciare traccia scritta di Mancini come militante di CasaPound. Eppure, indossare la maglietta degli Zeta Zero Alfa, gruppo del leader di CasaPound Gianluca Iannone, non è una scelta casuale. E’ al contrario una scelta politica precisa: quella di militare con i “fascisti del terzo millennio”.

Allora, facciamo almeno onore alla memoria di chi per mano fascista è caduto. e chiamiamo le cose con il loro nome. Si chiama Fascismo. CasaPound è un partito che professa il fascismo e lo rivendica, e in questo paese ciò non è un problema. Lo ha dichiarato il ministero degli Interni, ad aprile 2015: “CasaPound sostiene gli aspetti innovativi e di promozione sociale del ventennio”, questo è. E questo evidentemente, al ministero va bene.

Le nostre energie allora devono andare accanto ai tanti Emmanuel che ci sono in giro per le nostre strade.

Chiamando le cose con il loro nome, ridare valore ad un antifascismo che non può più permettersi di essere di facciata o settario. E’ una battaglia culturale e politica e morale che si combatte tutti i giorni, davanti ai mille volti dei fascisti e dei loro alleati. Ma anche accanto ai mille volti di chi del fascismo non vuole più neppure il ricordo.

Lettera firmata